Per la conferenza che terrò a San Giorgio del Sannio il 14 ottobre
Procediamo con i versi della tragedia di Euripide
D'altra parte lo straniero deve adeguarsi per forza alla città: 222
nemmeno approvo il cittadino che, divenuto arrogante,
è duro verso i concittadini per ignoranza - ajmaqiva~ u{po.
Questa faccenda inaspettata piombatami addosso
mi ha rovinato la vita; sono distrutta e, buttata via
la gioia di vivere, desidero morire, amiche.
Quello nel quale per me c'era tutto, lo so bene,
si è rivelato il peggiore degli uomini, il mio sposo- kavkisto~ ajndrw`n (…) ouJmo;~ povsi~. 229
Medea è giovane e sbaglia facendo dipendere la propria felicità dal volere di un’altra persona. Con l’età possiamo verificare la realtà di questo avvertimento di Epitteto (50-120) : “se tu miri a qualcosa che non sta in te, è necessario, è inevitabile fallire “ajtucei`n ajnavgkh” ( Manuale, 2)
Del resto “Ricorda che tu sei solo attore di un dramma- mevmnhso o{ti uJpokrithJ~ ei\ dravmato~, ma quale sia il testo lo sceglie il regista. Tu devi recitare bene la parte che ti è stata assegnata, la scelta è di un altro- so;n ga;r tou`t j e[sti , to; doqe;n uJpokrivnasqai provswpon kalw`~: ejklevxasqai d j aujto; a[llou” (Manuale, 17)
E per giunta: “la donna ama credere che l’amore possa tutto,-ed è questa la sua caratteristica superstizione ”[1].
Torniamo alle parole di Medea
Fra tutti gli esseri, quanti sono vivi e hanno raziocinio gnwvmhn e[cei 230-,
noi donne siamo la creatura più tribolata-ajqliwvtaton futovn :
noi che innanzitutto dobbiamo comprare un marito povsin privasqai
con gran dispendio di ricchezze, e prenderlo come padrone
del corpo- despovthn te swvmato~-, e questo è un male ancora più doloroso del male. 234
E in questo sta la gara massima- ajgw;n mevgisto~- , prenderlo cattivo
o buono. Infatti non danno buona fama le separazioni
alle donne, e non è possibile ripudiare lo sposo
Commentiamo alcune parole rilevanti nel mio pensiero e forse anche nel vostro. Gnwvmh è la ragione, l’intelligenza che a Medea non manca, anzi ne è dotata e in misura maggiore rispetto ai suoi antagonisti, però la gnwvmh può essere sormontata da uno qumov~ preponderante e questo succede nella tragedia della nipote del Sole, la quale se ne rende conto: ella individua nel proprio animo un conflitto tra la passione furente e i ragionamenti, quindi comprende che l'emotività, sebbene sia causa dei massimi mali, per gli uomini è più forte dei suoi propositi:" Kai; manqavnw me;n oi\\\a dra'n mevllw kakav,-qumo;" de; kreivsswn tw'n ejmw'n bouleumavtwn,-o{sper megivstwn ai[tio" kakw'n brotoi'""( vv. 1078-1080), capisco quale abominio sto per compiere, ma più forte dei miei ragionamenti è la passione, che è causa dei mali più grandi per i mortali", dirà la furente nel quinto episodio dopo avere preso la decisione folle di uccidere i figli .
Un'eco di questa situazione si trova nelle Metamorfosi di Ovidio dove Medea cerca di contrastare, senza successo, la passione per Giasone " et luctata diu, postquam ratione furorem/ vincere non poterat, "Frustra, Medea, repugnas." (VII, vv. 10-11), e dopo avere combattuto a lungo, dacché non poteva vincere la follia amorosa con la ragione, si disse "ti opponi invano, Medea".
povsin privasqai 233 : la necessità di comprare ogni cosa viene biasimata e respinta da Diceopoli il protagonista degli Acarnesi di Aristofane
Il contadino pacifista manifesta subito la predilezione della campagna e l'odio per la vita urbana (33) i cui valori supremi sono comprare e vendere.
“guardo verso i campi, bramoso di pace-eijrhvnh" ejrw`n-
stugw`n me;n a[stu, to;n ejmo;n dh`mon poqw`n, odiando il centro della città, soffrendo la mancanza del mio villaggio
o]" oujdepwvpot ei\pen : “a[nqraka" privw”
che mai disse: compra il carbone",
oujk o[xo", oujk e[laion, ouujd j h[/dei privw , né l'aceto, né l'olio, e nemmeno conosceva quel "compra”
ma il villaggio produceva tutto e il comprare che taglieggia non c'era"(32-36).
ajqliwvtaton futovn 231 ajgw;n mevgisto~ 235: a[qlio~ è la persona continuamente sottoposta all’a\qlo~ la contesa, la lotta, la prova anche dolorosa, come Odisseo il quale giunto a Itaca, neppure là era sfuggito alle prove eij~ jIqavkhvn, oujd j e[nqa pefugmevno~ h\en ajevqlwn- " (Odissea, I, 18) .
Ebbene, tra le prove la più grande, l’ ajgw;n mevgisto~, è quella del matrimonio. Antifonte sofista afferma che le nozze sono un grande agone in effetti: "mevga" ga;r ajgw;n gavmo" ajnqrwvpwn" [2].
Il matrimonio è una fatica si Sisifo sopportabile soltanto da chi non è capace di stare solo.
"Il problema del matrimonio è che finisce tutte le notti dopo che si è fatto l'amore, e bisogna tornare a ricostruirlo tutte le mattine prima della colazione" sostiene il dottor Urbino, "il marito" di un romanzo di Màrquez[3] .
Una volta per molti le nozze erano una condanna a vita: infatti non danno buona fama le separazioni alle donne (ouj ga;r eujkleei'~ ajpallagai;-gunaixivn), e non è possibile ripudiare lo sposo (vv. 236-237).
In Italia è andata così fino agli anni Sessanta del Novecento.
Per ora fermiamoci qui
Bologna 18 settembre 2022 ore 11, 43
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[1] Di là dal bene e dal male, Che cosa è aristocratico?, 269.
[2]Intorno alla Concordia fr. 49 Untersteiner.
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