lunedì 12 settembre 2022

Donne in Euripide

Euripide ha subìto la taccia calunniosa di antifemminista.

La commedia Tesmoforiazuse di Aristofane ha contribuito a diffonderla.
Nella lezione che terrò a San Giorgio del Sannio mostrerò che la diffamazione delle donne non è opera di Euripide ma, eventualmente, di alcuni personaggi femminili delle sue tragedie.
Sentiamo Anndromaca e la più giovane Ermione nella tragedia Andromaca La vedova di Ettore conclude il primo episodio  scagliando un anatema contro tutte le donne immorali, o contro tutte le donne esclusa se stessa, se vogliamo dare credito all’immeritata nomea di antifemminismo del suo creatore:
"E' terribile che uno degli dèi abbia concesso rimedi
ai mortali anche contro i morsi dei serpenti velenosi,
mentre per ciò che va oltre la vipera e il fuoco,
per la donna, nessuno ha trovato ancora dei rimedi
se è cattiva: così grande male siamo noi per gli uomini"(269-273).
 
Un antifemminismo ribadito Andromaca nel secondo episodio:
"non bisogna preparare grandi mali per piccole cose
né, se noi donne siamo un male pernicioso,
gli uomini devono assimilarsi alla nostra natura"(352-354).
Del resto Andromaca nelle Troiane accusa di barbarie i Greci che ammazzano i bambini eppure presumono di essere gli unici non barbari tra gli uomini
 
Nella stessa tragedia, più avanti Ermione, parlando con Oreste, deplora la rovina subìta dalle visite delle cattive comari:" kakw'n gunaikw'n ei[sodoi m ' ajjpwvlesan" ( v. 930). La sposa che permette a tale genìa di guastare la sua intesa coniugale, viene come trascinata da un vento di demenza.
Sentiamo la figlia di Menelao pentita di essersi lasciata montare la testa da queste Sirene maligne che hanno provocato la rovina del suo matrimonio con Neottolemo:" Ed io ascoltando queste parole di Sirene[1],/ scaltre, maligne, variopinte, chiacchierone,/ fui trascinata da un vento di follia. Che bisogno c'era infatti che io/controllassi il mio sposo, io che avevo quanto mi occorreva?/grande era la mia prosperità, ero padrona della casa,/e avrei generato figli legittimi,/quella[2] invece dei mezzi schiavi e bastardi[3] servi dei miei./ Mai, mai, infatti non lo dirò una sola volta,/ bisogna che quelli che hanno senno, e hanno una moglie,/ lascino andare e venire dalla moglie che è in casa/ le donne: queste infatti sono maestre di mali:/ una per guadagnare qualcosa contribuisce a corrompere il letto,/ un'altra, siccome ha commesso una colpa vuole che diventi malata con lei,/ molte poi per dissolutezza; quindi sono malate/ le case degli uomini. Considerando questo, custodite bene/ con serrature e sbarre le porte delle case;/ infatti nulla di sano producono le visite/ dall'esterno delle donne ma molte brutture e anche dei mali (vv. 936-953).
 
Credo che anche oggi le peggiori diffamatrici delle donne siano certe femministe che mettono un genere intero dalla parte delle persone brave e buone, e l’altro, quello dei maschi nella categoria dei mostri tutti stupratori almeno potenziali.
 
Euripide nella vasta gamma delle sue tragedie presenta donne e uomini di vario tipo.
Uomini miserabili come Giasone (Medea) , stupidi come Admeto (Alcesti), pazzi come Ippolito (Ippolito) , scemi e morbosi come Penteo (Baccanti), irrisoluti come Agamennone (Ifigenia in Aulide) e altri, pochi altri invero, valorosi e generosi come Teseo che è il paradigma mitico di Pericle nelle Supplici, o Pilade il prototipo dell’ottimo amico nell’Ifigenia in Tauride, o Achille un giovane coraggioso e generoso opposto a Odisseo,l’intrigante demagogo spietato nell’Ifigenia in Aulide.
Anche le donne variano: Alcesti  rappresenta l’abnegazione della sposa che però  chiede un contraccambio (Alcesti); Macaria (Eraclidi) e Ifigenia l’abnegazione assoluta e l’eroismo della ragazza (Ifigenia in Aulide), Polissena nell’Ecuba è la giovane nobile che sceglie di morire piuttosto che sopravvivere nella volgarità.
Mi fermo qui perché svilupperò questo tema con altri esempi, varie citazioni e commenti più avanti.
Mi fermo anche perché il sole si è tragicamente abbassato, le ombre si allungano sulla spiaggia dove voglio fare una corsa per meritarmi la cena a casa di un amico che cucina assai bene e non posso né voglio sdegnare il  cibo che generosamente mi offrirà. Se non avrò abbastanza fame per mangiarlo tutto, me lo farò impacchettare e mi nutrirò volentieri con esso nei prossimi giorni.
 
Concludo con l’affermazione che maschilismo e femminismo sono categorie che vanno pensate con spirito critico, non ripetendo luoghi comuni, seguendo quanto viene detto dai maschilisti e femministi cretini, impotenti e dalle femministe e maschiliste deluse, frustrate.
 
Pesaro 12 settembre 2022 ore 17, 56
giovanni ghiselli

p. s
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[1] Sono mostri che adescano i naviganti con la malìa del loro canto  per poi ucciderli.  Per attirare Odisseo gli dicono che chi fa sosta da loro riparte pieno di gioia e conoscendo più cose ("kai; pleivona eijdwv"", Odissea, XII, 188). Ma il figlio di Laerte, unico tra gli uomini, riesce a udire il canto delle Sirene senza esserne sedotto. Come nel caso di Circe, come in quello dell'accesso all'Ade, egli sa che cosa deve fare, e di fronte alle Sirene escogita uno stratagemma: tappa gli orecchi dei suoi marinai e si fa legare all'albero della nave.
[2] Andromaca.
[3] Si può pensare all'elogio dei bastardi pronunciato da Edmondo, il figlio illegittimo (di Gloster) che  nel Re Lear  si presenta come devoto adoratore della dea natura."Thou, Nature, art my goddess". Bastardo dunque, secondo la natura,  è un titolo onorifico:" noi nel gagliardo furto di natura prendiamo una tempra più solida maggior fierezza di carattere rispetto ai gonzi generati tra il sonno e la veglia in un letto freddo, frollo e fiacco (I, 2). 

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