Isocrate, il principe della retorica nell'Atene del IV secolo, l'educatore dei prìncipi, afferma che nelle altre facoltà noi umani non ci differenziamo per niente dagli animali, anzi ci troviamo ad essere inferiori a molti per la velocità, e la forza e per altre risorse. Quindi arriva alla celebrazione quasi religiosa della parola, senza la quale non ci sarebbe umanità né civiltà: " ejggenomevnou dj hJmi'n tou' peivqein ajllhvlou~ kai; dhlou'n pro;~ hJma'~ aujtou;~ peri; w|n a]n boulhqw'men, ouj movnon tou' qhriwdw'~ zh'n ajphllavghmen, ajlla; kai; sunelqovnte~ povlei~ w/jkivsamen kai; novmou~ ejqevmeqa kai; tevcna~ eu{romen, kai; scedo;n a{panta ta; di j hJmw'n memhcanhmevna lovgo" hJmi'n ejstin oJ sugkataskeuavsa" "( Nicocle[1], 6), ma siccome è connaturata in noi la capacità di persuaderci a vicenda e di rendere chiaro a noi stessi quello che vogliamo, non solo ci siamo allontanati dalla vita selvaggia, ma ci siamo riuniti, abbiamo fondato città, dato leggi e inventato arti, e quasi tutto quanto è stato costruito da noi è stata la parola a organizzarlo.
La parola dunque è creatrice e civilizzatrice.
Il prologo del Vangelo di Giovanni estende questa considerazione a termini cosmici " jEn ajrch'/ h\n oJ lovgo", kai; oJ lovgo~ h\n pro;" to;n qeovn, kai; qeo;" h\n oJ lovgo". ou|to" h\n ejn ajrch'/ pro;" to;n qeovn. pavnta di' aujtou' ejgevneto, kai; cwri;" aujtou' ejgevneto oujdevn. In principio erat Verbum, et Verbum erat apud Deum et Deus erat Verbum. Hoc erat in principio apud Deum. Omnia per ipsum facta sunt, et sine ipso factum est nihil (1, 1-3), in principio c'era la Parola e la Parola era con Dio e la Parola era Dio. Questa era in principio con Dio. Tutto fu fatto tramite lei e senza lei nulla fu fatto.
Quindi il verbo si fece carne: "kai; oJ lovgo" savrx ejgevneto" (14). Io collego questa affermazione, del tutto arbitrariamente, alla facundia persuasiva che attira gli ascoltatori, massime le donne, poiché è in corpo di donna che il verbo si fa carne.
Rprendiamo in mano Isocrate per sottolineare il valore anche etico del lovgo" inteso come parola e come pensiero: "to; ga;r levgein wJ" dei' tou' fronei'n eu\ mevgiston shmei'on poiouvmeqa, kai; lovgo" ajlhqh;" kai; novmimo" kai; divkaio" yuch'" ajgaqh'" kai; pisth'" ei[dwlovn ejstin" ( Nicocle, 7) il parlare come si deve lo consideriamo segno massimo del saper pensare, e un discorso veritiero, legittimo e giusto è l'immagine di un'anima buona e leale. Anche queste parole celebrative del logos, tornano, come espressioni liturgiche, nell’Antidosis (255).
Entrambe le orazioni giungono a una conclusione che indica nella potenza della parola l’unico mezzo per trasformare il pensiero in prassi: “eij de; dei' sullhvbdhn peri; th'~ dunavmew~ tauvth~ eijpei'n, oujde;n tw'n fronivmw~ prattomevnwn eurhvsomen ajlovgw~ gignovmenon, alla; kai; tw'n e[rgwn kai; tw'n dianohmavtwn aJpavntwn hJgemovna lovgon o[nta, kai; mavlista crwmevnou~ aujtw'/ tou;~ plei'ston nou'n e[conta~”, se si deve tirare le somme su questa potenza, troveremo che nulla di quanto è fatto con intelligenza viene fatto senza la parola, ma che anzi la parola è guida delle azioni e dei pensieri tutti, e che si avvalgono soprattutto di essa quelli che hanno la più grande capacità di pensiero[2].
"Sicché il Logos, nel suo doppio significato di parola e di pensiero, diventa per Isocrate il "symbolon", il contrassegno della paideusis"[3]. Non solo dell’educazione ma anche della duvnami~ dell’uomo.
Il ragazzo che ha studiato bene, con buoni insegnanti, possiede, prima di tutto, una facoltà di eloquio superiore a chi non ha fatto studi altrettanto buoni e ben guidati.
Leopardi ha tradotto, di Isocrate, il Nicocle, A Demonico, A Nicocle e l’Areopagitico. Vediamo come ha reso l’ultimo pensiero citato sopra (Nicocle 9): “E a dire di questa facoltà in ristretto, nessuna opera che si faccia con ragione e senno, si fa senza intervento della favella, governatrice e regina di tutti gli atti e pensieri dell’uomo; e trovasi che chi più intendimento ha, più la suole usare”.
Pesaro 23 settembre 2022 ore 18, 11
giovanni ghiselli
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