P. S.
Commento gli ultimi versi dei Remedia amoris citati nel post precedente con un breve excursus sull’invidia.
Questa invade le persone ordinarie con risentimento e livore quando vedono la donna e l’uomo eccellente, dotati di capacità negate ai più. Personalmente mi commuovo fino a piangere di gioia quando in una persona trovo qualità che mi sembrano più che umane: poeti come Sofocle, compositori come Mozart, cantanti che danno voce ai suoi melodrammi, scultori come il maestro di Olimpia, pittori come Piero di Sansepolcro, ciclisti come Fausto Coppi, calciatori come Maratona. Mi commuovo, piango e ce la metto tutta per dare il meglio di me in quello che faccio quando studio, scrivo e pedalo. Nel mio piccolo, eppure anche io ho suscitato ammirazione e affetto nei buoni, invidia e rancore nei conformisti del gregge dei mediocri.
L'invidia dei mediocri nei confronti del genio.
Il tovpo" dell'invidia è molto diffuso in letteratura: Erodoto attribuisce questo sentimento certo non alto perfino agli dèi[1].
Lo stesso ostracismo secondo Plutarco è un'istituzione con la quale gli Ateniesi cacciavano in esilio quelli tra i cittadini che superavano gli altri per fama e potenza, e con questo placavano l'invidia più che la paura:"paramuqouvmenoi to;n fqovnon ma'llon h] to;n fovbon"[2].
Molti uomini politici vennero colpiti dall'invidia, e non pochi poeti se ne lamentano.
All'invidia dei detrattori Telchìni deve replicare Callimaco nel prologo degli Aitia , e, ancora più esplicitamente il poeta di Cirene ribatte ai colpi degli invidiosi con alcuni esametri dell'Inno II ad Apollo : l' Invidia disse di nascosto agli orecchi di Apollo ("oJ Fqovno" jApovllwno" ejp j ou[ata lavqrio" ei\pen", v. 100):" non ammiro il cantore che non canta temi grandi quanto il mare".
Apollo respinse l'Invidia con il piede "to;n Fqovnon wJpovllwn podiv t j h[lasen", v. 103) e parlò così:"grande è la corrente del fiume di Assiria, ma molta/lordura della terra e molta spazzatura trascina sull'acqua./ Le api portano l'acqua a Demetra non da ogni parte/ma quella che pura e incontaminata zampilla/da sacra sorgente piccola vena, fiore sublime".
Il grande fiume pieno di scorie simboleggia il grande poema e può alludere alle Argonautiche di Apollonio Rodio.
Tornando alla invidia tra i potenti della terra, in Tacito l'invidia di Tigellino architetta la rovina di Petronio, "elegantiae arbiter ", principe del buon gusto della corte di Nerone. Il despota "nihil amoenum et molle adfluentia putat, nisi quod ei Petronius adprobavisset ", niente considerava piacevole e raffinato in quell'abbondanza, se non ciò che Petronio gli avesse approvato, "unde invidia Tigellini quasi adversus aemulum et scientia voluptatum potiorem "[3], di qui l'invidia di Tigellino come contro un rivale più capace nella conoscenza dei piaceri. Tigellino è il famigerato prefetto del pretorio succeduto a Burro fatto ammazzare da Nerone nel 62 d. C. A lui che cercava accuse di adulterio contro Ottavia presso le ancelle di lei una, incalzata, rispose "castiora esse muliebria Octaviae quam os eius" (Annales , XIV, 60), che era più casto il sesso di Ottavia che la sua bocca.
Nell' incipit dell'Agricola lo storiografo afferma che aveva riflettuto sull'invidia in generale, chiamandola, con l'ignoranza del bene, vizio comune ai piccoli e ai grandi stati: "vitium parvis magnisque civitatibus commune ".
Dante individua questo vizio soprattutto nelle corti:" La meretrice che mai dall'ospizio/di Cesare non torse li occhi putti,/ morte comune, delle corti vizio", [4].
A. Schopenhauer in Parerga e paralipomena dà una definizione efficace di questo sentimento meschino :" alla gloria dei meriti di alta specie si oppone l'invidia ; l'invidia che vi si oppone fin dai primi passi, perfino quando si tratta di meriti di infimo grado e non si ritira fino all'ultimo; perciò appunto l'invidia contribuisce parecchio a peggiorare il corso del mondo, e Ariosto con ragione definisce la vita come
"questa assai più oscura che serena/ vita mortal, tutta d'invidia piena"[5].
L'invidia è appunto l'anima dell'alleanza dovunque fiorente e tacitamente stipulata, senza previa intesa, di tutti i mediocri contro il singolo individuo eccellente di qualsiasi specie"[6].
L'invidia di Salieri per il genio di Mozart è stata resa celebre dal film Amadeus di Forman. Alle spalle c'è un microdramma di Puskin (1799-1837) del quale cito alcune parole: "Sono invidioso. Invidio; con tormento,/profondamente, invidio. O cielo! dunque/dov'è giustizia, quando il sacro dono,/quando il genio immortale non compenso/d'amore ardente, non di dedizione,/di sudori, di zelo, è, di preghiere./Ma illumina la testa d'un ozioso/vagabondo, d'un folle?...O Mozart, Mozart"[7].
La Zambrano definisce l'invidia "il male sacro tra tutti", quello "che di fronte al Dio assoluto grida non serviam, e che nell'uomo sarà l'invidia fraterna, "la prima forma di parentela"[8].
Bologna primo settembre 2023 ore 11, 33 giovanni ghiselli
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