domenica 13 novembre 2022

Medea di Euripide Esodo (vv. 1293-1419).


 

Traduzione con pochissime note.

A chi vuole mando il mio testo abbondantemente annotato, gratis ovviamente.

Trovo ineleganti quelli vanno in televisione per pubblicizzarsi i libri sperando di venderli.

Un libro buono non ha bisogno di pubblicità.

 

Giasone

Donne, che state vicino a questa dimora,

è  ancora dentro questa casa colei che ha compiuto

atti terribili, Medea, oppure è fuggita?

Bisogna infatti che quella davvero si nasconda sotto terra

o alato sollevi il corpo nella profondità del cielo,

se non vuole pagare il fio alla casata dei sovrani.

E' convinta che dopo avere ammazzato i signori del paese

fuggirà con i propri mezzi da questa casa, impunita? 1300

Ma in effetti non mi do pensiero di lei quanto dei figli:

a quella faranno del male coloro ai quali l'ha fatto,

io invece sono venuto a salvare la vita dei miei bambini,

perché i miei congiunti di stirpe non facciano loro del male,

facendo pagare  l'empio delitto materno.

 

Coro

O infelice, non sai a quale punto dei mali sei arrivato,

Giasone: infatti non avresti detto queste parole.

Giasone

Che c'è?  Forse vuole uccidere in qualche modo anche me?

Coro

I figli tuoi sono morti per mano materna.

Giasone

Ahimé che cosa vuoi dire? come mi hai distrutto, donna.

Coro

Dei tuoi figli pensa appunto che non ci sono più.

Giasone

Dove di fatto li ha uccisi? Dentro o fuori casa?

Coro

Apri le porte e vedrai la strage dei tuoi figli. 1313

Giasone

Aprite i chiavistelli al più presto, servi,

togliete i paletti, perché veda il duplice male 1315

<i morti e quella cui voglio farla pagare>

Medea (appare su un carro dove sono stesi i cadaveri dei figli. Questo era sospeso  sopra la scena dalla  mhcanhv, una specie di gru che negli esodi di altre tragedie teneva in alto una divinità: il deus ex machina. In questo esodo la parte è di Medea[1]).

Perché scuoti e vuoi forzare queste porte,

cercando i cadaveri e me che ho compiuto l'atto? 1318

Risparmiati questa fatica. Se di me hai bisogno ,

di’ quello che vuoi, ma non mi toccherai mai con le mani;

tale carro mi dà il Sole padre

del padre mio, una difesa da mano nemica. 1322

 

 

Giasone

Oh abominio, o donna odiosissima al massimo

agli dèi e a me e a tutto il genere umano,

tu che hai avuto l'ardire di gettare la spada sulle tue

creature dopo averle partorite e hai annientato me nei miei figli. 1326

E dopo avere fatto questo guardi il sole

e la terra, avendo osato il misfatto più empio?

Possa tu morire: io ora capisco, non capivo allora,

quando dalla tua dimora e da una terra barbara

ti portavo con me in una casa greca, grande male,

traditrice del padre e della terra che ti aveva nutrito.

Gli dèi hanno scagliato contro di me il tuo demone vendicatore;

infatti dopo avere ammazzato tuo fratello sul focolare di casa

ti imbarcasti sullo scafo di Argo dalla bella prua. 1335

Cominciasti da tali scelleratezze: sposata poi

a quest’ uomo e dopo avermi generato dei figli ,

per un letto e un talamo matrimoniale, li hai uccisi.

Non c'è donna greca che avrebbe osato

 questo, mai, e a preferenza di loro io ritenni degna

di matrimonio te, parentela ostile e letale per me,

leonessa, non donna, con  una natura

più crudele della Tirrenia Scilla. 1343

 

Scilla è la satanessa primordiale che Omero descrive come un mostro con sei colli lunghissimi su ciascuno dei quali c’è una testa spaventosa. I piedi sono dodici tutti deformi.

Latra innaturalmente, come una cagna neonata da ogni bocca  munita di tre file di denti fitti e numerosi, pieni di nera morte. Con questi ghermisce sei compagni di Ulisse ( Odissea , XII, vv. 85 e sgg.).

 Per quanto riguarda la leonessa, nell'Agamennone di Eschilo Cassandra individua in Clitennestra, la moglie adultera e assassina, la mostruosità ibrida chiamandola "divpou" levaina" (v. 1258), bipede leonessa. Ricordo che nella letteratura greca l'ibrido rimanda spesso al caos primordiale.

Questo caos primitivo torna periodicamente con ogni guerra nei fatti e nell’arte. Penso a Guernica di Picasso il quale all’ ufficiale  tedesco che gli domandò se fosse stato lui a produrre quell’immagine, rispose: “no, siete stati voi!”. Risposta da genio.

 

Ma di fatto neppure con insulti infiniti

potrei morderti: tale sfrontatezza è innata in te;

va’ in malora, operatrice di obbrobri e sporca della strage dei figli.

Resta da piangere il mio destino a me

che non trarrò vantaggio dalle nuove nozze,

né ai figli che ho generato e allevato

 potrò rivolgere la parola da vivi, ma li ho perduti. 1350

Medea

L’avrei fatta lunga contro queste

parole, se Zeus padre non sapesse

quali cose hai ricevuto da me e quali hai compiuto.

Tu non dovevi, dopo avere disonorato il mio letto,

passare una vita piacevole deridendomi, 1355

né la principessa, né quello che ti aveva proposto le nozze,

Creonte, doveva cacciarmi impunemente da questa terra.

Di fronte a questo chiamami pure leonessa, se vuoi,

<e Scilla che abitò la landa Tirrenica:>

infatti io ho contrattaccato il tuo cuore come si deve. 1360

 

E’ ricorrente il motivo dell’oltraggio e della derisione insopportabili e incompatibili con la vita.

Nell'Aiace di Sofocle il Telamonio prima di suicidarsi per non sopravvivere alla degradazione, dice :"ajll j h] kalw'" zh'n  h] kalw'" teqnhkevnai- to;n eujgenh' crhv" ma il nobile deve  vivere con stile, o con stile morire (vv.479-480).

Quando si vive fuori da ciò che è onorevole e bello, la morte può essere una liberazione.

Medea fa morire i figli uccidendo se stessa come madre e Giasone come padre di quei due bambini

Il quarto dei Gimnosofisti indiani[2] cui Alessandro Magno aveva fatto domandare perché avesse indotto Sabba alla rivolta: “ajpekrivnato kalw'~ zh'n boulovmeno~ aujto;n h] kalw'~ ajpoqanei'n[3], rispose: volendo che quello nobilmente vivesse o nobilmente morisse.-

Nell'ultima scena (97) del film Medea di Pasolini Giasone, di fronte alla catastrofe finale dice alla madre dei loro figli assassinati: "Che cosa hai fatto, che cosa hai fatto? Ora, non soffri anche tu come me?"

E Medea risponde: "Pur che tu non rida, io voglio soffrire"[4].

 

 

Giasone

Ma anche tu soffri e sei partecipe delle sciagure.

Medea

Sappilo bene: mi giova il dolore  se tu non ridi. 1362

Giasone

O figli, che madre malvagia vi è capitata!

Medea

O figli, come siete morti per la follia del padre!

Giasone

Invero non è stata certo la mia mano destra a ucciderli.

Medea

Ma l’oltraggio e le tue nozze appena contratte.

Giasone

E per il letto hai ritenuto giusto ucciderli ?

Medea

Pensi che questa sia una sofferenza piccola per una donna? 1368

Giasone

Se una è giudiziosa; ma tu sei impastata di male.

Medea

Questi qui non ci sono più: questo diero nre cattive cattiva fatto ti roderà.

Giasone

Sono questi, ahimé, i vendicatori sulla tua testa. 1371

Medea

Sanno gli dèi chi ha dato inizio alla sciagura.

Giasone

Sanno certamente che il tuo animo è ributtante.

Medea

Odiami: io detesto la tua voce sgradevole.

Giasone

E io la tua: facile sarà separarsi l’uno dallaltra.

Medea

E come ? Che cosa devo fare? Stai certo che lo voglio anche io. 1377

Giasone

Lasciami seppellire e piangere questi morti.

Medea

No davvero, poiché li seppellirò io con questa mano,

portandoli al santuario della dea Era Acraia

 

Questo tempio di Era Acraia doveva trovarsi sull’acropoli di Corinto (cfr. a[kro~=alto). Apollodoro racconta anche una storia alternativa all’uccisione dei figli da parte di Medea.

La donna dunque fuggì da Corinto su un carro trainato da serpenti alati ricevuti da Elio, suo nonno.

 Lasciò i figli Mermero e Fere come supplici sull’altare di Atena Acraia, ma i Corinzi  dopo averli portati via di là, li coprirono di ferite  (katetraumavtisan). Poi Medea andò ad Atene dove sposò Egeo ed ebbe un figlio da lui, Medo. Quindi complottò contro Teseo e venne esiliata da Atene insieme con il figlio Medo. Questo andò in Oriente, sottomise molti barbari e chiamò Media la terra conquistata. Poi morì in una spedizione contro gli Indiani. Medea tornò nella Colchide dove uccise Perse il fratello del padre, che aveva usurpato il regno di Eeta il quale poté così tornare sul trono (Biblioteca, I, 9, 146-147)

 

affinché nessuno dei nemici li oltraggi

rovesciando le tombe; e a questa terra di Sisifo

attribuiremo una festa solenne e riti

per il futuro in cambio di questa empia strage. 1383

E io andrò alla terra di Eretteo,

a convivere con Egeo, figlio di Pandione.

E tu, come è naturale, vigliacco morirai da vigliacco,

colpito al capo da un rottame di Argo,

dopo avere visto l'amaro esito delle mie nozze.

 

Anapesti di uscita 1389-1419.

Giasone

Ma ti uccida l'Erinni dei figli

e la Giustizia degli ammazzati. 1391

Medea

Quale dio o demone ascolta te,

spergiuro e ingannatore degli ospiti?

Giasone

Ahi, ahi, abominevole e assassina dei figli.

Medea

Vai a casa e seppellisci la tua compagna di letto. 1394

Giasone

Vado, privato dei due figli.

Medea

Ancora non piangi: aspetta un po' la vecchiaia.

Giasone

O figli carissimi. Medea Alla madre solo, a te no.

Giasone

Per questo li hai ammazzati? Medea. Per infliggere pene a te.

Giasone

Ahimé infelice voglio baciare

la cara bocca dei figli. 1400

Medea

Ora li chiami, ora vuoi baciarli,

dopo averli respinti allora.

Giasone Concedimi in nome degli dèi

di toccare la tenera carne dei figli.

Medea

Non è possibile. Invano le tue parole sono buttate via. 1404

Giasone

Zeus tu senti questo: come vengo respinto

e quali ferite subisco da questa femmina abominevole

e leonessa assassina dei figli?

Ma per quanto almeno è possibile e ce la faccio

piango questo scempio e invoco gli dèi

chiamando a testimonio la potenza divina che tu,

dopo avermi ammazzato i figli, mi impedisci

di toccarli con le mani e seppellirne i cadaveri,

che io non avrei voluto vedere mai,

 dopo averli generati, ammazzati da te.

 

Coro

Di molti casi Zeus è dispensatore sull’Olimpo;

e molti eventi in modo insperato compiono gli dèi;

e i fatti aspettati non vennero portati a compimento,

mentre per quelli inaspettati un dio trovò la via.

Così è andata a finire questa azione 1419.  

 

 

Bologna 13 novembre 2022 ore 18, 39

giovanni ghiselli

p. s

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[1] Nell’Ifigenia  fra i Tauri appare Atena ex machina, nell’Elettra i Dioscuri, nell’Elena di nuovo i Dioscuri, nello Ione Atena, nell’Oreste Apollo.

[2] “Laggiù…in meridioni più ardenti di quanti siano mai stati sognati da artisti: laggiù, dove gli dèi danzano e si vergognano delle vesti” (F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra, p. 241.)

[3] Plutarco, Vita di Alessandro, 64, 6.

[4] Op. cit., p. 559.

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