venerdì 11 novembre 2022

L’apprendistato di giovanni ghiselli. VI parte. La cena immeritata. Il dormiveglia notturno. I segni. Il sistro di Iside?

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Uscii per mangiare in fretta e tornare presto in camera. Volevo alzarmi la mattina di buonora. Fuori pioveva sempre e faceva freddo. Mentre cenavo, immeritatamente, sciaguratamente dopo le tante ore passate seduto, pensai che dovevo orientarmi cercando di capire il destino: cogliere e interpretare i segni del cielo e di Dio che, con la sua mente ordinata e magnanima, nulla lascia procedere a caso. E avverte con premonizioni. E’ bene, è necessario
  notarle e svelarle. Non sono sempre chiarissime, ci vuole un animo attento e allenato per comprenderle.  Ho sempre fatto caso ai segni premonitori, fin da bambino.
 Ricordai che Ammiano Marcellino commenta positivamente l’ attenzione del suo eroe, Giuliano Augusto, per  gli auspici che si traggono dagli uccelli:  non che i volatili conoscano il futuro, sed volatus avium dirigit deus[1].

I segni del cielo mi avrebbero indicato la strada da seguire con metodo[2]. Exinde quid agi oporteat bonis successibus instruendus[3].
Gli ultimi successi erano gli esami superati con buoni voti. Ma ce ne volevano altri, di altro tipo: quelli con le femmine umane e di questi non avevo esperienza. 
Alla follia metodica di Amleto non sfugge che c’è una provvidenza  speciale anche nella morte di un passero[4].
Più tardi mi addormentai mentre  pensavo ancora ai segni ricevuti quel giorno.
All’una, fui svegliato da un campanello.
Prima credetti di sognare quel suono, poi mi svegliai.
Mi chiesi se avessi sognato  gli squilli che potevano essere prodotti da un sistro[5] scosso da Iside che voleva svegliarmi  dal sonno e dall’oblio della mia identità, perché  ritrovassi la dignità  antica di studioso curioso che ricordava con gioia tutto quanto leggeva e di agonista che vinceva le gare.
E recuperassi la forma umana, dopo avere  eliminato il rivestimento porcino.
Non potevano essere neppure le cavallette che suonavano “finissimi sistri d’argento” perché faceva freddo e pioveva e non avevo sognato quei suoni poiché gli squilli ripresero: qualcuno scampanellava davvero e con insistenza. Nessuno andava ad aprire. Vecchie sorde o paurose. Ancella infingarda, se c’era. Io? Non c’entravo, non mi sembrava il caso, poi avevo paura. Continuò per alcuni minuti.
Chi è alla porta, chi è alla porta, chi?[6] Mi domandai .

Guardie di frontiera che mi inseguivano, oppure ladri o assassini, scomposte menadi ubriache, spettri di orrori, o strane congreghe di “diavoli goffi con bizzarre streghe”[7], o che altro?
Comunque era un segno. Di sventura?
Ma no, forse era un segno sonoro premonitore di cambiamento in meglio. “Tutto è pieno di dèi, pavnta plhvrh qew'n[8], tutto è santo, tutto è santo, tutto è santo”[9], volli pensare, forzandomi un poco.
Rimasi sveglio una mezz’ora per interpretare quel segno.
Lo feci in questo modo: “Non addormentarti, non rimanere assopito e stordito nella casa di Pesaro. Non frequentare  quelli che giocano a carte e giocano con la tua infelicità, la deridono, ci sghignazzano sopra. Basta che tu dica: non fumo!” e partono risate con insulti.
Non è l’ambiente per te. Svegliati, alzati, cerca nuove dimore, esperienze nuove, anche a costo di ferirti.
 Devi imparare a stare ritto senza essere sorretto dalle donne di casa. Devi renderti padre di te stesso.
Se resti là, non potrai ritrovare l’identità smarrita che del resto non era la tua già compiuta. Quella andava bene per un adolescente liceale cresciuto tra donne che ti isolavano. Stavi diventando un sordido anacoreta. Non devi restare dimezzato, ignaro di ogni altro bene oltre i successi scolastici e ciclistici.
Oltretutto gli agonistici sulla bicicletta non ci sono più. L’agone ora è quello massimo: conquistare una identità di uomo, di uomo compiutamente umano.
 A Debrecen cerca di conoscere delle persone buone e  stimolanti alla crescita, donne soprattutto, le donne belle e fini che devi meritarti:  prova a iniziare una vita nuova e degna di te! Diventa il gianni che sei! ”.
 

Pesaro 30 giugno 2022 ore 17, 55.
 giovanni ghiselli

p. s
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[1] Ammiano Marcellino, Historiae, XXI, 1, ma il volo degli uccelli lo dirige  dio.
[2] E’ una tautologia voluta: oJdov" significa “strada”
[3] Quindi saranno I buoni successi a guidarmi (cfr. Ammiano Marcellino , Storie, XXI, 5. Parla Giuliano Augusto
[4] Cfr. Shakespeare,  Hamlet V, 2 there’s a special providence in the fall of a sparrow.
[5] Il sistro secondo Plutarco serve a mettere in fuga Tifone.
To; sei`stron o{ti seivesqai dei` ta;; o[nta kai; mhdevpote pauvesqai fora`~ (De Iside, 376D), il sistro viene scosso perché le cose che sono vanno mosse e non devono mai cessare dal moto, ma essere svegliate e spinte quando dormono. Il sistro può essere paragonato al campanello della messa. Attira l’attenzione dei fedeli e tiene lontano i profani[5]. 
[6] Cfr. Euripide, Baccanti: “tiv~ ojdw` ; tiv~ oJdw/`tiv~;” (v. 68), chi è per strada?, chi è per strada? Chi? 
[7] Carducci, Il comune rustico, 10-11.
[8] Talete in Aristotele, Sull'anima, 411a 8.
[9] P. P. Pasolini, Dialoghi definitivi di “Medea”, scena 7. In op. cit., p. 544 e p. 545.

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