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mercoledì 2 novembre 2022

Sul potere. XVIII. Il ciclo della Costituzioni

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Au{th politeiw'n ajnakuvklwsi" , au[th fuvsew~ oijkonomiva   kaq  j h}n metabavllei kai; meqivstatai  kai; pavlin eij" auJta; katanta` ta; kata; politeiva~ (Polibio, Storie, VI, 9, 10), questo è il ciclo delle costituzioni , questa è la disposizione della natura secondo cui cambia e si trasformae di nuovo torna nelle medesime forme le varianti delle singole costituzioni.
 
Machiavelli riprende  alcune di queste parole: “E’ questo il cerchio nel quale girando tutte le repubbliche si sono governate  e si governano” (Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, I, 2)
Sopra il segretario fiorentino scrive che “volendo discorrere quali furono gli ordini della città di Roma (…)  ci sono “tre stati chiamati da loro Principato, Ottimati e Popolare (…) e ciascuno d’essi è in modo simile a quello che gli è propinquo, che facilmente saltano dall’uno all’altro: perché il Principato facilmente diventa tirannico, gli Ottimati con facilità diventano stato di pochi, il Popolare sanza difficoltà in licenzioso si converte”  
Poi però il Machiavelli si separa dalla sua fonte e osserva:"ma rade volte ritornano ne’ governi medesimi, perché quasi nessuna repubblica può essere di tanta vita che possa passare molte volte per queste mutazioni e rimanere in piede".
 
“La poca padronanza del greco da parte del Machiavelli imponeva la questione di quale traduzione latina egli avesse potuto adoperare. Il libro polibiano in questione, il VI, non appartiene al ristretto manipolo dei libri (I-IV) conservatisi per intero: è il primo del gruppo di libri (VI-XVIII) tramandati unicamente attraverso raccolte di estratti, i cosiddetti Excerpta antiqua , la cui provenienza non è nota (sono conservati in vari manoscritti, il più importante dei quali è il Vaticano Urbinate greco 102, ad Urbino almeno dal 1482). E mentre dei libri I-V una traduzione latina, curata da Niccolò Perotti, era disponibile sin dal 1473, per quel che riguarda gli estratti, la prima traduzione latina che sia nota è quella di Basilea del 1549. Seguono alcune "congetture", che non trascrivo, su chi abbia fatto conoscere il VI libro di Polibio a Machiavelli,  e una citazione da A. Momigliano per il quale comunque "il primo ad "apprezzare Polibio come pensatore politico" fu il Machiavelli"[1].   
 
La "monarchia" in Polibio, Lucrezio e Leopardi 
monarciva/basileiva  è una distinzione basata su quella forza/ragione secondo Polibio
La monarchia, il predominio di un solo individuo si fonda sulla prestanza corporea e sull'audacia sia tra gli uomini dominati dall'istinto sia tra gli animali.
 Il regno presuppone l’impiego della ragione e  consenso dei sudditi.
 
 Lo storiografo afferma che le società politiche nascono quando, in seguito a una distruzione (fqorav) dovuta a inondazioni, pestilenze, carestie (" dia; kataklusmou;" hj; dia; lomika;" peristavsei" h j; di& ajforiva" karpw'n", VI, 5, 5) prima scompare ogni forma di civiltà, poi, col tempo si raccoglie una moltitudine di uomini ("plh'qo" ajnqrwvpwn", VI, 5, 7) che, come gli altri animali si riuniscono "dia; th;n th'" fuvsew" ajsqevneian", per la debolezza della loro natura.
Ebbene, allora sarà necessario che colui il quale si distingue per forza fisica e per temperamento coraggioso sia guida e capo:"ajnavgkh to;n th'/ swmatikh'/ rJwvmh/ kai; th'/ yucikh'/ tovlmh/ diafevronta, tou'ton hJgei'sqai kai; kratei'n". Questo è un fenomeno naturale poiché avviene anche tra gli altri animali privi di ragione come tori cinghiali galli e simili ("levgw de; tauvrou" kavprou" ajlektruovna", ta; touvtoi" paraplhvsia", VI, 5, 8).
 
Qui torna a proposito l'Edipo re  di Sofocle.
 Nel prologo della tragedia c'è una peste odiosissima "loimo;" e[cqisto"", v. 28) che, unita a sterilità della terra e delle femmine, a carestia e impotenza, ha messo in ginocchio la città di Tebe che "si consuma nei calici infruttuosi della terra,/ si consuma nelle mandrie dei buoi al pascolo, e nei parti/ senza figli delle donne"(vv. 25-27).
A Tebe appunto manca un capo in quanto il re Edipo è lo stesso portatore del contagio e nel corso della tragedia si capovolge da salvatore a farmakov", da primo tra gli uomini (ajndrw'n de; prw'ton, v. 33) a capro espiatorio, ossia ad animale sacrificale, toro delle rupi bandito in solitudine ("petrai'o" oJ tau'ro",/ mevleo" melevw/ podi; chreuvwn", vv. 478-479).
Il suo posto verrà preso dal tuvrannoς Creonte. Come si vede non mancano spunti analogici.
 
 Essi si possono trovare anche nel poema di Lucrezio i cui reges  corrispondono a una fase intermedia tra il movnarco" e il basileuv" che in Polibio si evolve un poco alla volta, senza accorgersene, dal primo ("basileuv" ejk monavrcou lanqavnei genovmeno"", VI, 6, 12) quando la ragione ("oJ logismov"") prenda la supremazia al posto dell'istinto e della forza bruta.
In Lucrezio infatti per essere rex e per ottenere il favore di questi reges contano tanto l'istinto, la bellezza e la forza quanto l'ingegno e il possesso della tecnologia.
La decadenza viene dalla proprietà privata.
 Ma vediamo alcuni versi del De rerum natura :
 Di giorno in giorno  sempre di più con i nuovi mezzi e con il fuoco
insegnavano a cambiare completamente il modo di vivere e il vitto
quelli che si distinguevano per ingegno e avevano vigoroso coraggio ("ingenio qui praestabant et corde vigebant  " V, 1107). Cominciarono a fondare città e a porvi le rocche i re stessi, come presidio e rifugio per sé, e greggi e campi divisero e li assegnarono secondo l'aspetto di ciascuno e le forze e l'ingegno ("pro facie cuiusque et viribus ingenioque ", V,1111) molto infatti contava l'aspetto e le forze valevano ("nam facies multum valuit viresque vigebant ", V, 1112) .
"Posterius res inventast aurumque repertum,/quod facile et validis et pulchris dempsit honorem"  si trovò la roba e fu scoperto l'oro che facilmente ai forti e ai belli tolse il potere (V, 1113-1114).
 
L'impostazione politica generale tra Polibio e Lucrezio naturalmente è diversa poiché lo storiografo è ben lontano dal criticare la proprietà privata e la sua distinzione, ci ricorda Canfora, è di un genere "caratteristico del pensiero antidemocratico nella sua forma più evoluta"[2].
Ma questo lo vedremo più avanti a proposito della dhmokrativa secondo Polibio (VI, 4, 4).
 
Intanto riferisco qualche parola dallo Zibaldone  di Leopardi il quale sostiene che la monarchia è il governo sia della società primitiva sia di quella "pienamente corrotta", mentre "una società capace di repubblica durevole, non può essere che leggermente o mezzanamente corrotta (come la moderna)". Così "apparentemente, si avvicinano i due estremi, di società primitiva, di cui non è proprio altro stato che la monarchia; e di società totalmente guasta, di cui non è propria che l'assoluta monarchia". Apparentemente, poiché la società primitiva non ammette la monarchia dispotica, mentre in quella guasta "non può durar che una monarchia assoluta cioè dispotica"(3517).
 
La considerazione successiva ci porta nell'ambito semantico e filosofico dell' ajnakuvklwsi" di Polibio (VI, 9, 10), dell'orbis  di Tacito [3] , del "cerchio" di Machiavelli[4], dell'"eterno ritorno" di Nietzsche[5]. Leopardi lo chiama "circuito".
 
 Leggiamo dunque alcune pagine dello Zibaldone  (3517-3518):"Del resto s'egli è proprio carattere sì della società primitiva come della più corrotta l'essere ambedue per natura monarchiche di governo, non è questo il solo capo in cui si veda che le cose umane ritornano dopo lungo circuito e dopo diversissimo errore ai loro principii, e giunte (come or pare che siano) al termine di lor carriera, o tanto più quanto a questo termine più s'avvicinano, si trovano di nuovo in gran parte cogli effetti medesimi, e nel medesimo luogo, stato ed essere che nel cominciar d'essa carriera".


Bologna 2 novembre 2022 ore 17, 06
giovanni ghiselli

p. s
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[1]L. Canfora, Antologia Della Letteratura Greca , 3, pp. 346-347.
[2]Op. cit., p. 344.
[3]Annales , III, 55.
[4]Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio , I, 2.
[5]Crepuscolo degli idoli , p. 128.

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