NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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giovedì 10 novembre 2022

Il diritto del più forte seconda parte.


 

Adesso riferisco qualche battuta del dialogo tra Ateniesi e Melii nel V libro delle storie di Tucidide

V 103, 2.

sommario

Gli Ateniesi avvertono i Meli che la debolezza li espone a molti rischi, e che la loro salvezza sarebbe esclusa se affidassero le  speranze  all'irrazionale e al non umano .

Ateniesi

Traduzione

voi che siete deboli ajsqenei'": e avete una sola possibilità, non vogliate subire questo

Commento

ajsqenei'": la sola forza considerata da questi aggressori  è la potenza militare e l'unica "astenia" è quella delle armi. Eppure nella storia, anche recente, abbiamo visto grandi potenze armate venire sconfitte da piccoli popoli coraggiosi e militarmente meno attrezzati. La logica degli Ateniesi corrisponde a quella dello sparviero di Esiodo menzionato sopra.

 

Traduzione

 Né dovete rendervi simili ai più, che pur essendo ancora possibile per loro salvarsi con mezzi umani, quando le speranze visibili

faneraiv li abbandonano in quanto schiacciati, si volgono alle invisibili ajfanei'", alla mantica, ai vaticini e a quante altre superstizioni del genere danneggiano con vane chimere".-

Commento

faneraiv...ajfanei'":  questi Ateniesi di Tucidide riconoscono realtà solo a quanto è visibile. Assomigliano ai non miti giganti del materialismo di cui ci racconta Platone nel Sofista  (246)

 

V104.

Melii

Sommario

I Meli rispondono  che sono al corrente delle difficoltà oggettive, eppure confidano negli dèi che non abbandoneranno un popolo pio, nella giustizia, e negli Spartani che dovranno aiutarli, se non altro per senso dell'onore .

Traduzione

Anche noi, siatene certi, consideriamo difficile lottare contro la potenza vostra e contro la sorte, se non sarà imparziale

"tuttavia noi abbiamo fiducia che non avremo la peggio per quanto riguarda la sorte che viene dalla divinità, in quanto da pii ci opponiamo a persone non giuste

e (confidiamo) che a quanto manca della nostra potenza si aggiungerà l'alleanza con gli Spartani la quale ha la necessità di portarci aiuto, se non per qualche altra ragione, a causa della parentela e per il senso dell'onore. E noi siamo audaci non in modo così del tutto irrazionale ouj pantavpasin ajlovgw~

Commento

ajlovgw": nel lovgo" non entra soltanto il calcolabile in termini numerici e quantitativi. La vita non è solo logica. E' logos, ma non si riduce alla logica. L. Tolstoj dichiara la fede in un metro diverso da quello del potere nel suo romanzo più noto:"Per noi, con la misura del bene e del male dataci da Cristo, non esiste nulla di incommensurabile, e non c'è grandezza là dove non c'è semplicità, bene, verità"[1]

 

V105. Ateniesi

Sommario

Nei rapporti con la divinità noi pensiamo di non essere inferiori né di essere riprovevoli poiché non facciamo nulla di errato: infatti ci comportiamo secondo una legge naturale che presumibilmente corrisponde a una volontà divina: chi è più forte di fatto comanda. Non è una legge che abbiamo creato e imposto, ma una norma alla quale obbediamo e sappiamo che voi al posto nostro fareste lo stesso. Quanto agli Spartani e al loro sentimento dell'onore, ci sembra che voi deliriate. I Lacedemoni infatti praticano la virtù verso se stessi, ma nei rapporti con gli altri considerano onesto ciò che è piacevole e giusto ciò che è utile. Questo modo di pensare certamente non potrà aiutarvi.

Traduzione

"Ma nel favore riguardo alla divinità neppure noi pensiamo di essere inferiori.

Niente infatti pretendiamo o facciamo fuori dalla credenza degli uomini nei confronti delle cose relative al divino, e dalle aspirazioni della loro volontà di decidere riguardo a se stessi.

Riteniamo infatti che la divinità, per quanto si può supporre dovxh/...,  e  l'umanità in modo evidente safw'"/:, in ogni occasione, per necessità di natura, dove sia più forte, comandi"

Commento

dovxh/...safw'"/: la parte attribuita alla divinità è opinabile; quella degli uomini è sotto gli occhi di tutti.

Si può fare un esempio di divinità che impone la propria forza con la forza: nel Prologo delle Baccanti  di Euripide, Dioniso si presenta quale dio capace di imporre la sua volontà e i suoi riti:"skeuhvn t j hjnavgkas j ojrgivwn ejmw'n"(v. 34), ho costretto a indossare l'abbigliamento delle mie orge. Si ricordi che Efesto nel Prometeo incatenato  aveva detto a Cratos, che esegue gli ordini di Zeus,  :" ajeiv te dh; nhlh;" su; kai; qravsou" plevw""(v. 42), tu certamente sei sempre spietato e pieno di audacia.

 

Traduzione

“e noi che non abbiamo imposto questa legge né l'abbiamo utilizzata per primi ou[te (…) prw`toi crhsavmenoi quando vigeva, ma  dopo averla ricevuta che c'era, e pronti a lasciarla rimanere per sempre, ce ne avvaliamo crwvmeqa aujtw`/-

sapendo che anche voi e altri, se vi trovaste nella stessa condizione di potenza che noi, fareste lo stesso

e riguardo alla divinità, così com'è probabile, non temiamo che resteremo indietro ejlasswvsesqai.

Quanto alla vostra opinione riguardo agli Spartani, secondo la quale confidate che essi vi aiuteranno per un sentimento dell'onore, mentre  chiamiamo beata makarivsante"   la vostra ingenuità to; ajpeirovkakon non invidiamo la vostra follia

 

 

Commento

crwvmeqa aujtw`/- Il verbo cravomai –utilizzo, mi avvalgo, torna diverse volte in questo dialogo significando la cultura pragmatica, quella dell’utile, senza carità.

j Elasswvsesqai: è' un modo quasi ironico di negare che la divinità tuteli la giustizia e la vita, o addirittura che esista: per costoro essa coincide con il predominio della prepotenza.

to; ajpeirovkakon: l'ingenuità viene compatita e ridicolizzata attraverso quel participio avversativo makarivsante" decisamente ironico, ma nella successiva letteratura europea si troveranno casi di celebrazione di questa attitudine all'ingenuità e pure alla follia  che gli Ateniesi non invidiano. Un testo dove la fiducia senza limiti è apprezzata, almeno dai personaggi positivi, è l'Idiota  di Dostoevskij. Aglaja  descrive il principe Myskin a Nastasja Filippovna in questi termini:" Vi devo anche dire che mai, in vita mia, avevo incontrato fino a quel momento un uomo simile a lui per nobiltà e semplicità d'animo, e per fiducia illimitata. Udendo le sue parole, capii che chiunque lo volesse potrebbe ingannarlo, ed egli, per giunta, lo perdonerebbe...per questo cominciai ad amarlo"(p. 719).  

 

Traduzione

I Lacedemoni fanno uso crw'ntai:  della virtù soprattutto verso se stessi e le istituzioni del loro paese.

Ma verso gli altri, pur potendo uno dire molte cose su come si comportano, riassumendo al massimo si potrebbe dimostrare che essi nel modo più evidente-ejpifanevstata- tra quelli che conosciamo, considerano il piacevole bello e il conveniente giusto. Certamente un tal modo di pensare non favorisce la vostra ora folle speranza di salvezza "

Commento

crw'ntai: il verbo rende di nuovo l'idea dell'uso strumentale della virtù e qui allude all'ipocrisia degli Spartani.

Dure critiche agli Spartani muove Euripide dal pulpito delle sue tragedie che li presenta come tipi odiosi, soprattutto  nell'Andromaca  che risale ai primi anni della grande guerra tra Greci[2], ed è un concentrato di malevolenza e maldicenza antispartana.

La stessa protagonista  lancia un anatema contro la genìa dei signori del Peloponneso, chiamati yeudw'n a[nakte~ :" o i più odiosi  (e[cqistoi) tra i mortali per tutti gli uomini, abitanti di Sparta, consiglieri fraudolenti, signori di menzogne, tessitori di mali,che pensate a raggiri e a nulla di retto, ma tutto tortuosamente, senza giustizia avete successo per la Grecia (vv.445-449).

Dal canto suo Peleo, il nonno di Neottolemo, esecra le Spartane e i loro costumi: neppure se lo volesse potrebbe restare onesta[3] ("swvfrwn", v. 596) una delle ragazze di Sparta che insieme ai ragazzi, lasciando le case con le cosce nude ("gumnoi'si mhroi'"",  v.598) e i pepli sciolti, hanno corse e palestre comuni, cose per me non sopportabili " (Andromaca, vv.595-600).

ejpifanevstata: superlativo con valore avverbiale. Isocrate nel Panegirico  che Canfora definisce il "grande pamphlet  scritto come "programma" della Seconda Lega (380 a. C.)"[4], prende una posizione "rigidamente coincidente con quella ufficiale ateniese", ed enumera i crimini commessi dagli Spartani che hanno intrapreso la guerra del Peloponneso per liberare i Greci, ma poi ne hanno ridotti tanti in schiavitù (122).  

 

Salto alla conclusione   

I Meli non si arresero e gli Ateniesi li massacrarono senza che gli Spartani muovessero un dito in loro difesa

116, 4 .

Sommario

Durante l’inverno successivo venne perpetrato lo sterminio dei maschi adulti e la schiavizzazione degli altri Meli,con l’ occupazione del loro territorio.

Traduzione

"Gli Ateniesi ammazzarono tutti i Meli adulti che catturarono e resero schiavi i bambini e le donne. E occuparono essi stessi la regione, mandando in seguito cinquecento coloni".

 

Euripide prese posizione subito dopo questo crimine scrivendo le Troiane (415) e facendo dire alla madre dolorosa Andromaca: ““w\ bavrbar j ejxeurovnte~   [Ellhne~ kakav-tiv tonde pai`da kteivnet j oujde;n ai[tion; (764-765), o Greci inventori della barbarie, perché uccidete questo bambino che non è colpevole di niente?

 

Chiudo la parte relativa al potere con il ricordo di questo massacro del quale più avanti gli Ateniesi dovranno pentirsi, come si legge nelle Elleniche di Senofonte

 Sentiamolo: " Ad Atene, giunta la Paralo di notte, si raccontava la sciagura, e il lamento dal Pireo si diffondeva lungo le mura fino alla città, poiché uno trasmetteva la notizia all'altro.

Sicché quella notte nessuno dormì, non solo perché piangevano i morti, ma ancora molto di più, se stessi, ritenendo che avrebbero subito i mali che avevano inflitto ai Meli che erano coloni di Sparta, dopo averli sopraffatti con un assedio, e anche agli abitanti di Istiea, di Sicione, di Torone, di Egina, e a molti altri Greci""(Hell., II, 2, 3). -

 

 L'auspicio è che tutti i massacri della storia vengano puniti dalla giusta Nemesi, umana o divina che sia. Estendo alla razza umana quello che Platone raccomanda per quella ellenica: dobbiamo dire che tra il risparmiarla e il massacrarla "  o{lw/ kai; pantiv...diafevrei to; feivdesqai" (Repubblica , 469c) in ogni caso è meglio risparmiarla.

Bologna 10 novembre 2022-11-10

giovanni ghiselli

 

p. s.

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[1] Guerra e pace , pag.1607.

[2] 429 a. C.

[3] Plutarco dà un'interpretazione non malevola dello stesso fatto: il legislatore volle che le fanciulle rassodassero il loro corpo con corse, lotte, lancio del disco e del giavellotto..per eliminare poi in loro qualsiasi morbidezza e scontrosità femminile, le abituò a intervenire nude nelle processioni, a danzare e a cantare nelle feste sotto gli occhi dei giovani (Vita di Licurgo , 14). E' interessante il fatto che   Erodoto  (I, 8)  viceversa fa dire a Gige:"la donna quando si toglie le vesti, si spoglia anche del pudore". 

[4]Lo Spazio Letterario Della Grecia Antica  , Vol. I, Tomo, I, p. 467.

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