giovedì 10 novembre 2022

L’apprendistato di giovanni ghiselli. IVparte. L’assopimento periglioso del guidatore non insonne

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Le lampade elettriche illuminavano l’asfalto bagnato della circonvallazione dove scura dai campi o dal camposanto cattolico colava la terra disciolta e trascinata dalla forza dell’acqua che si infangava e rendeva scivolosa la strada.  Mi sembrò di vedere trascinati nel fango anche scoiattoli spelacchiati, dalla coda mozza, e pesci debosciati
, privi di guizzi.
Infine intravvidi  un pesce salato del  Ponto appeso a un amo.
 Allora, nel dormiveglia compresi che si trattava di visioni oniriche pullulate da chissà dove. Difatti mi ero assopito mentre avrei dovuto fissare la strada a[upno~, insonne, e avvolgere con le mani e le braccia il volante come il drago della Colchide che custodiva il vello d’oro avvolgendolo con spire contorte speivrai~ poluplovkoi~[1].
Tanto mi ero assopito che in una curva sbandai e finìi fuori strada, su un prato. Così  mi svegliai.
Passato il terrore, mi dissi:“Tutta la vita così”.
 Avevo assunto una posa e un’espressione da attore  tragico. La tragedia greca mi è sempre piaciuta assai. Mi ci immergevo, ne traevo modelli e contromodelli.
 “Sarà dura arrivare in fondo, quando dirò: “non doveva finire così”.
Giocavo anche un poco con la sfortuna e con il dolore.
Cercavo di reagire alla stanchezza e alla paura. Quindi ricorsi al modello epico e  mi sovvenni di Achille che, incalzato dallo Scamandro temeva di fare la stessa misera fine di un bambino porcaio travolto da un torrente in piena[2]. Poi invece se l’era cavata.
Anche io ce l’avrei fatta sebbene non fossi un bambino porcaio, ma proprio un porco. Dovevo spogliarmi di quel rivestimento sconcio, di quella carne da troia, non mia.
Intanto dovevo trovare una camera dove passare la notte già cominciata.
Immerso nel buio  e nella solitudine profonda, guardavo le case lungo la strada, ma l’oscurità e la grande miopia mal corretta dagli occhiali appannati mi rendevano difficile la ricerca dell’asilo notturno. Ero ancora lontano dalle lenti a contatto che avrebbero contribuito a migliorare il mio aspetto. Mi ero allontanato da tutto ciò che poteva giovarmi. Tranne lo studio che non ho mai  abbandonato del tutto.
L’ho sempre visto come la mia stella polare. Ho sempre saputo che se l’avessi lasciato perdere avrei perso anche la vita.
Gli animali e pure gli umani potevano pure schifarmi e io provare disgusto per coloro, ma gli auctores, i miei accrescitori non li ho traditi mai, nemmeno per dedicarmi del tutto a una donna amata e desiderosa di un figlio.

 
Bologna 10 novembre 2022 ore 11, 20
giovanni ghiselli

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[1] Cfr. Euripide, Medea, 480-482.
[2] Cfr. Iliade, XXI, 281-282

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