Si può pensare alla bomba atomica.
Platone Cicerone e Brecht
Platone
Alcibiade II di Platone.
SW. “Oti, æj œpoj e„pe‹n, kinduneÚei tÒ ge tîn ¥llwn
™pisthmîn ktÁma, ™£n tij ¥neu toà belt…stou kekthmšnoj
Ï, Ñlig£kij mn çfele‹n, bl£ptein d t¦ ple…w tÕn œconta 144 d 9
Socrate: “Dico per essere brevi che probabilmente il possesso delle altre scienze se uno non ha acquisito quella migliore di tutti, raramente è utile e il più delle volte danneggia chi le possiede”.
Alcibiade dà ragione a Socrate il quale aggiunge
Ð d d¾ t¾n kaloumšnhn polumaq…an te kaˆ polutecn…an
kekthmšnoj, ÑrfanÕj d ín taÚthj tÁj ™pist»mhj, ¢gÒ-
menoj d ØpÕ mi©j ˜k£sthj tîn ¥llwn, «r' oÙcˆ tù Ônti
dika…wj pollù ceimîni cr»setai, ¤te omai ¥neu kubern»tou
diatelîn ™n pel£gei, crÒnon oÙ makrÕn b…ou qšwn; éste
sumba…nein moi doke‹ kaˆ ™ntaàqa tÕ toà poihtoà, Ö lšgei
kathgorîn poÚ tinoj, æj ¥ra poll¦ mn ºp…stato
œrga, kakîj dš, fhs…n, ºp…stato p£nta. (Alcibiade II 147 a-b)
“ chi possiede la cosiddetta conoscenza enciclopedica e politecnica , ma sia privo di questa scienza (del Bene), e venga spinto da ciascuna delle altre, non farà uso sostanzialmente di una grande tempesta senza un nocchiero, continuando a correre sul mare, non a lungo del resto? Sicché mi sembra che anche qui capiti a proposito quello che dice il poeta criticando uno che effettivamente sapeva molte cose ma le sapeva tutte male”.
Socrate procede dicendo che gli dei guardano se uno è pio e giusto Ósioj kaˆ d…kaioj 149d
E siccome sono inaccessibili ai doni, non si curano di offerte sontuose e, al pari degli uomini di giudizio, tengono soprattutto in onore la giustizia e il senno.
oƒ dš, ¤te oÙ dwrodÒkoi Ôntej, katafronoàsin ¡p£ntwn toÚtwn, éj fhsin Ð qeÕj kaˆ qeîn prof»thj. kinduneÚei goàn kaˆ par¦
qeo‹j kaˆ par' ¢nqrèpoij to‹j noàn œcousi dikaiosÚnh te
kaˆ frÒnhsij diaferÒntwj te timÁsqai·- (Platone, Alcibiade II, 150 a)
Il sapere migliore, il supremo dunque è quello della giustizia.
Cicerone
Veniamo quindi a Cicerone il quale nel De officiis scrive: “nihil honestum esse potest quod iustitia vacat. Praeclarum igitur illud Platonis” non inquit, solum scientia , quae est remota ab iustitia, calliditas potius quam sapientia est appellando, verum etiam animus paratus ad periculum, si sua cupiditate , non utilitate communi impellitur, audaciae potius nomen habet quam fortitudinis”, niente che sia privo di giustizia può essere onesto. Notevolissima è quella nota affermazione di Platone “non soltanto si deve chiamare astuzia piuttosto che sapienza quella che è lontana dalla giustizia, ma anche l’animo pronto al pericolo se viene spinto più dalla cupidigia che dal comune vantaggio, ha la qualifica di audacia piuttosto che di forza d’animo.
Cicerone utilizza il Menesseno e il Lachete di Platone. Vediamoli
Platone Menesseno 246 e-247a
Platone p©s£ te ™pist»mh cwrizomšnh
dikaiosÚnhj kaˆ tÁj ¥llhj ¢retÁj panourg…a, oÙ sof…a
fa…netai. , tutta , tutta la scienza, separata dalla giustizia, e dalle altre virtù appare come scelleratezza, non come sapienza.
La seconda parte utilizza il dialogo Lachete dove Nicia fa una distinzione fra gli atti audaci- qraseva che si accompagna alla sconsideratezza e quelli coraggiosi (ajndrei`a) che si associano all’intelligenza(197b-c)
Aggiungo il protagonista eponimo del dramma di Brecht Vita di Galileo il quale nell'ultima scena del dramma[1] afferma il dovere morale di rendere il sapere funzionale al bene dell'umanità:"Che scopo si prefigge il nostro lavoro? Non credo che la scienza possa proporsi altro scopo che quello di alleviare le fatiche dell'esistenza umana. Se gli uomini di scienza non reagiscono all'intimidazione dei potenti egoisti e si limitano ad accumulare sapere per sapere, la scienza può rimanere fiaccata per sempre, ed ogni nuova macchina non sarà fonte che di nuovi triboli per l'uomo"
Concludo tornando al De officiis di Cicerone il quale commenta la favola di Gige con queste parole: "quod honestum non est, id utile ut sit effici non potest, adversante et repugnante natura "(III, 78), ciò che non è onesto, non può essere reso utile, poiché la natura si oppone ed è contraria.
Ricordo, in maniera provocatoria, una stroncatura di Cicerone, molto venerato nella scuola ai miei tempi.
Parla il cavalier Tito Lenzi che sapeva fare bei discorsi:"io odio la retorica, vecchia bugiarda fanfarona, civetta con gli occhiali…Cicerone però, diciamo la verità, eloquenza, eloquenza, ma…Dio ne scampi e liberi, caro signore! Nojoso più d'un principiante di violino!"[2].
A me Cicerone non piace quanto Catullo o Seneca o Petronio o Tacito, tuttavia ho eseguito senza noia questa piccola raccolta di sue affermazioni avvicinandole ad alcune simili di Platone
Bologna 25 novembre 2022 ore 10, 11
giovanni ghiselli
p. s
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[1] Vita di Galileo, del 1957. Cito dalla traduzione di Emilio Castellani.
[2] Il fu Mattia Pascal (del 1904), capitolo IX n po’ di nebbia
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