domenica 6 novembre 2022

Tucidide. VI

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Traduzione e commento di I, 22, 3. Nietzsche su Tucidide e Platone
 
"Faticosamente si trovavano i fatti poiché quelli che erano presenti alle singole azioni non dicevano le medesime cose sui medesimi avvenimenti, ma secondo come ciascuno stava,  quanto alla simpatia- eujnoiva~-, per una parte o per l'altra, o quanto al ricordo”.
Tucidide dice di avere fatto ricerca perché le testimonianze di quanti avevano visto, ascoltato e riferivano erano discordanti tra loto.
La parzialità di questi testimoni, e l'ajkrivbeia (I, 22, 2) promessa da Tucidide, fanno venire in mente il sine ira et studio  di Tacito (Annales , I, 1). Una dichiarazione di  imparzialità già premessa  da Tacito alle precedenti Historiae: “incorruptam fidem professis neque amore quisquam et sine odio dicendus est” (I, 1), chi fa professione di veridicità inconcussa deve esprimersi si ciascuno mettendo da parte l’amore e senza odio.
 Mazzarino contesta l'imparzialità di Tucidide, almeno a proposito del racconto della fine di Cleone:"Lo storico che nel proemio dichiarava di volersi opporre all' eu[noia  o passionalità dei suoi informatori, scende, per un momento, fra i battibecchi dell'agorà e i tumulti del tribunale. Diventa uomo come noi; piccolo come noi." Ma questo è l'unico caso; anzi "un caso limite. In tutta l'opera tucididea, noi possiamo cogliere una deformazione, e persino falsificazione, dei fatti solo per ciò che riguarda la pretesa "tranquillità" di Cleone[1] ad Eione nel 422, implicitamente connessa con quella vicenda tracia del 424, che aveva inciso terribilmente nella storia di Atene, ma aveva straziato anche la vita di Tucidide esule ricchissimo e infelice. Il racconto tucidideo confina, in questo caso, con l'apologia e con la ritorsione"[2].
C’è da dire che l’imparzialità degli storiografi antichi funziona molto più con il nemico esterno che con quello interno, il nemico di classe come il cuoiaio Cleone rispetto all’aristocratico e grande proprietario Tucidide.    
  
Tucidide, il suo stile, e Nietzsche.
Diciamo poche cose sulla lingua di Tucidide poi lasciamo la parola agli antichi e a Nietzsche. Il dialetto dello storico è l'attico antico (ajrcaiva  jAtqiv") che presenta ss per tt, xuvn per suvn, rs per rr.
Non mancano ionismi che del resto fanno parte della lingua colta dell'Atene del V secolo e si trovano pure nella tragedia come nel Corpus Hippocraticum . Della sintassi è stata notata la concisione fin dall'antichità. Gli iperbati, gli anacoluti e la frequenza di espressioni astratte, come infiniti e participi neutri sostantivati, rendono la lettura non sempre agevole. La densità del contenuto del resto ci ripaga della fatica.
 
Ammiratore incondizionato di Tucidide, come di Machiavelli, di Tacito, e del realismo il quale fa apparire"più conveniente andare drieto alla verità effettuale della cosa, che alla immaginazione di essa"[3] è Nietzsche. Questa scelta  ha un correlativo stilistico.
 Riferisco una serie di osservazioni che trovo azzeccatissime. In Umano, troppo umano si legge:"Lo stile dell'immortalità . Tanto Tucidide quanto Tacito-entrambi hanno pensato, nel redigere le loro opere, a una durata immortale di esse: ciò si potrebbe indovinarlo, se non lo si sapesse altrimenti, già dal loro stile. L'uno credette di dare durevolezza ai suoi pensieri salandoli, l'altro condensandoli a forza di cuocerli; e nessuno dei due, sembra, ha fatto male i suoi conti. "[4]  
Un giudizio non lontano da quello di Quintiliano :"densus et brevis et semper instans sibi Thucydides "[5], denso, conciso e sempre presente a se stesso.
Cicerone nel De oratore[6] fa dire all’oratore Antonio che Tucidide supera tutti gli scrittori per pregi artistici: “qui ita creber est rerum frequentia, ut verborum prope numerum sententiarum numero consequatur, ita porro verbis est aptus et pressus, ut nescias, utrum res oratione an verba sententiis inlustraretur” (II, 56), egli che è tanto fitto per l’abbondanza di concetti  che con il numero dei pensieri quasi eguaglia quello delle parole, e per giunta è così appropriato e denso  con le parole che non sai se il concetto riceve luce dallo stile o le parole dai concetti
Nel Brutus[7]  (29)  Cicerone desume il carattere dell'eloquenza dei personaggi (Pericle, Cleone, Alcibiade, Crizia, Teramene) dell’opera di Tucidide dallo stile del suo autore:"Grandes erant verbis, crebri sententiis, compressione rerum breves et ob eam ipsam causam interdum suboscuri ", erano solenni quanto alle parole, ricchi di pensieri, concisi per la condensazione delle idee, e proprio per questo motivo qualche volta un poco oscuri.
La comprensione della densità di Tucidide è una sfida per l’intelligenza. L’impervietà del suo stile viene evidenziata da Murray.
“Nessuno storico moderno potrebbe mai modellare il suo stile su quello di Tucidide, così stranamente contorto”[8].  
Ma torniamo a Nietzsche.
 
Nel Crepuscolo degli idoli [9] lo storiografo greco è indicato addirittura come terapia contro “ogni platonismo”:" Il mio ristoro, la mia predilezione, la mia terapia  contro ogni platonismo è sempre stato Tucidide . Tucidide e, forse, Il Principe  di Machiavelli mi sono particolarmente affini  per l'assoluta volontà di non crearsi delle mistificazioni e di vedere la ragione nella realtà - non nella "ragione", e tanto meno nella "morale" (...) In lui la cultura dei sofisti , voglio dire la cultura dei realisti  giunge alla sua compiuta espressione : questo movimento inestimabile, in mezzo alla truffa morale e ideale delle scuole socratiche prorompenti allora da ogni parte. La filosofia greca come décadence  dell'istinto greco: Tucidide come il grande compendio, l'ultima rivelazione di quella forte, severa, dura oggettività che era nell'istinto dei Greci più antichi. Il coraggio di fronte alla realtà distingue infine nature come Tucidide e Platone: Platone è un codardo di fronte alla realtà-conseguentemente si rifugia nell'ideale; Tucidide ha il dominio di -tiene quindi sotto il suo dominio anche cose".
Per giunta in Aurora  leggiamo:" Un modello . Che cosa amo in Tucidide, che cosa fa sì che io lo onori più di Platone? Egli gioisce nella maniera più onnicomprensiva e spregiudicata di tutto quanto è tipico negli uomini e negli eventi, e trova che ad ogni tipo compete un quantum di buona ragione : è questa che  egli cerca di scoprire. Egli possiede più di Platone una giustizia pratica: non è un denigratore e un detrattore degli uomini che non gli piacciono, o che nella vita gli hanno fatto del male...rivolge lo sguardo soltanto ai tipi; che cosa se ne farebbe, poi, l'intera posterità cui egli consacra la sua opera di ciò che non è tipico? Così in lui, pensatore di uomini, giunge alla sua estrema, splendida fioritura quella cultura della più spregiudicata conoscenza del mondo  che aveva avuto in Sofocle il suo poeta, in Pericle il suo uomo di stato, in Ippocrate il suo medico, in Democrito il suo scienziato della natura: quella cultura che merita di essere battezzata col nome dei suoi maestri, i Sofisti "[10].
 
L’ammirazione di Nietzsche si estende anche a Sallustio che per certi aspetti, soprattutto formali, può essere considerato un allievo di Tucidide: “Scrivere in una sola notte una lunga dissertazione in latino e poi anche ricopiarla, mettendo nella penna l’ambizione di imitare il rigore e la densità del mio modello Sallustio”[11].
Tucidide ha in comune con Ippocrate il metodo che inaugura la scienza moderna la quale “avanza una ‘spiegazione’ solo dopo avere compiuto tutte le verifiche che le sono permesse dai procedimenti sperimentali di cui dispone: ammette che il suo discorso possa essere a sua volta soppiantato da un discorso meglio attrezzato; è dunque pronta a concepire quanto afferma come una delle tante interpretazioni possibili”[12].

 
Bologna 6 novembre 2022 ore 18, 10
p. s.

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[1]Tucidide, V, 6, 2:"aujto;" hJsuvcaze perimevnwn ejn th'/ jHiovni", egli(Cleone) rimaneva tranquillo senza muoversi da Eione.
[2]Mazzarino, Il Pensiero Storico Classico , I vol., p. 255.
[3]Machiavelli Il Principe , XV.
[4]II,  Parte seconda, Il viandante e la sua ombra, 144  
[5]Institutio oratoria , X, 73.
[6] Dialogo in tre libri dedicato al fratello Quinto. Fu composto tra il 56 e il 55 a. C.
[7] E’ una storia dell’oratoria romana in forma di dialogo  composta nel 46 a. C.
[8] G. Murray, Le origini dell’epica greca, p. 14.
[9]Quel che debbo agli antichi , 2.
[10] Libro terzo, 168.
[11] Ecce homo, Perché sono così accorto, 1.
 
[12] J. Starobinski, Tre furori, p. 97.

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