Solo i polpacci conservavano i muscoli belli dell’antico agonismo.
Sopra il costume dunque indossai dei calzoni che li lasciavano vedere, mentre alzai la cintola fino sopra la vita larga per nascondere almeno in parte il ventre obbrobrioso e da nemico di me stesso: ne avevo vergogna e rimorso. Quindi mi avviai in direzione della piscina. Attraversai di nuovo il bosco pieno di ombre, di enigmi non ancora risolti, e varcai il laghetto camminando adagio sul ponticello che, invece era assolato e cominciava a essermi familiare.
Un chiaro punto di riferimento in quell'intrico boschivo insomma.
La piscina di Debrecen allora era bella, grande, ricca di alberi, prati, cespugli, fiori, chioschi e, naturalmente, di vasche. Queste avevano l’acqua fredda, o tiepida, o calda fino a scottare. Erano rettangolari, o circolari; grandi, piccole e medie; alcune avevano un trampolino per i tuffi, altre le onde artificiali per il gioco dei bambini, in altre ancora si poteva soltanto nuotare.
Insomma era un bel luogo, attrezzato bene, pulito, confortevole, quasi gratuito e frequentato da persone rispettose le une delle altre.
Quando ci sono tornato 45 anni più tardi, in bicicletta, illudendomi di ritrovarlo qual era, vidi invece con dispiacere che, quel giardino d’estate aperto al popolo di Debrecen, era diventato parte di un albergo, ed era stato completamente modificata in peggio: privo di vegetazione, di giochi per bambini, di varietà di vasche: da luogo di incontro e svago popolare quasi gratuito, era stato ridotto a ritrovo squallido e costoso di borghesucci pretensiosi, trasformato in merce e affare volgare.
Brutto assai dunque anche se non tanto quanto l’Hungaria ridotto a MacDonald. Nel 2011 era caduto già da diversi anni il muro che separava due Europe diverse.
Bologna 26 novembre 2022 ore 9, 52
giovanni ghiselli
p. s.
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