NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

LE NUOVE DATE! Protagonisti della Storia Antica | Biblioteche Bologna   -  Tutte le date link per partecipare da casa:    meet.google.com/yj...

lunedì 28 novembre 2022

Gilbert Murray e le Baccanti di Euripide.


 

  G. Murray, Euripides and His Age, London Williams & Norgate, 1913.

 

G. Murray, Euripide e i suoi tempi , trad. it. Laterza, Bari, 1932.

 

There never was a great play so steeped immerso in tradition as the Bacchae. The Bacchae is not free invention ; it is tradition.

The poet cannot simply and without a veil velo to state his own views ; he can only let his own personality shine  through the dim fosca curtain in front of which his puppets act their traditional parts and utter their appropriate sentiments”(p. 183), non c’è mai stato un grande dramma così immerso nella tradizione come le Baccanti; esso è tradizione.

Il poeta non può semplicemente e senza un velo dichiarare I suoi punti di vista; egli può solo lasciare che la sua personalità brilli attraverso la fosca cortina davanti alla quale i suoi pupazzi recitano la loro parte tradizionale e pronunciano i loro appropriati sentimenti.  

Più avanti, a proposito degli spostamenti di simpatia che si possono provare durante lo svolgimento delle Baccanti , Murray scrive:

 This bewildering shift of sympathy is common in Euripides. We have had it before in such plays as the Medea and Hecuba :oppression generates revenge, and the revenge becomes more horrible than the original oppression. In these plays the poet offers no solution. He gives us only the bitterness of life and the unspoken non descritte"tears that are in things”. (p. 187), questo sconcertante spostamento di simpatia è comune in Euripide. Lo troviamo in drammi come la Medea e l’Ecuba: l’oppressione genera vendetta e la vendetta diventa più orribile dell’originaria oppressione. In questi drammi il poeta non offre soluzione. Egli ci dà solo l’amarezza della vita e le silenziose “lacrime che sono nelle cose”

 Quindi Murray confuta chi interpreta le Baccanti come un atto di contrizione di Euripide: “The veteran free-lance of thought,the man who had consistently denounced and ridiculed all the foul old stories of mythology, now saw the error of his ways and was returning

to orthodoxy. Such a view strikes us now as almost childish in its incompetence. Yet there is, I think, a gleam of muddled truth somewhere behind it.

There was no repentance; there was no return to orthodoxy ; nor indeed was there, in the strict sense, any such thing as "orthodoxy "to return to.

For Greek religion had no creeds. But there is, I think, a rather different attitude towards the pieties of the common man. It is well to remember that, for all his lucidity of language, Euripides is not lucid about religion. His general spirit is clear : it is a spirit of liberation, of moral revolt,

of much denial diniego ; but it also a spirit of search and wonder and surmise.He was not in anysense a" mere " puro rationalist. (p. 189)

Il vecchio libero professionista del pensiero, l’uomo che ha consistentemente denunciato e ridicolizzato tutte le vecchie storie stantie di mitologia, ora ha visto l’errore dei suoi percorsi e sta tornando all’ortodossia. Tale visione ci colpisce ora come quasi infantile nella sua incompetenza. Eppure c’è, penso, un barlume di confusa verità da qualche parte dietro di essa. Non c’è pentimento; non c’è ritorno all’ortodossia; non c’era infatti là, in senso stretto, alcuna cosa come l’ortodossia cui tornare. Poiché la religione greca non ha credi. Ma c’è, io penso, un atteggiamento alquanto differente verso la devozione dell’uomo comune. E’ bene ricordare che, con tutta la sua lucidità di linguaggio, Euripide non è lucido riguardo alla religione. Il suo spirito generale è chiaro. È uno spirito di liberazione, di rivolta morale, di grande diniego; ma è anche uno spirito di ricerca e meraviglia e congettura. Egli non era in nessun senso un “puro” razionalista. 

E più avanti: “

We find in his plays the rule of divine justice often asserted, sometimes passionately denied ; and one tragedy, the Bellerophontes, is based on the denial. It is in a fragment of this play that we have the outcry of some sufferer his religion.

“Doth any feign there is a God in heaven ?

There is none, none !”

And afterwards the hero, staggered by the injustice of things, questions Zeus himself and is, for answer, blasted by the thunderbolt.

A clearer form of this same question, and one which vexed  the age a good deal, was to ask whether or no the world is governed by some

great Intelligence or Understanding (" Sunesis"), or, more crudely, whether the gods are"sunetoì.” (pp. 191-192)

noi troviamo nei suoi drammi il governo della divina giustizia spesso affermato, talora appassionatamente negato, e una tragedia, il Bellerofonte, è basata sulla negazione. E’ in un frammento di questa tragedia che noi abbiamo la protesta di uno che soffre la sua religione: “Qualcuno finge che c’è dio nel cielo? Non c’è, non c’è!

In segiuito l’eroe, sconcertato dall’ingiustizia delle cose,interroga Zeus stesso, e viene, per risposta, fatto esplodere dal fulmine. Una forma più chiara di questa stessa domanda, una che tormentò l’età un bel po’, era chiedere se il mondo è o no governato da qualche grande  Intelligenza o forma di Comprensione (Suvnesi~), o, più semplicemente, se gli dèi sono sunetoiv, intelligenti.  

La risposta è che Euripide alterna momenti di pessimismo ad altri di relativo ottimismo. Vediamo alcuni esempi

Nell’Eracle (416-414) Il Coro di vecchi tebani, nel secondo Stasimo, canta: “Se gli dèi avessero intelligenza e sapienza (xuvnesi"-kai; sofiva), riguardo agli uomini, donerebbero una doppia giovinezza (divdumon h{ban) come segno evidente di virtù a quanti la posseggono, e, una volta morti, di nuovo nella luce del sole (eij" aujga" pavlin aJlivou), percorrerebbero una seconda corsa, mentre l’ignobiltà (aJ dusgevneia) avrebbe una sola possibilità di vita” ( Eracle,  vv.661-669).

 

 

Nell'Ecuba   (423 ) troviamo alcune tematiche ricorrenti in Euripide: il rapporto tra natura e cultura, visto in questo caso con un certo pessimismo pedagogico: l'indole, come aveva già affermato Pindaro[1]non cambia attraverso l'educazione , sebbene anche questa abbia la sua importanza:"Certo questo è strano: se la terra è cattiva, ma ottiene buone opportunità da un dio, produce buona spiga, mentre se è buona, ma non ottiene quanto deve ottenere, dà cattivi frutti; tra gli uomini invece il malvagio non può essere nient'altro che cattivo, mentre il buono è buono, né per una disgrazia guasta la sua natura, ma rimane sempre onesto. Dunque i genitori contano più o l'educazione? Certamente anche essere educati bene, porta insegnamento di onestà; e se uno ha imparato questa, sa che cosa è turpe, avendolo imparato con la norma della virtù"( Ecuba, vv. 593-602).

 

Nelle Supplici (422), leggiamo invece l'espressione di un incondizionato ottimismo pedagogico, forse per il fatto che si stava preparando la pur malsicura pace di Nicia: Adrasto fa l'elogio funebre dei sette caduti nella guerra contro Tebe poi, rivolgendosi direttamente a Teseo, il Pericle in vesti eroiche, conclude:"Non ti stupire dopo quanto ho detto, Teseo, che questi abbiano avuto il coraggio di morire davanti alle torri. Infatti essere educati non ignobilmente comporta il senso dell'onore: e ogni uomo che ha esercitato la virtù si vergogna di diventare vile. Il coraggio è insegnabile (eujandriva didaktovn ), se è vero che il bambino impara a dire e ad ascoltare quello di cui non ha cognizione. E quello che uno abbia imparato, suole conservarlo fino alla vecchiaia. Così educate bene i vostri figli"( Supplici, vv.909-917). 

 

Torniamo a Murray Euripide e i suoi tempi

his own feeling may, perhaps, be expressed by

a line in the Orestes Douleuvomen qeoi`~, o{ ti pot j eijsi;n qeoiv v.418) :

 We are slaves of gods, whatever gods may be.

That is, there are unknown forces which

shape formano or destroy man's life, and which may be conceived as in some sense personal. But

morally, it would seem, these forces are not

better, but less good, than man, who at least

loves and pities and tries to understand. Such

is the impression, I think, left on readers of

the Bacchae, the Hippolytus or the Trojan

Women.

 

Euripides was always a rejecter -uno che rifiuta- of the Laws

of the Herd. (p. 193)

He was in protest against its

moral standards norme, its superstitions and follies,its social injustices ; in protest also against its worldliness carattere mondano and its indifference to those things which, both as a poet and a philosopher,he felt to be highest  And such he remainedthroughout his life. But in his later years the direction of his protest did, I think, somewhatchange. (p.194)

In the Athens of Melos and the

Sicilian expedition there was something that

roused provocò his aversion far more than did the mere ignorance of a stupid Greek farmer. It was

a deeper" ajmaqiva" a more unteachable ineducabile

brutality. The men who spoke in the Melian

Dialogue were full of what they considered

"Sophia." It is likely probabile enough that they

conformed carefully to the popular religious

prejudices—such politicians always do- : but

in practice they thought as little of

"the gods"as the most pronounced marcato sceptic could wish.

They had quite rejected rifiutato such unprofitable non remunerativi ideals as

"pity and charm fascino of words and the generosity of strength," to which the

simple man of the old times had always had

the door of his heart open.

 They were haunters frequentatori assidui of the market-place, mockers derisori at all simplicity,

close pursuers inseguitori of gain profitto and revenge :rejecters negatori, the poet might feel in his bitterness, both of beauty and of God. And theHerd, gregge as represented by Athens, followed

them. Il gregge insomma segue questi capi cinici.

 

Like other ideal democrats he turned

away from the actual Demos, which surrounded

him (and howled him down lo disapprovava ululando) , to a Demos of his imagination, pure and uncorrupted, in which the heart of the natural man should speak. His later plays break out esplodono more than  (p.195) once into praises lodi of the unspoiled incontaminato countryman,neither rich nor poor, who works with his own arm and whose home is"the solemn mountain " not the city streets (c/. especially Orestes, 920 aujtourgov~, as contrasted with 903 ff. ;also the Peasant in the Electra ; also Bac,717).

 

Nell’Oreste prima del coltivatore parla un ajnhvr ajqurovglwsso~ (v. 903).E’ un personaggio negativo che probabilmente allude a Cleofonte, l’ultimo grande demagogo della guerra del Peloponneso, contrario alla pace  : “ajnhvr ti~ ajqurovglwsso~, ijscuvwn qravsei,- jArgei'o~ oujk jArgei'o~, hjnagkasmevno~,-qoruvbw/ te pivsuno~ kajmaqei' parrhsiva/ ” (vv. 903-905), un uomo dalla bocca sempre aperta (lett. “senza porta”), forte della sua arroganza, Argivo non Argivo, impostosi con la forza, fidente nel tumulto e in una brutale licenza di parola. Ebbene costui propose la lapidazione di Elettra e di Oreste.

 

Il contadino marito di Elettra, solo di nome, è pevnh~ ajnh;r gennai`o~ (v. 253), un uomo povero ma nobile. Discendeva da veri Micenei, ma poveri, per cui la razza si perde.   

 

Nelle Baccanti dà cattivi consigli ti~ plavnh~ kat j a[stu kai; trivbwn lovgwn (717).

 E un vagabondo della città, uno consumato nei discorsi

disse a tutti:" o voi che abitate i sacri

pascoli dei monti, volete che andiamo a caccia

di Agave la madre di Penteo e la togliamo

dalle orge e facciamo cosa gradita al re?”


 

 

In the Bacchae we have not only

several denunciations—not at all relevant to

the main plot trama—of those whom the world calls

' wise "; we have the wonderful chorus about

the fawn cerbiatto escaped from the hunters, rejoicing in the green and lonely places where no pursuing inseguitrice voice is heard

Terzo stasimo

 Nelle danze dunque che durano tutta la notte 862

finalmente porrò il bianco

piede in preda al furore bacchico, lanciando

la gola verso l'aria rugiadosa,

come una cerbiatta che gioca 866

tra i verdi piaceri di un prato,

quando sia sfuggita alla spaventosa

caccia, fuori dall'appostamento,

sopra le reti bene intrecciate,

e il cacciatore aizzando con grida

esaspera la corsa dei cani; 872

e con fatiche e tempeste dalle corse

veloci salta per la pianura

lungo il fiume, godendo

dei luoghi deserti dagli uomini  e dei

virgulti della selva dall'ombrosa chioma. 876

 

Murray p.196 He who most

loves the ideal Natural Man, seldom agrees

with the majority of his neighbours. But

for the meantime the poet is wrapped involto up in

another war, in which he and religion and

nature and the life of the simple man seem to

be standing on one side against a universal

enemy.

I am not attempting to expound the whole

meaning of the Bacchae. I am only suggesting

a clue traccia by which to follow it. Like a live thing it seems to move and show new faces every

time that, with imagination fully working,

one reads the play.

 (p.197) to produce the Bacchae :

the peculiar state of Athens, the poet's ecstasy

of escape from an intolerable atmosphere, the

simple Homeric life in Macedonian forests

and mountains, and perhaps even the sight

of real Bacchantes dancing there. But it

may be that the chief factor is simply this.

Euripides was both

a reasoner and a poet. The two sides of his

nature sometimes si scontrarono clashed and sometimes blendedSi armonizzarono.

 

Bologna 28 novembre 2022 ore 19, 22

giovanni ghiselli

p. s.

Statistiche del blog

Sempre1297545

Oggi165

Ieri242

Questo mese7579

Il mese scorso7472

 



[1]  Nella Seconda Olimpica , :" saggio è chi sa molto per natura", v. 86.

Nessun commento:

Posta un commento