Dodds vede in Euripide addirittura “il principale rappresentante dell’irrazionalismo del V secolo : “Euripides remains for us the chief representative of fifth-century irrationalism; and herein, quite apart from his greatness as a dramatist, lies his importance for the history of Greek thought”[1], e in questo, del tutto a parte dalla sua grandezza come drammaturgo, sta la sua importanza per il pensiero greco.
La Parodo delle Baccanti (vv. 64-167) rende un'idea del dionisiaco, della rinuncia alla identità personale, dell'alternativa all'apollineo come principium individuationis e volontà di potenza, dà un’idea del tuffarsi nei flutti del misticismo ed entrare in comunione con la natura, imitando Dioniso. “Così come c’è una Imitazione di Cristo, ci fu anche una imitazione di Dioniso, che venne chiamata letteralmente “imitazione”-oJmoivwsi~ pro;~ to;n qeovn-, la quale consisteva nel “perdere la testa”, dimenarsi, ammattire: maivnesqai, bakceuvein”[2].
Parodo delle Baccanti
Parodo vv. 64-169.
vv. 64-71. Proodo. “Il canto della parodo viene introdotto dal proodo, secondo un modulo già utilizzato da Euripide nella parodo della Medea (vv. 131 sgg.) e in quella dell’Elena (vv. 164-166: qui il proodo è eseguito dall’attore)”[3]. Nel proodo prevalgono i dimetri e i trimetri ionici.
“La tradizione ci ha conservato più di una tragedia in cui il coro aveva un ruolo essenziale…il coro delle menadi lidie è, nelle Baccanti, il simbolo stesso della nuova religione che Dioniso cerca di introdurre a Tebe”[4].
La Parodo delle Baccanti costituisce “una sorta di catechismo dionisiaco”[5].
"Dalla terra d'Asia
lasciato il sacro Tmolo metto in rapido movimento 65
per Bromio una fatica dolce e uno sforzo che dà forza,
celebrando Bacco con grida di evoè.
Chi è per strada, chi è per strada, chi?
Stia in casa fuori da questo luogo, e ognuno
Consacri la bocca che serba religioso silenzio: 70
io infatti celebrerò Dioniso
secondo il rito in uso, sempre.
vv. 72-87=88-104 prima strofe-prima antistrofe.
“La strofe e l’antistrofe sono in responsione, hanno cioè la medesima struttura metrica. Questa corrispondenza doveva non solo trovare fondamento nella ripetizione di una stessa partitura musicale, ma tradursi spesso anche nella iterazione dei medesimi movimenti orchestici da parte dei coreuti. Appunto a ciò sembra alludere la stessa nomenclatura in uso presso le nostre fonti: durante la strofe i coreuti avrebbero volto i loro passi in una direzione (strevfein= “volgere”) , durante l'antistrofe nella direzione opposta (ajntistrevfein= "volgere in senso contrario"). Non di rado alla coppia strofe-antistrofe si aggiungeva una sezione complementare, l'epodo": si realizzava così la struttura triadica. In alcune tragedie la coppia strofica appare preceduta da un "proodo" : un sistema anapestico affidato al recitativo del corifeo oppure una strofe lirica cantata dal coro o da un attore, o realizzata da entrambi attraverso un duetto"[6].
Qui prevalgono il dimetro ionico e il dimetro coriambico.
Str a. O
beato colui che va d’accordo con se stesso
e conoscendo i misteri degli dèi
santifica la vita e
entra nel tiaso con l'anima, 75
baccheggiando nei monti
con sacre purificazioni,
e celebrando secondo il rito
il culto della grande madre Cibele
alto scuotendo il tirso, 80
e incoronato di edera
venera Dioniso.
Andate Baccanti, andate Baccanti,
a ricondurre Dioniso
il dio Bromio figlio di dio 85
dai monti Frigi
alle contrade dagli ampi
spazi dell'Ellade, il Bromio;
ant a. lui che
un giorno la madre nelle dolorose
necessità del parto
mentre volava il fragore di Zeus 90
generò espulso dal ventre
lasciando la vita per un colpo del fulmine;
ma subito lo accolse
nei talami puerperali Zeus Cronide, 95
e celatolo nella coscia
lo tiene stretto con fibbie d’oro
nascoltolo a Era. 98
-E lo diede alla luce, quando le Moire
lo ebbero compiuto, il dio dalle corna di toro, 100
e lo incoronò con corone
di serpenti, per cui le menadi
intrecciano ai ricci
la preda selvaggia.
vv. 105-119= 120-134: seconda strofe-seconda antistrofe.
Il dimetro coriambico prevale ma si alterna con gliconei e dattili: “the last-named describe the rush of the dancers to the mountains (116-7); and in general the excited and swiftly changig rhythms seem to reflect, as Deichgräber observes, the Dionysiac unrest”[7], questi (i dattili) descrivono il movimento precipitoso dei danzatori verso il monte (116-7) e in generale i ritmi eccitati che cambiano rapodamente sembrano riflettere, come osserva Deichgräber, l’agitazione dionisiaca
Str. b O Tebe nutrice di
Semele, incorònati di edera; 106
pullula, pullula di verdeggiante
smilace dal bel frutto
e baccheggia con i rami
di quercia o di abete, 110
e adorna l'indumento delle
nebridi screziate con ciocche di ricci
dal bianco pelo; e intorno ai tirsi violenti,
santìfìcati: presto tutta la terra danzerà.
Bromio è chiunque guidi i tiasi. 115
Verso il monte verso il monte, dove aspetta
la turba delle donne
lontana da telai, via da spole
rese furiose dall’assillo di Dioniso. 119
ant b. O sede riposta dei Cureti
e sacrosanta dimora
di Creta dove nacque Zeus,
dove i Coribanti dal triplice cimiero
negli antri inventarono per me 125
questo cerchio di pelle tesa;
e nell'orgia bacchica lo mescolarono
al soffio concorde dal dolce suono
dei flauti frigi, e lo misero in mano
della madre Rea, fragoroso accompagnamento alle grida delle menadi;
e Satiri frenetici 130
lo ottennero dalla dea madre,
e lo congiunsero alle danze
delle feste biennali,
delle quali gioisce Dioniso.
Epodo. vv-135-169.
Dodds segnala la difficile definizione del metro, specie nella prima parte . “Poi i ritmi del gliconeo (154-156) avviano al galoppo finale senza respiro dei peoni (- + + + ) e dattili nei quali è descritta la corsa impetuosa delle menadi”[8].
E’ cosa dolce nei monti, quando dai tiasi in corsa
si cade a terra, indossando 136
il sacro indumento della nebride, cacciando
il sangue del capro ucciso, gioia di mangiare la carne cruda, lanciandosi sui monti frigi, lidi, e il capo è Dioniso, 140
evoè.
Scorre di latte il suolo, scorre di vino, scorre del nettare
delle api.
Bacco sollevando 145
la fiamma ardente
dalla torcia di pino
come fumo di incenso di Siria
si slancia con la corsa e
con danze eccitando le erranti
e con grida spingendole,
e scagliando nell'aria la molle chioma. 150
E insieme con urla di evoè grida così:
"O andate Baccanti,
andate Baccanti,
con lo splendore dello Tmolo aurifluente,
cantate Dioniso 155
al suono dei timpani dal cupo tono,
celebrando con urla di evoè il dio dell'evoè
tra grida e strepiti frigi
quando il sacro flauto melodioso 160
freme sacre canzoni giocose, accordati
alle erranti verso il monte, verso il monte: felice 165
allora, come puledra con la madre
al pascolo, muove il piede rapido, a balzi, la baccante
Il suono cupo di questi strumenti delle Baccanti: i tuvmpana baruvbroma (v. 156) i tamburi dal suono cupo e i lwtoiv i flauti (v. 160) eccitava i sensi; non aveva intervalli regolari come quello degli strumenti a corde che invece stimolava la riflessione.
Il suono del tamburo è considerato centrale anche dal professore di greco Adolph Cusins, il fidanzato di Barbara, maggiore dell’esercito della salvezza nella commedia di Bernard Shaw Maggiore Barbara. Egli dice al futuro suocero, il padre di Barbara, ricchissimo fabbricante di armi: “You do not understand the Salvation Army. It is te army of joy, of love, of courage…It takes the poor professor of Greek, the most artificial and self-suppressed of human creatures, from his meal of roots, and lets loose the rhapsodist in him; reveals the true worship of Dionysos to him; sends him down the public street drumming dithyrambs”[9], Tu non capisci l’Esercito della Salvezza. E’ l’esercito della gioia, dell’amore, del coraggio…Porta via il povero professore di Greco, la più artificiale e autorepressa delle creature dal suo pasto di radici, e libera il rapsodo che è in lui; rivela in lui il vero cultore di Dioniso; lo manda nella pubblica strada a tambureggiare ditirambi.
Lo sviluppo dell'arte ellenica è legato alla duplicità di questi due istinti artistici, alla loro tensione dialettica e alla loro sintesi nella tragedia. Nietzsche divide la cultura greca antica in grandi periodi artistici determinati dalla lotta di questi due principi avversi:"dall'età del bronzo, con le sue titanomachie e la sua aspra filosofia popolare si sviluppò, sotto il dominio dell'istinto di bellezza apollineo, il mondo omerico", poi "questa magnificenza "ingenua" venne di nuovo inghiottita dal fiume irrompente del dionisiaco", quindi "di fronte a questa nuova potenza l'apollineo si elevò alla rigida maestà dell'arte dorica e della visione dorica del mondo".
Infine abbiamo la tragedia attica "come la meta comune dei due istinti, il cui misterioso connubio si è glorificato, dopo una lunga lotta precedente, in una tale creatura che è insieme Antigone e Cassandra"[10].
Le Baccanti hanno avuto interpretazioni contrastanti: secondo alcuni sono la palinodia dell'autore che torna alla religione dopo il razionalismo e per la stanchezza postfilosofica; secondo altri costituiscono un'ulteriore condanna della religione.
La prima lettura si fonda in buona parte sui versi del primo Stasimo (vv. 370-432). Sembra una scelta delle credenze popolari, contro il reo dolor che pensa, i sofismi e il pretenzioso sapere degli intellettuali (386-402)
Vediamo la prima antistrofe
Ant. a Di bocche senza freno
di follia senza misura
il termine è sventura;
mentre la vita
della tranquillità e il comprendere 390
rimangono al riparo dai flutti
e tengono unite le case: da lontano infatti i celesti,
pur abitando l’etere,
vedono comunque gli atti dei mortali.
Il sapere non è sapienza 395
né avere la pretesa di comprendere fatti non mortali.
Breve è la vita: per questo
uno che insegue grandi fantasie
non può conseguire quello che c’è. Questa 400
è la direzione, almeno secondo me, di uomini
dissennati e sconsigliati.
Bologna 29 novembre 2022 ore 10, 16
giovanni ghiselli
p. s.
Statistiche del blog
Sempre1297704
Oggi93
Ieri231
Questo mese7738
Il mese scorso7472
[1] Dodds, Euripides the irrationalist in The ancient concept of progress, p. 90.
[2] J. Ortega y Gasset, Idea del teatro, p. 86.
[3] Di Benedetto, Op. cit., p. 507.
[4] Di Marco, Op. cit., p. 176.
[5] G. Guidorizzi, Euripide Baccanti, p. 18
[6] Di marco, Op. cit., p. 173.
[7] Dodds, Op. cit., p 73.
[8] Dodds, Op. cit., p 73.
[9] Major Barbara, Act II rappresentata la prima volta nel 1905.
[10] F. Nietzsche, La nascita della tragedia, p. 39.
Nessun commento:
Posta un commento