venerdì 18 novembre 2022

L’apprendistato di giovanni ghiselli. XVI parte. Il prato tra i collegi. Le ragazze sull’erba

 PER VISUALIZZARE IL GRECO SCARICA IL FONT HELLENIKA QUI E GREEK QUI 



Non mi guardavano le giovani donne, ma io le guardavo lo stesso. Mi venne in mente “non io, non già ch’io speri vi ricorro allo sguardo” 1, ma ricacciai presto il pensiero malato e lo corressi con il farmaco buono  che Fulvio, Luigi e Danilo mi avevano donato trattandomi da ragazzo, non da mostro, anzi quasi da amico.
 
Guardavo le femmine umane e pensavo: “la terra è in mezzo alle stelle e qui sulla terra ci sono tali creature variopinte come la vita, profumate non meno dei fiori che costellano i prati. Non cederò, non rinuncerò mai alla speranza di partecipare a tanta bellezza, a tanta grazia di Dio.
Mi erano venute in mente di nuovo queste due parole, già citate, del’irriducibile eroe figlio di Tetide,  ouj lhvxw, “non cederò” 2.
 Stava diventando il mio motto. 

Sul prato davanti al collegio si trovava  un bel gruppo di fanciulle disposte in cerchio. Erano giovani femmine umane policrome poiché avevano non solo gli abiti estivi variopinti con diversi colori, ma di colori diversi avevano pure i capelli folti e le epidermidi, pur tutte lisce e splendidamente abbronzate.
Sembravano figure scolpite in un fregio.
Le ragazze sedute o distese, o inginocchiate, o erette sull’erba venivano da varie parti d’Europa: dalla gelida Scandinavia, dalle grandi distese sarmatiche, dalle bianche, piovigginose scogliere del nord, dalle calde, brunite terre lambite dal mare nostro solare. “Diverse - pensai - ma belle son tutte kalai; de; pa'sai 3, creature di gioia e di poesia”.
Quel prato così variegato dalle ragazze e illuminato con forza dai raggi del sole, quel verde screziato dai fiori, perfino le dense e brevi ombre meridiane stampate dalle fanciulle stesse, dai bassi cespugli e dalle alte querce, alberi antichi, di maestà dodonèa, vocali e profetici quando le foglie venivano mosse da un  vento di paradiso che accarezzava i capelli di quelle fanciulle, folti simili ai fiore del croco o del giacinto 4, tutto quel luogo insomma sarebbe diventato nella memoria mia il recinto sacro del mito, della poesia di Debrecen e della mia gioventù.
Lì avrei giocato a palla e mi sarei abbronzato a mezzo il giorno dopo le ore di lezione, lì avrei cantato con gli amici  cari e le amiche preziose sotto la luna rugiadosa che cospargeva di perle le nostre teste contente, di lì avrei guardato le donne belle e fini che volevo tutte per me: Helena, Kaisa, Paivi, prima con ansia, poi rassicurato dal loro comportamento, con gratitudine a Dio, a me stesso e soprattutto a quelle creature. Ed ero felice.
Mi sarei trasformato da mostro a uomo umano, da larva a una potenza benefica collocandomi dove potevo essere più utile agli altri.
 
Ma  questa meravigliosa situazione dovevo provocarla e costruirla con il tempo utilizzando le occasioni, impiegando l’intelligenza e la volontà.


Bologna 18 novembre 2022 ore 20, 02.
Giovanni ghiselli

p. s
Statistiche del blog
Sempre1294704
Oggi200
Ieri291
Questo mese4738
Il mese scorso7472

--------------
1Cfr. Leopardi La sera del dì di festa,  20
2 Omero Iliade, XIX, 423.
3Odissea, VI, 108
4Cfr. Odissea, VI; 229-231
 

 

Nessun commento:

Posta un commento

Ifigenia CLVII. Il teatro di legno, la puszta e la csárda

.   Nella O di legno [1] del teatro   dunque l’anno seguente a questo che sto raccontando la mia giovane amante avrebbe pregato. Ch...