0).
Medea
Care, già da un pezzo mentre attendo la sorte
sto a vedere dove andranno a finire le cose di là.
Ecco ora ho visto questo che viene avanti
tra i satelliti di Giasone: il respiro affannato
indica che annuncerà una nuova sciagura. 1120
Messaggero
<O tu che hai compiuto un'azione terribile contraria a ogni legge>,
Medea, fuggi fuggi, non tralasciando
un veicolo marino né un cocchio che calca il suolo.
Medea
Che cosa mi succede che meriti questa fuga?
Messaggero
E' morta poco fa la principessa reale
e Creonte che l'ha generata, per i tuoi veleni.
Medea
Hai portato una notizia bellissima, e d'ora in avanti
sarai tra i miei benefattori e amici.
Messaggero
Che cosa dici? Pensi rettamente e non sei impazzita, donna,
tu che dopo avere sconciato il focolare dei padroni
ti rallegri a udire orrori siffatti e non hai paura?
Medea
Ho anche io qualche cosa da dire contro
le tue parole. Ma non avere fretta, amico,
e racconta: come morirono? Infatti mi rallegreresti
due volte, se sono morti in maniera orribile. 1135
Messaggero
Dopo che la duplice prole dei tuoi figli giunse
con il padre e furono entrati nelle stanze della sposa,
gioimmo noi servi che soffrivamo per i tuoi mali;
per le orecchie subito si aggirava frequente il discorso
che tu e lo sposo avevate composto la contesa di prima. 1140
Uno bacia la mano, un altro il biondo capo
dei bambini; e anche io per la gioia
seguii i tuoi figli dentro le stanze delle donne.
La padrona che ora onoriamo al posto tuo,
prima di scorgere la coppia dei tuoi figli,
teneva lo sguardo appassionato diretto su Giasone;
poi però si coprì gli occhi
e girò indietro, dalla parte opposta, la candida guancia,
provando ribrezzo per l'ingresso dei bambini. Allora il tuo sposo
cercava di eliminare l'ira e la rabbia della ragazza 1150
dicendo queste parole:" non sarai benevola verso chi ti è amico,
e porrai fine al rancore, e volgerai di nuovo il capo,
considerando amici appunto quelli del tuo sposo,
e accetterai i doni e chiederai a tuo padre
di condonare l'esilio a questi bambini per amor mio?"
E quella, come volse lo sguardo sugli ornamenti non si trattenne,
ma promise tutto al marito e prima che fossero
molto lontani dalla reggia il padre con i tuoi figli,
preso il peplo variopinto, lo indossò,
e postasi la corona d'oro intorno ai riccioli
si acconcia la chioma al lucido specchio ,
sorridendo all'immagine priva di vita del suo corpo". 1162
Pasolini nel suo film mostra il volto della ragazza riflesso da uno specchio che lo deforma: “Si fissa. Si siede. Si guarda a lungo. Poi i suoi occhi si perdono altrove, nel vuoto. Qualcosa di orribile sta succedendo. Ha il pallore della nevrosi-della ragazza che ha fatto della vita un nodo atroce di colpe e di doveri, a cui non sa far fronte. Uno sgomento infantile, invincibile le appanna gli occhi, la segna con precoci occhiaie”[1].
Poi, alzatasi dal trono, va attraverso
le stanze, mollemente muovendosi sul bianchissimo piede,
assai contenta dei doni, più e più volte
badando bene con gli occhi al tallone levato levato in alto . 1166
Cfr. Baccanti
Dioniso dice a Penteo: “ La cintura ti si è allentata e le pieghe del peplo non sono tese con ordine- koujk eJxh`~ teivnousin - fin sotto le tue caviglie uJpo; sfuroi`si (935-936).
Penteo, la vittima, risponde: “ Anche a me sembra, almeno sul piede destro;da questo lato invece sta bene il peplo sul tendine del tallone (937-938) .
Cfr. Saffo (fr. 57 Lobel-Page) quale tanghera ti affascina l’animo, una che indossa una stola da tanghera e non è capace di sollevare gli stracci-ta; bravke j - sopra le caviglie?-ejpi; tw`n sfuvrwn;
Da quel momento però ci fu uno spettacolo terribile a vedersi:
infatti cambiando colore, obliqua, retro-
cede tremando nelle membra e con uno sforzo si abbatte
nel trono prima di cadere a terra. 1170
E una vecchia tra le ancelle, credendo in qualche modo
che fossero giunte le ire di Pan o di un altro dio,
levò un grido, prima di vedere attraverso la bocca
uscire una bava bianca, e lei che stravolgeva le pupille
fuori dagli occhi, e non c’ era sangue nel corpo; 1175
la serva allora emise un grande gemito di suono diverso
dal grido. E subito una ancella si lanciò nelle stanze
del padre, un'altra dallo sposo recente,
ad annunciare la disgrazia della sposa: e tutta
la casa risuonava di fitte corse. 1180
Già un veloce corridore alzando le gambe
avrebbe toccato il traguardo di una corsa di sei pletri,
quando la disgraziata si svegliava con un gemito terribile,
dalla perdita della parola e dall’occhio chiuso.
Infatti un tormento doppio l'assaliva: 1185
il serto d'oro posato intorno alla testa
emanava uno strano torrente di fuoco vorace,
il peplo sottile, dono dei tuoi figli,
divorava la bianca carne della disgraziata.
Fugge balzando dal seggio avvolta dal fuoco,
scuotendo da una parte e dall'altra la chioma e la testa,
con l’intento di gettare via la corona; ma saldamente
l'oro teneva stretta la presa, e il fuoco, ad ogni scuotimento
della chioma, brillava di più: due volte tanto.
Crolla a terra vinta dalla sciagura, 1195
davvero irriconoscibile a vedersi, tranne che per il padre;
non era chiara la forma degli occhi
né il bel volto, ma sangue dalla cima
del capo stillava, mescolato a fuoco,
e le carni dalle ossa come lacrima di pino 1200
scorrevano via per le fauci invisibili dei veleni,
spettacolo spaventoso. Tutti avevano paura di toccare
il cadavere: infatti avevamo la sorte come maestra.
Il padre infelice nell'ignoranza della disgrazia
entrato all'improvviso nella stanza, si getta sul cadavere. 1205
Levò un gemito subito e, cingendole intorno le braccia,
la bacia, rivolgendole tali parole:" o figlia infelice,
quale tra gli dèi ti ha uccisa in maniera così oltraggiosa?
Chi rende privo di te un vecchio che è
già una tomba? Ohimé, vorrei morire con te, figlia”.
E quando ebbe terminato il lamento funebre e i gemiti,
volendo risollevare il vecchio corpo
rimaneva attaccato al peplo sottile, come
edera ai virgulti d'alloro, ed era terribile la lotta. 1214
Egli infatti voleva alzare il ginocchio,
ma quella lo afferrava; se poi tirava a forza,
strappava le vecchie carni dalle ossa.
Alla lunga il disgraziato desistette e spirò
l'anima; infatti non era più capace di vincere il male.
Giacciono morti la figlia e il vecchio padre
<vicini, disgrazia che sente bisogno di lacrime> .
E per me la tua parte rimanga fuori dal discorso;
conoscerai infatti tu stessa uno scampo dalla punizione.
Le cose mortali non ora per la prima volta considero ombra, 1224
e senza timore potrei dire che gli uomini i quali si credono
pieni di sapere e indagatori di ragioni
proprio costoro meritano l'accusa della più grande follia.
Tra i mortali infatti non c'è nessun uomo che sia felice,
quando passa un'ondata di prosperità, uno può diventare
più fortunato di un altro, ma felice nessuno. 1230
Sembra che il dio in questo giorno abbia accumulato
molti mali giustamente su Giasone.
<O infelice, come compiangiamo le tue disgrazie,
figlia di Creonte, tu che vai nelle case
di Ade per le tue nozze con Giasone. >1235
O care è stata decisa da me l'azione di allontanarmi
da questa terra dopo avere ammazzato i figli al più presto,
e di non consegnare, indugiando, i figli
da uccidere a un'altra mano più malevola. 1239
E' assolutamente necessario che muoiano: e poiché deve avvenire
li ucciderò io che li ho generati. 1241
Su, avanti, armati, cuore. Perché indugiamo
a compiere un male tremendo e necessario?
Avanti, o infelice mano mia, prendi la spada,
prendila, vai verso il traguardo doloroso della vita,
e non essere vile, non ricordarti dei figli,
che sono carissimi, che li generavi, ma, almeno per questo
breve giorno, dimenticati dei tuoi figli
e dopo piangi; anche infatti se li ucciderai, comunque
sono per natura tuoi cari : ed io sono una donna disgraziata. 1250
Appendice di commento al verso 1224- ta; qnhta; d j ouj nu`n prw`ton hJgou`mai skiavn-
“le cose mortali non ora per la prima volta considero ombra”
Sogno di ombra è l’uomo. Pulvis et umbra sumus.
Pindaro chiama l'uomo "sogno di ombra" (skia'" o[nar/a[nqrwpo"", Pitica VIII, vv. 95-96 ).
Nell'Aiace di Sofocle Odisseo esprime la convinzione che l'ombra sia la quintessenza dell'uomo e manifesta la compassione del poeta per tutte le creature umane cadute sulle spine della vita:"oJrw' ga;r hJma'" oujde;n o[nta" a[llo plh;n--ei[dwl j o{soiper zw'men h] kouvfhn skiavn", io infatti vedo che non siamo se non immagini quanti viviamo, o inconsistente ombra (Aiace, vv.125-126).
Nell’Elettra di Sofocle, la protagonista, stringendo fra le mani l’urna dove crede siano state poste le ceneri di Oreste, conclude il compianto sul fratello presunto morto dicendo: i nemici ridono (gelw'si d j ejcqroiv) , smania di gioia la madre non madre di cui tu mi hai mandato spesso, di nascosto, messaggi che saresti apparso a punire. Ma il destino contrario tuo e mio ci ha tolto questo esito, e ora ti ha mandato a me in queste condizioni: invece della persona carissima cenere e ombra vana (ajnti; filtavth~-morfh'~ spodovn te kai; skia;n ajnwfelh'), vv. 1153-1159).
“Pulvis et umbra sumus”, polvere e ombra siamo, secondo Orazio (Odi, IV, 7, v. 16).Nel Seicento questa idea va di moda, tanto che Calderòn de la Barca intitola il suo capolavoro (del 1635) La vita è sogno, e, nel corso del dramma (I, 2), scrive:" il delitto maggiore dell'uomo è essere nato", mentre Prospero in La tempesta [2] afferma:"Noi siamo fatti con la materia dei sogni, e la nostra breve vita è circondata dal sonno"(IV, 1). Quindi il duca si avvia con la mente alla sua Milano "dove un pensiero su tre, sarà la tomba" (V, 1). Nel Macbeth il protagonista afferma:"Life's but a walking shadow " (V, 5), la vita non è che un'ombra che cammina.
Mattia Pascal/Adriano Meis passeggiando per Roma riflette sulla propria ombra: “Uscii di casa, come un matto. Mi ritrovai dopo un pezzo per via Flaminia, vicino a Ponte Molle. Che ero andato a far lì? Mi guardai attorno;poi gli occhi mi s’affissarono su l’ombra del mio corpo, e rimasi un tratto a contemplarla; infine alzai un piede rabbiosamente su essa. Ma io no, non potevo calpestarla, l’ombra mia. Chi era più ombra di noi due? Io o lei? Due ombre! Là, là per terra; e ciascuno poteva passarci sopra: schiacciarmi la testa, schiacciarmi il cuore: e io, zitto, l’ombra, zitta. L’ombra d’un morto: ecco la mia vita…Ma sì! Così era! Il simbolo, lo spettro della mia vita era quell’ombra: ero io, là per terra, esposto alla mercè dei piedi altrui. Ecco quello che restava di Mattia Pascal, morto alla Stìa: la sua ombra per le vie di Roma”[3].
Concludo (per ora) con Proust:"Ci si accanisce a cercare i rottami inconsistenti d'un sogno, e intanto la nostra vita con la creatura amata continua: la nostra vita, distratta dinanze a cose di cui ignoriamo l'importanza per noi, attenta a quelle che forse non ne hanno, succube di esseri senza nessun rapporto reale con noi, piena di oblii, di lacune, di ansietà vane; la nostra vita simile a un sogno" (La prigioniera, p. 147).
Bologna 12 novembre 2022. ore 18, 30 giovanni ghiselli
p. s.
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