NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

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sabato 26 novembre 2022

I doveri di chi governa secondo Cicerone che ricorda Platone.


Prima parte

 

Vediamo ora restando nel De officiis e nella Repubblica di Platone quali sono i doveri dei governanti.

Omnino qui rei publicae praefuturi sunt duo Platonis praecepta teneant: unum, ut utilitatem civium sic tuentur, ut, quaecumque agunt, ad rem referant obliti commodorum suorum; alterum ut totum corpus rei publicae curent, ne, dum partem aliquam tuentur, reliquas deserant” (I, 85)

Quelli che si preparano a guidare lo Stato tengano in mente due precetti di Platone: uno che curino gli interessi dei cittadini in modo da rapportare ad essu tutto quanto fanno, dimentichi dei propri vantaggi; il secondo di prendersi cura dell’intero complesso dello Stato, per non trascurare le altre parti mentre ne tutelano una sola.

Ut enim tutela, sic procuratio rei publicae ad eorum utilitatem qui commissi sunt, non ad eorum quibus commissa est, gerenda est”, come infatti il compito del tutore, così l’amministrazione dello Stato, va regolata secondo l’interesse di quelli che si sono affidati non di quelli cui è stata affidata.

Qui autem parti civium consulunt , partem neglegunt, rem perniciosissimam in civitatem inducunt, seditionem atque discordiam; ex quo evenit, ut alii populares, alii studiosi optimi cuiusque videantur, pauci universorum”,  quelli poi che provvedono a una parte dei cittadini, e ne trascurano un’altra, introducono nella cittadinanza un elemento dannosissimo, la sedizione e la discordia, e da questo deriva che alcuni sembrano democratici, altri fautori dei più benestanti, pochi tutori di tutti.

 

Vediamo il modello Platonico.

Nella Politeiva  di Platone, Trasimaco  sostiene che il giusto non è altro che l’utile del più forte: “fhmi; ga;r ejgw; ei\nai to; divkaion oujk a[llo h] to; tou` kreivttono~ sumfevron ” (338c.)

Socrate replica che chi comanda (a[rcwn) non deve cercare e prescrivere il proprio utile (to; auJtw'/ sumfevron) bensì quello di chi gli è subordinato (ajlla; to; tw'/ ajrcomevnw/, 342c).

Su questo dovere del capo c’è un luogo simile  nel romanzo di Manzoni:"Ma egli, persuaso in cuore di ciò che nessuno il quale professi cristianesimo può negar con la bocca, non ci esser giusta superiorità d'uomo sopra gli uomini, se non in loro servizio, temeva le dignità, e cercava di scansarle" (I Promessi sposi,  cap. XXII).

Si tratta del cardinale Federigo Borromeo

 

Concetto analogo si trova in Psicanalisi della società contemporanea  di E. Fromm:"Il capo non è soltanto la persona tecnicamente più qualificata, come deve essere un dirigente, ma è anche l'uomo che è un esempio, che educa gli altri, che li ama, che è altruista, che li serve. Obbedire a un cosidetto capo senza queste qualità sarebbe una viltà" (p. 299).

Continua

 

Bologna 26 novembre 2022 ore 19, 33

giovanni ghiselli

p. s.

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