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Prima Strofe (vv. 824-832)
Gli Eretteidi dal tempo antico sono felici
e figli di dèi beati, nati da una terra
sacra e non devastata, nutriti
della più nobile sapienza, sempre muovendosi
con delicatezza attraverso un'aria splendidissima, dove dicono
che una volta la bionda Armonia.
abbia generato le nove Muse, le pure Pieridi
Prima antistrofe (vv. 833-845)
E raccontano che Cipride, attingendo
alle correnti del Cefiso dalle belle onde,
spiri sulla regione brezze moderate
di venti dal piacevole soffio: e che sempre cingendosi
le chiome di una profumata ghirlanda di fiori di rosa
mandi alla Sapienza come compagni gli Amori,
che collaborano a ogni forma di virtù.
Seconda Strofe (846-855)
Come dunque la città dei sacri
fiumi o la terra che aiuta gli amici
accoglierà te assassina dei figli,
te non pia, in mezzo agli altri?
Rifletti sul colpo dei figli,
rifletti su quale strage ti addossi.
No, per le ginocchia in ogni modo ti
preghiamo, assolutamente
non ammazzare i figli.
Seconda antistrofe (vv. 856-865)
Da dove prenderai l'ardire
+o dell’animo o per la mano+ e il cuore
attuando la terribile audacia
+a danno dei figli tuoi?+
Come gettando lo sguardo
sui figli, ti assumerai un destino
di strage senza piangere? Non potrai,
quando i bambini cadranno supplici,
bagnare la mano omicida
con animo fermo.
Commento. Il mito di Stato presente anche per lo meno nelle Supplici, negli Eraclidi di Euripide e nell’Edipo a Colono di Sofocle.
Atene è la città d’arte ed è la città pia accoglie gli ospiti e protegge i suppliìci
Egeo il re di Atene nei versi precedenti (752-753) ha offerto ospitalità e protezione a Medea
Anche Eracle, dopo che, invasato da Lyssa, ha ammazzato moglie e figli, viene ospitato ad Atene da Teseo il successivo re di Atene: “seguimi nella città di Pallade-gli dice l’amico che non ha dimenticato i benefici ricevuti- là, dopo avere purificato le tue mani dal mivasma, “dovmou" te dwvsw crhmavtwn t j ejmw'n mevro"” ( Eracle, v. 1325), ti darò una casa e una parte dei miei beni. Dopo la morte, Atena gli conferirà vari onori.
Ma commentiamo alcune parole di questo terzo stasimo
jErecqei?dai (v. 824): gli Ateniesi sono discendenti da Eretteo, mitico re di Atene, figlio di Poseidone e della Terra, e, dunque, è emblematico della loro autoctonia. Questa peculiarità dell’Attica è ricordata da Tucidide (I, 2, 5;) e vantata da Isocrate nell’Areopagitico[1] (24), quindi nell'orazione Sulla pace [2] (49) e nel Panatenaico [3] (124-125).
Nello Ione di Euripide, Eretteo è il padre di Creusa e il nonno di Ione
In questa tragedia Eretteo è figlio di Erittonio nato da Efesto e dalla Terra
-to; palaiovn: accusativo avverbiale. L’antichità è un segno di nobiltà e pure di bellezza.
-ajporqhvtou (v. 826): ci penserà Archidamo nel decennio successivo alla composizione di questo dramma a violare la verginità dell’Attica con le sue devastazioni estive. L’aggettivo è formato da aj- privativo e la radice di porqevw, e suggerisce l’idea della similitudine tra una terra, o una città, e una donna. Una similitudine non rara in letteratura.
Tolstoj a proposito di Mosca scrive:"Ogni russo, guardando Mosca, prova la sensazione di trovarsi al cospetto di una madre, ogni straniero, guardandola e ignorandone il carattere materno, deve però almeno sentirne la femminilità: questo accadde anche a Napoleone... "Una ville occupèe par l'ennemi ressemble à una fille qui a perdu son honneur " pensava"
kleinotavtan sofivan (v. 828): accusativo di relazione.
La sapienza più nobile non è soltanto il sapere dei libri e delle scuole. La sofiva è lo scopo di quella cultura che Nietzsche chiama tragica. Lo abbiamo visto nell'introduzione: "la sua principale caratteristica consiste nell'elevare a meta suprema, in luogo della scienza, la sapienza".[4]
Vale la pena di riferire anche il commento di T. Mann: "A questa tragica saggezza, che benedice la vita in tutta la sua falsità, durezza e crudeltà, Nietzsche ha dato il nome di Dioniso"[5].
La sapienza dei Greci insegna a vivere con coraggio, spinge il giovane a diventare quello che è. Il ragazzo con il nostro aiuto può capire che la cultura deve essere "qualcos'altro che decorazione della vita, cioè in fondo unicamente dissimulazione e velame, poiché ogni ornamento nasconde la cosa ornata. Così gli si svelerà il concetto greco della cultura (…) il concetto della cultura come una nuova e migliore physis, senza interno ed esterno, senza dissimulazione e convenzione, della cultura come unanimità fra vivere, pensare, apparire e volere[6].
"La prima qualità di ogni scienza è quella di essere profetica. Ogni intervento scientifico, su qualsiasi problema, altro non è che una previsione del futuro".[7]
ajbrw'" (v. 830) con delicatezza: grande pregio ha la delicatezza tra persone nobili e antiche: "e[gw de; fivlhmm' ajbrosuvnan"[8], io amo la delicatezza. Essa è necessaria, si è accennato[9], per ripulire la terra dai mostri. Approfondiamo questo argomento nella scheda seguente.
Leggerezza nelle Lezioni americane di Calvino
La delicatezza di Perseo e quella di Euridice nelle Metamorfosi di Ovidio.
La prima delle Lezioni americane[10] di Calvino si intitola Leggerezza e segnala un atto di delicatezza da parte di Perseo nelle Metamorfosi di Ovidio: il figlio di Danae, dopo avere ucciso la Gorgone anguicrinita, ne appoggia la faccia al suolo ma, usandole un premuroso riguardo, ammorbidisce la terra con foglie e stende verghe nate nel mare:"anguiferumque caput durā ne laedat harena " (IV, 741), per non sciupare con la sabbia scabra il capo che porta serpenti.
"Qui Ovidio ha dei versi (IV, 740-752) che mi paiono straordinari per spiegare quanta delicatezza d'animo sia necessaria per essere un Perseo, vincitore di mostri…Mi sembra che la leggerezza di cui Perseo è l'eroe non potrebbe essere meglio rappresentata che da questo gesto di rinfrescante gentilezza verso quell'essere mostruoso e tremendo ma anche in qualche modo deteriorabile e fragile. Ma la cosa più inaspettata è il miracolo che ne segue: i ramoscelli marini a contatto con la Medusa si trasformano in coralli, e le ninfe per adornarsi di coralli accorrono e avvicinano ramoscelli e alghe alla Medusa"[11].
Insomma la Gorgone non è svanita nel nulla, ma, come canta Ariele nella Tempesta di Shakespeare a proposito del re di Napoli, padre di Ferdinando :"Of his bones are coral made;/Those are pearls that were his eyes:/Nothing of him that doth fade,/But doth soffer a sea-change/Into something rich and strange " (The Tempest , I, 2), delle sue ossa si sono formati coralli, sono perle quelli che furono I suoi occhi, nulla in lui scompare ma subisce un cambiamento marino in qualche cosa di ricco e strano.
Ricordo un altro caso di delicatezza messa in evidenza da Ovidio: Euridice, deve morire per la seconda volta a causa dell’errore commesso da Orfeo di voltarsi a guardarla; eppure ella non dice nulla contro il marito, poiché un’amante non può lamentarsi di essere amata: “flexit amans oculos: et protinus illa relapsa est/bracchiaque intendens prendique et prendere certans/nil nisi cedentes infelix adripit auras./Iamque iterum moriens non est de coniuge quicquam/questa suo (quid enim nisi se quereretur amatam?)/supremumque “vale”, quod iam vix auribus ille/acciperet, dixit revolutaque rursus eodem est” (Metamorfosi, X, vv. 56-63), girò indietro gli occhi l’amante: e subito ella cadde, e sebbene egli tendesse le braccia lottando per essere preso e prendere, nulla afferrò l’infelice se non soffi fugaci. E lei mentre già moriva per la seconda volta non emise un lamento sul coniuge suo (di che cosa infatti si sarebbe lamentata se non di essere amata?) e gli disse l’ultimo “addio” che oramai quello appena prendeva con orecchie, poi cadde di nuovo nel luogo di prima.
JArmonivan 834: come figura mitica è figlia di Ares e Afrodite e sposa di Cadmo, ed è ipostasi di una bellezza che nasce dal dolore. Qui significa la bellezza dell’arte con la quale è imparentata, anche etimologicamente (cfr. nota al v. 322). Si tratta di una bellezza che nasce da una composizione di contrasti: “ to; ajntivxoun sumfevron kai; ejk tw'n diaferovntwn kallivsthn aJrmonivan” (Eraclito, fr. 24 Diano), l’opposizione conviene, e dalle diversità bellissima armonia. Si potrebbe applicare anche alla politica. E, sempre secondo Eraclito, l’armonia è una bellezza non superficiale ma profonda: “ aJrmonivh ajfanh;" fanerh'" kreivsswn” (fr. 27 Diano), l’armonia invisibile è più forte della visibile.
Atene è la residenza scelta non solo dall’Armonia ma anche dalle Grazie: nel primo stasimo degli Eraclidi il coro ribatte alle minacce provenienti da Euristeo facendogli sapere che non riuscirà a sconvolgere con la lancia “ta;n eu\ carivtwn e[cou-san povlin” (vv. 379-380), la città felice delle Grazie.
-kallinavou (v. 835): formato da kalov" e navw, “scorro”. Euripide raffigura qui un’atmosfera di bellezza per indicare nell’Attica un luogo dove gli orrori di Corinto con relativa sapienza silenica si ribaltano e la vita, la propria e quella dei figli, giustificata tanto esteticamente quanto eticamente, è davvero degna di essere vissuta. Corinto nell’anno della Medea -431- spingeva gli Spartani alla guerra contro gli Ateniesi.
ta'/ Sofiva/ (v. 843): è la Sapienza che il coro delle Baccanti (vv- 395-396) distingue dal sapere (to; sofovn); infatti essa ha seduti vicini (parevdrou~ è formato da parav e e{dra, “sedia”) gli Amori.-
ajreta'" (v. 845): la virtù per esplicarsi ha bisogno del sapere e dell’amore. Il Galileo di Brecht nell'ultima scena del dramma[12] afferma il dovere morale di rendere il sapere funzionale al bene dell'umanità:"Che scopo si prefigge il nostro lavoro? Non credo che la scienza possa proporsi altro scopo che quello di alleviare le fatiche dell'esistenza umana. Se gli uomini di scienza non reagiscono all'intimidazione dei potenti egoisti e si limitano ad accumulare sapere per sapere, la scienza può rimanere fiaccata per sempre, ed ogni nuova macchina non sarà fonte che di nuovi triboli per l'uomo"
iJerw'n potamw'n (v. 846): i fiumi sacri dell’Attica sono il Cefiso e l’Ilisso, in una terra dove "tutto è pieno di dèi"[13], o “tutto è santo” come dice il centauro chitone del film di Pasolini. Personalmente quando giro la Grecia in bicicletta trovo ancora che là tutto è sacro e tutto è santo.
o[mmata prosbalou'sa (v. 860): il coro suggerisce a Medea di “gettare” lo sguardo sui bambini prima della mano armata. Tante volte ci risparmieremmo del male se guardassimo o venissimo guardati in faccia.
[1] Del 380 a. C.
[2] Del 356.
[3] Del 339 a. C.
[4] La nascita della tragedia , p. 122 e p. 123.
[5] T. Mann, La filosofia di Nietzsche (del 1948), in Nobiltà dello Spirito, p. 814.
[6]Nietzsche, Sull'utilità e il danno della storia per la vita, p. 160.
[7] P. P. Pasolini, Lettere Luterane, p. 132. La “scienza” di Pasolini corrisponde, chiaramente alla sofiva sapienza di Euripide
[8] Fa parte di un frammento di Saffo (58 Voigt) trasmesso dal Papiro di Ossirinco 1787.
[9] Commentando il v. 187.
[10] Tenute nel 1985-1986 e pubblicate postume nel 1988.
[11] I. Calvino, Lezioni americane, p. 10.
[12] Vita di Galileo, del 1957. Cito dalla traduzione di Emilio Castellani.
[13]
E' una massima panteistica (pavnta qew'n plhvrh) attribuita a Talete
(Aristotele, Sull'anima, 411a 8.
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