NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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domenica 27 novembre 2022

Terza parte di Cicerone comparato a Platone

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De officiis
I, 86
Hinc apud Athenienses magnae discordiae, in nostra re publica  non solum seditiones, sed etiam pestifera bella civilia, quae gravis et fortis civis et in re publica dignus principatu fugiet atque oderit  tradetque se totum rei publicae neque opes aut potentiam consectabitur totamque eam sic tuebitur, ut omnibus consulat, nec vero  criminibus falsis in odium aut invidiam quemquam vocabit omninoque ita iustitiae honestatique adhaerescet , ut, dum ea conservet, quamvis graviter offendat mortemque oppetat potius quam deserat illa, quae dixi”, di qui tra gli Ateniesi  grandi discordie, e nella nostra Repubblica non solo rivolte ma anche pestifere guerre civili, quelle che il cittadino importante e forte e degno di supremazia nello Stato fuggirà e odierà e si dedicherà tutto allo Stato e non cercherà ricchezze o potenza e lo custodirà tutto intero, in modo da provvedere a tutti, né  certo additerà alcuno all’odio o all’avversione con false accuse e si atterrà del tutto alla giustizia e all’onestà al punto di andare a sbattere quanto si voglia pesantemente e andare incontro alla morte , pur di mantenere quei valori piuttosto che abbandonare quegli ideali che ho detto.
 
Pestifera bella civilia sono le guerre più crudeli, deleterie e oscene.
 
Svetonio racconta che Vitellio “questo principe più che cinquantenne, torpido e ghiottone, mentre visitava il campo di battaglia di Bedrĭacus, disse dei cadaveri in putrefazione: “optime olere occisum hostem, et melius civem” (Vitellio, 10) (Concetto Marchesi, Tacito, p. 257)
 
Talora la guerra civile è motivo di sollazzo per la plebe.
In Hist. III, 83 Tacito racconta come entrarono i Flaviani vittoriosi in Roma nel dicembre del 69 durante la festa dei Saturnali
Aderat pugnantibus spectator populus, utque in ludrĭco certamine, hos, rursus illos clamore et plausu fovebat
Sangue e accanto bagasce e bagascioni,
-saeva ac deformis urbe tota facies: alibi proelia et volnera, alibi balineae popinaeque: simul cruor  et strues corporum, iuxta scorta et scortis similes.   
Una pace dissoluta, il saccheggio più bruto. Furore e gioia. Era già successo con Silla e con Cinna. C’era una disumana indifferenza - inhumana securitas- e la dissolutezza non ammetteva interruzioni e i piaceri non furono interrotti, come se ai Saturnali si fossero aggiunti altri spassi. Godevano per la sola allegrezza del pubblico male (Tacito, Marchesi, p. 258) 
 
Concludo con una rapida occhiata alla Repubblica di Platone
Nella Politeiva di Platone, Socrate dice che i guardiani-fuvlake~- non devono avere una oujsiva ijdiva, sostanza propria (416d) se non strettamente necessaria. Alla loro oi[khsiς kai; tamiei'on, abitazione e dispensa, deve potere accedere chiunque voglia (cfr. Cimone).
Abbiano  il necessario sostentamento, solo quanto abbisogni ad ajqlhtai; polevmou temperanti e coraggiosi (416 e). Devono vivere in comune, frequentando pasti comuni sussivtia, oro e argento l’hanno nell’anima e non hanno bisogno di quello umano per il quale sono accadute molte empie cose (polla; kai; ajnovsia), mentre il metallo che hanno nell’anima è puro.
 
This yellow slave-will knit and break religion-unirà e spezzerà religioni, bless the accursed, benedirà I maledetti, make the hoar leprosy adored, farà adorare la lebbra canuta, place thieves, darà posti ai ladri and give them title, knee and approbation with senators on the bench (Timone di Atene, IV, 3, 35-38).
 Dunque l’oro è  " the common whore-allied to polish kurwa lat. carus loving diletto e costoso- of mankind, comune bagascia del genere umano"; l'universale mezzana " (IV, 3, 43) che semina discordia tra la marmaglia delle nazioni. 
 
 Se i guardiani e i filosofi diventeranno proprietari, saranno oijkovnomoi me;n kai; gewrgoi; ajnti; fulavkwn amministratori della loro roba e contadini invece che custodi, e odiosi padroni invece che alleati degli altri cittadini  despovtai d’ ejcqroi; ajnti; summavcwn tw'n a[llwn politw'n (417 b)
Ogni deviazione da questa educazione e da questo Stato sarebbe degenerazione e decadenza.
La  maggiore felicità possibile dei guardiani e dei reggitori deve ridondare su tutta la città. Noi la fondiamo per questo  (o[pw~ o{ti mavlista o{lh hj povli~ 420b), per la massima felicità possibile di tutti
Questo avviene quando ogni persona e ogni classe svolge il suo compito realizzando la   giustizia che significa ta; aujtou' pravttein kai; mh; polupragmonei'n, fare il proprio compito e non impicciarsi di altre faccende (433 c)
“Nell’anima esistono le stesse parti che nello Stato; alla sapienza dei reggitori corrisponde la ragione, alla fortezza dei guerrieri l’elemento coraggioso dell’animo, e alla terza classe tendente a guadagni e godimenti, corrisponde la parte istintiva che deve  sottoporsi al giudizio supremo della ragione (435b-c)” (p. 413)
Ci vogliono dunque sofiva, swfrosuvnh ajndreiva e il ta; auJtou' pravttein-
 
Dannoso per la città sarebbe che un artigiano dhmiourgov~ o un altro crhmatisth;~ fuvsei (434b) un affarista per natura, entrasse in una classe superiore dopo la selezione fatta con la scuola. Lo scambio tra loro delle tre classi cittadine sarebbe megivsth blavbh  sarebbe il danno più grande e sarebbe ingiustizia.
Le classi sono chiamate quella degli affaristi-commercianti crhmatistikovn, quella di guerrieri- tw`n polemikw`n, e quella dei consiglieri e guardiani- to; tou` bouleutikou` kai; fuvlako~ (434b).
Sembra che Guardiani e Consiglieri formino una sola classe che si differenzia in base alla e al tempo dell’educazione ricevuta.
L’educazione dei reggitori-filosofi-  deve procedere oltre quella dei guerrieri
 
L’uomo è una micropoli, una città in piccolo. Un uomo giusto è come una città giusta. La sua anima è tripartita, come la popolazione di una città.
L’elemento irascibile to; qumoeidev~ deve schierarsi con il logistikovn.
Sembra che gli ausiliari siano una sottospecie dei guardiani ma non è del tutto chiaro, non a me.
Forse fuvlake~ - polemikoiv,  ejpivkouroi sono sinonimi. O magari si riferiscono a un esercito e a una polizia interna
 
 I filosofi devono essere anche i più alti educatori.
I reggitori filosofi ricevono dalla comunità lo stretto necessario per vivere
Questi della prima classe sono caratterizzati dalla sapienza (428be)
 
 
Nella società ci sono triva gevnh: crhmatistikovn, ejpikourhtikovn, bouleutikovn, gli affaristi, gli ausiliari, e i consiglieri, così nell’anima ci sono tre parti:  to; qumoeidev~ la parte coraggiosa, il cavallo bianco del Fedro, deve essere ejpivkouron tw'/ logistikw'/ (441) soccorritrice di quella razionale l’auriga del Fedro,  contro l’ejpiqumhtikovn, la parte bassa, appetitiva, il cavallo nero del Fedro.
 
L’elemento irascibile e coraggioso to; qumoeidev~ deve schierarsi con il logistikovn. Infatti ponemmo gli ausiliari (tou;~ ejpikouvrou~) come cani da guardia sottomessi ai reggitori (kuvna~ ejqevmeqa uJphkovou~ tw'n ajrcovntwn), quasi pastori della città (w{sper poimevnwn povlew~) 
 
Nel secondo libro Socrate era stato più chiaro sui fuvlake~
La città sana, come la persona sana non deve essere flegmaivnousa, affetta da infiammazioni (372e).
Avrà bisogno di fuvlake~ nel caso che venga assalita. Questi, come i cani da guardia, dovranno essere mansueti con gli amici e irati contro i nemici. Sono soldati professionali
Poi devono esserci i filosofi che sono amanti dell’apprendere filovsofo~ equivale a filomaqhv~ (376c).
Del resto già l’ottimo  fuvlax povlew~ deve essere filovsofo~ dh; kai; qumoeidh;~ kai; tacu;~ kai; ijscuro;~.
  
Socrate dice se i regnanti non sono anche filosofi e la potenza politica non coincide con quella filosofica non ci sarà pausa dei mali (473d)
Aggiunge che il filosofo ama imparare e non ne è mai sazo (475 b)
Allora, fa Glaucone, chiameremo filosofi quelli che vanno a teatro ad ascoltare senza perdere nulla delle Dionisie urbane (kata; povleiς) né di quelle rurali (kata; kwvmaς) come se avessero dato a nolo le orecchie ? (w{sper ajpomemisqwkovteς ta; w\ta, 475b).
 
Questi, risponde Socrate, non sono filosofi ma simili ai filosofi.
 Chiamiamo filosofo  chi vuole panto;ς maqhvmatoς geuvesqai, gustare ogni apprendimento e non è mai sazio di imparare (kai; ajplhvstwς e[conta475c).
Chiamo veri filosofi  tou;ς th'ς  ajlhqeivaς filoqeavmonaς (475e)  i contemplatori della verità.
 
Gli amanti degli spettacoli amano il bello che appare ma non sanno vedere a amare aujto; to; kalovn(476b), il bello in sé. Solo i veri filosofi, sono i veri desti. Questi hanno conoscenze, gli altri solo opinioni. Di questi diciamo che opinano doxavzein, non che conoscono gignwvskein.
L’opinione dovxa è ordinata a una cosa a[llw/ tevtaktai, la scienza ejpisthvmh a un’altra.
La scienza è per natura volta a ciò che è, conoscere che è ciò che è ejpisthvmh ejpi; tw'/ o[nti pevfuke, gnw`nai wJ~ e[sti to o[n- (477b).
L’opinione invece è destinata a opinare dovxa dev, famevn , doxavzein- 478a.
Una facoltà duvnamiς produce qualche cosa. L’episteme è pasw'n dunavmewn ejrrwmenestavth , la più forte di tutte le facoltà. La scienza è to; ajnamavrthton, cosa infallibile, l’opinione no.
L’opinione è più oscura della conoscenza ma più chiara dell’ignoranza, dunque sta a mezza  tra le due. Metaxu; a[ra a]n ei[h touvtoin dovxa (478c). Opinabile doxastovn  è ciò che si trova a mezza strada tra essere e non essere, che partecipa di entrambi to; ajmfotevrwn metevcon tou' ei\naiv te kai; mh; ei\nai ed è l’oggetto dell’opinione. Ci sono cose belle e c’è aujto; to; kalovn, il bello in sé.  Le opinioni del volgo dunque si aggirano a mezza strada tra ciò che è e ciò che non è. Gli opinionisti vedono molte cose belle ma non conosce il bello in sé. Diremo che opinano ogni cosa doxavzein fhvsomen a{panta, ma non conoscono nulla di quello che opinano gignwvskein de; w|n doxavzousin oujdevn (479e)
 
Filosofi dunque sono gli amici non dell’opinione ma della scienza.
 
Ma Adimanto gli obietta che molti considerano inutili  (ajcrhvstouς) i filosofi 487d
Socrate dice che risponderà attraverso un’immagine, un’allegoria nautica. Dunque a[koue th'ς eijkovnoς (488).  Pensa a una nave con un capitano nauvklhron più grande e forte dei marinai, ma un poco sordo uJpovkwfon kwfovς, sordo e muto, e pure di corta vista oJrw'nta bracuv, e che sa poco di nautica e con i marinai in lite tra loro sulla direzione della nave peri; th'ς kubernhvsewς, e ciascuno vuole kuberna'n stare al timone senza saperlo fare, e affermando che non è didaktovn, cosa insegnabile. Costoro si ammazzano a vicenda per stare al timone, e immobilizzano il capitano mandragovra/, con la mandragora, una pianta narcotica, o con l’ebbrezza e poi guidano la nave bevendo e banchettando e lodano chi li aiuta a prendere il potere  e guidano la nave senza saperlo fare. Tali individui chiamerebbero uno esperto di pilotaggio ajlhqw'ς kubernhtikovn persona che chiacchiera e inutile ajdolevschn kai; a[crhston (489)
Questa allegoria parla della disposizione della città verso i veri filosofi.
In effetti i migliori nella filosofia sono inutili ai più, ma per colpa dei più.
Gli attuali capi politici sono simili a quei marinai che vogliono dirigere la nave senza saperlo fare.
Il vero filomaqhvς è per natura uno che gareggia per raggiungere la vera realtà e non si accontenta di singoli oggetti opinabili. Chiediamoci perché mai i più sono cattivi tiv poq  j  oiJ polloi; kakoiv (490d).
Bisogna esaminare la corruzione (fqorav). Poche sono le anime dotate e, pure tra queste, diverse si corrompono guastate da tanti fattori anche non tutti cattivi. come la bellezza o il potere o la ricchezza. Una buona natura coltivata male in un allevamento a lei estraneo riesce peggio di una mediocre. Una cattiva educazione rende straordinariamente cattive le anime naturalmente migliori. Nel terreno inadatto si guastano.
I sofisti, che si fanno pagare, insegnano le opinioni del volgo e le chiamano sapienza. Un tale paideuthvς, educatore è a[topoς, strano e inopportuno, siccome chiama buone le cose di cui si diletta la grande bestia to; mevgalon zw/on e cattive quelle per le quali si arrabbia. E chiamano sapienza avere imparato gli umori del volgo in vari campi.
Cfr. Leopardi: “secol…superbo e sciocco, al tuo pargoleggiar gl’ingegni tutti …vanno adulando ( La ginestra, 53sgg). La folla non riesce a concepire il bello in sé. La massa (plh'qoς) non può essere filosofa. E quindi vitupera chi professa filosofia.

 
Bologna 27 novembre 2022 ore 19, 36
giovanni ghiselli

p. s
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