Quindi Platone spiega come si passa dallo stato oligarchico a quello democratico, poi a quello tirannico.
E' interessante notare che nell’VIII libro della Repubblica la rivolta contro l'oligarchia parte dal povero snello e abbronzato ijscno;" ajnh;r pevnh" hJliwvmeno" (556d) il quale, schierato in battaglia accanto al ricco cresciuto nell'ombra con molta carne altrui (paratacqei;" ejn mavch/ plousivw/ ejskiatrofhkovti, polla;" e[conti savrka" ajllotriva"), lo vede pieno di affanno e difficoltà, e capisce che non vale nulla, quindi che non deve obbedirgli poiché il potere di quell’individuo pallido e grasso non è naturale.
Segue la democrazia
Nella democrazia il giovane assume un atteggiamento parassitario, da fuco.
Anche qui i giovani si corrompono per l'insipienza dell'educazione paterna di j janepisthmosuvnhn trofh`~ patrov~ (568b).
Tra svalutazione lessicale e generale
Nello stato democratico gli appetiti (ejpiqumivai) prendono possesso dell'acropoli dell'anima del giovane, poi questa viene occupata da parole e opinioni false e arroganti (yeudei'" dh; kai; ajlazovne"… lovgoi te kai; dovxai 560c) le quali chiamando il pudore stoltezza (th;n me;n aijdw' hjliqiovthta ojnomavzonte"), lo bandiscono con disonore; chiamando la temperanza viltà (swfrosuvnhn [1] de; ajnandrivan), la buttano fuori coprendola di fango (prophlakivzonte" ejkbavllousi), e mandano oltre confine la misura e le ordinate spese (metriovthta de; kai; kosmivan dapavnhn) persuadendo che sono rustichezza e illiberalità (ajgroikivan kai; ajneleuqerivan 560d). E non basta. I discorsi arroganti con l'aiuto di molti inutili appetiti transvalutano pure, ma in positivo, i vizi, immettendoli nell'anima e chiamano la prepotenza buona educazione (u{brin me;n eujpaideusivan kalou'nte" ), l'anarchia libertà (ajnarcivan de; ejleuqerivan), la dissolutezza magnificenza (ajswtivan de; megaloprevpeian), e l'impudenza coraggio (ajnaivdeian de; ajndreivan 560e-561). L’uomo così corrotto vive a casaccio, e la sua vita non è regolata da ordine (tavxi") né da alcuna necessità (ajnavgkh). Si capovolgono pure i rapporti umani: il padre teme il figlio, il maestro lo scolaro, i vecchi imitano i giovani, per non sembrare inameni e autoritari (563).
Siamo giunti dunque all’oclocrazia.
Canfora ci ricorda che "contro la teoria platonica polemizza Aristotele nel V libro della Politica (1316a1-39) e mette in luce la varietà, o meglio la non univocità di direzione delle metabolaiv (1316a18-23):"Perché il mutamento della costituzione perfetta deve avvenire in direzione della costituzione di tipo laconico? Il più delle volte le costituzioni si mutano nel loro contrario più che in direzione di un tipo ad esse affine. E la stessa cosa può ripetersi anche per gli altri mutamenti costituzionali: secondo Platone (Repubblica 544D-545C) dalla costituzione di tipo laconico si passa a quella oligarchica, da questa alla democrazia e dalla democrazia alla tirannide. E tuttavia si possono avere anche mutamenti in senso opposto, per esempio dalla democrazia all'oligarchia, più facilmente che dalla democrazia alla monarchia". Canfora nota ancora che "Aristotele è troppo approfondito conoscitore delle concrete vicende delle varie città greche (le 158 Politeiai !) per credere davvero alla possibilità di un unico schema, di un'unica direzione di cambiamento: basti pensare alla puntigliosa precisione con cui nel capitolo 41 della Costituzione di Atene elenca le ben undici metabolaiv che si sono verificate in Atene, dalla mitica suddivisione in tribù dovuta a Ione alla restaurazione democratica del 403 (un caso concreto di compimento non tirannico del "ciclo"). Ma la critica aristotelica all'VIII libro della Repubblica è ingenerosa e anche faziosa. In realtà Platone...non mostra di intendere come un rigoroso ciclo unidirezionale quella rassegna critica di costituzioni...D'altra parte alcuni 'anelli' del processo descritto da Platone coincidono esattamente con lo schema poi tracciato da Polibio: ad esempio il trapasso dall'aristocrazia alla timocrazia o quello dalla democrazia alla tirannide; e analoga è la persuasione-di entrambi- che gli elementi del mutamento risiedano nei gruppi dirigenti (545D). Si può dunque dire, schematizzando, che la più plausibile risposta al quesito intorno alle fonti della teoria polibiana del ciclo costituzionale sia che si tratta, in sostanza, dell'VIII libro della Repubblica platonica ma letto alla maniera in cui lo leggeva (irrigidendolo) Aristotele. Polibio ha, sulla scia di Aristotele, assunto la successione tracciata da Platone come un itinerario storico-genetico...Merito di Platone è l'introduzione dei "doppi", delle forme "degenerate" accanto a quelle pure. E' lì l'origine della teoria del mutamento...Non a caso la spinta verso il mutamento viene dalla pleonexiva, dal comportamento prevaricatore del gruppo dominante, mentre la reazione a tale degenerazione dà vita a nuove forme politiche... Ma la radice più remota di una tale riflessione" continua Canfora "è da cercarsi...nel dibattito costituzionale erodoteo"[2].
Questo però l'abbiamo già detto e con ciò possiamo vedere il testo di Polibio :
" Non si deve considerare aristocrazia ogni governo di pochi, ma solo quello che sia diretto dagli uomini per elezione i più giusti e i più saggi.
Similmente non è democrazia quella in cui la massa sia padrona[3] di fare tutto ciò che voglia e preferisca; invece quella presso la quale è tradizionale e abituale venerare gli dèi, onorare i genitori, rispettare gli anziani, obbedire alle leggi; presso tali comunità, quando prevale il parere dei più, questo bisogna chiamare democrazia. Si deve dunque affermare che esistono sei forme di governo : le tre di cui si è detto (regno, aristocrazia, democrazia) e altre tre che sono naturalmente collegate con queste, cioè: la tirannide, l’oligarchia e l’oclocrazia " (VI 4 , 3- 4-5-6).
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Democrazia e oclocrazia.
A proposito di questa suddivisione Canfora scrive:"E' un genere di distinzione caratteristico del pensiero antidemocratico nella sua forma più evoluta. Altrimenti vi è il mero rifiuto del regime dei "molti", in quanto di certo "ignari", incapaci di pienamente intendere: è la veduta di Megabizo nel dibattito costituzionale erodoteo, nonché dello pseudo-Senofonte".
Megabizo è il nobile persiano che vuole l'oligarchia poiché, dice, non c'è nulla di più stupido e insolente di una moltitudine buona a nulla che non ha neppure la capacità di discernimento ("tw'/ de; oujde; ginovskein
e[ni", III, 81, 2) siccome non ha imparato da altri né conosce da sé niente di buono.
Un pensiero tipico di Un nemico del popolo quale nella tradizione greca possono essere Teognide o Crizia, possibile autore della Costituzione degli Ateniesi pervenuta nel corpus di Senofonte, o, nella letteratura moderna, il protagonista del dramma di Ibsen, il dottor Stockmann:
"La maggioranza non ha mai ragione. Mai, ho detto. Da chi è costituita la maggioranza degli abitanti di un paese? Dalle persone intelligenti, o dagli imbecilli? Saremo tutti d'accordo, credo, nell'affermare che sulla faccia della terra gli imbecilli costituiscono l'enorme maggioranza. Ma non per questo è giusto che gli imbecilli debbano comandare sugli intelligenti!...La maggioranza ha il potere, purtroppo, ma non ha ragione. Io, e pochi altri, abbiamo ragione. Le minoranze hanno ragione...Tutte le verità maggioritarie possono venir paragonate alle conserve dell'anno scorso, a dei prosciutti rancidi[4]".
L’oligarca della Costituzione degli Ateniesi sostiene “ad Atene la canaglia ha preso il potere perché è il popolo che fa andare le navi: “oJ ejlauvnwn ta;ς nau`ς”.
Ora comandano quelli che fanno andare l’economia
Bologna 3 novembre 2022 ore 9, 15
Giovanni ghiselli
p. s
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[1] Nelle Nuvole di Aristofane il Discorso Giusto dà inizio alla sua parte del disso;" lovgo" ricordando che la swfrosuvnh una volta era tenuta in conto come la quintessenza dell'educazione antica (vv. 961 sgg.). . Al tempo dell'ajrcaiva paideiva (v. 961) infatti la castità (swfrosuvnh, v. 962) era tenuta in gran conto: nessuno modulando mollemente la voce andava verso l'amante facendo con gli occhi il lenone a se stesso (980).
[2]Antologia Della Letteratura Greca , III, pp. 343-344.
[3] plh'qo" kuvrion: la massa padrona o arbitra fanno rabbrividire il conservatorismo di Polibio, portavoce dei possidenti di Grecia e del ceto dirigente, aristocratico di Roma
[4]H. Ibsen, Un
nemico del popolo , atto IV. E' un dramma del 1881.
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