Noi due, Kaisa e io dico, ci baciammo per tutto il viaggio di ritorno, fino a Debrecen, poi anche oltre, e, pur senza avere toccato liquidi alcolici, lo facemmo con furia, quasi strappandoci gli indumenti di dosso.
“Puoi toglierti tutto - dissi - dato che sei coperta dalla bellezza e dalla virtù dell’amore”.
Se non altro, e non è poco, ci piacevamo a vicenda.
Alla fine di quella giornata avevamo smesso di rimuginare e discutere: alla dialettica era subentrata la vita come con Elena un anno prima, la mattina all’alba nell’orto botanico dopo una serata difficile. Questo l’ho già raccontato.
Però la cattiva coscienza dell’adulterio, aveva fatto supporre a Kaisa un tradimento inesistente, e aveva turbato uno dei pochi giorni concessi dal fato al tempo precipitoso del nostro amore scosceso.
Di lì a pochi giorni infatti la giovane donna partì e non l’ho vista mai più.
Andai a cercarla nel settembre del 1974, due anni e due mesi più tardi, nell’Università dove era assistente. Si fece negare, poi mi scrisse che non aveva potuto fare diversamente siccome era già abbastanza chiacchierata dalle linguacce.
In tal modo finisce questa storia d’amore, se può chiamarsi così. Sì, certo, io la chiamo storia d’amore e non tra le meno belle di mia vita mortale, anzi.
Passammo l’ultima settimana a Budapest. Una notte, facendo l’amore con gioia, un preservativo si ruppe ma l’amante preziosa non rimase in cinta che io sappia. Penso di no. La prossima storia mi farà capire che mettere al mondo un figlio non era destino per me. Eppure, ancora oggi, quando vedo un padre che abbraccia una figlia, mi vengono le lacrime agli occhi.
Una figlia è il mio grande rimpianto. Il resto del bello e del buono che può offrire la vita l’ho avuto.
Passerò presto al terzo dramma della trilogia finlandese
Bologna 25 aprile 2022 ore 20, 01
giovanni ghiselli
p. s
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