NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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giovedì 14 aprile 2022

Sofocle, "Edipo re". 2. Traduzione e commento, vv.14-30

illustrazione di Adolfo De Carolis
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Edipo re, versi 14-30

Sommario
 Il vecchio sacerdote presenta se stesso e gli altri supplici: tutti significativi della debolezza del popolo che intanto siede incoronato nelle piazze aspettando l'aiuto degli dei e del re.
Quindi l'anziano iJereuv" descrive la peste come gorgo sanguigno che risucchia le forze vitali e impedisce la riproduzione; intanto Ares imperversa uccidendo con il ferro e con il fuoco, e la città flagellata da tanti mali si svuota delle persone che muoiono e vanno ad arricchire di gemiti e lamenti il regno del nero Ades.
 
Traduzione
 vv14-17."Ma, Edipo, che sei padrone della mia terra/tu vedi noi,di quale età siamo seduti/davanti ai tuoi altari, gli uni senza ancora la forza/di volare a lungo, gli altri appesantiti dalla vecchiaia".
 
Commento
14-kratuvnwn: Edipo si è fatto padrone, autocrate, detentore personale del kravto"-potere- su  Tebe usurpando la legittima signoria degli dei, soverchiando Tiresia e illudendo il popolo con un trionfo non legittimato da una vittoria definitiva.
 
Di qui la successiva contrapposizione a Tiresia appunto analizzata da  D. Lanza nel volume Il tiranno e il suo pubblico .
Anche nel Filottete (v.366) kratuvnein è usato ( sempre con il genitivo) per un'appropriazione indebita: quella delle armi di Achille da parte di Odisseo.
Del resto nelle Baccanti di Euripide Tiresia dice Penteo: “mh; to; kravtoς au[cei duvnamin ajnqrwvpoiς e[cein” (310), non presumere che il potere abbia della potenza sugli uomini.  
 
15-hJlivkoi(di quale età) sono indicate persone che non hanno raggiunto il culmine della vita oppure stanno scendendo  per  la zona bassa del declivio onde nessun risale: portatrici dunque di debolezza e bisognose di aiuto da parte della impareggiabile potenza attribuita al re.
16-bwmoi'si toi'" soi'": (ai tuoi altari) il despota si è appropriato degli altari; ci si è messo sopra al posto degli dei. Bwmov" del resto è pure un piedistallo, un'impalcatura dove si sale, e dalla quale si può cadere male, come precipita il tiranno dai fastigi altissimi del potere nella necessità scoscesa( cfr. vv.876-877).
16-makra;n: sottintende oJdovn=per lunga via, ma ha assunto valore avverbiale.
17-ptevsqai: infinito dell'aoristo 2 ejptovmhn di pevtomai, retto da sqevnonte".
17-su;n ghvra/ barei'" : il suvn  suggerisce l'idea della compagnia, mentre nell' equivalente  latino gravis aetate (in Livio, VII, 39, 1) prevale l'idea della causa efficiente. La vecchiaia è considerata un disvalore nelle società malate dove vivere non equivale a potenziarsi attraverso l'apprendimento e la pratica del bene.
Nelle Rane  di Aristofane:" govnu pavlletai gerovntwn"(v.345), il ginocchio dei vecchi balza. Infatti questi sono gli iniziati, oiJ memuhmevnoi(v.158 e v.318), distinti dai peccatori la cui vita è schifosa sempre e dovunque. La vecchiaia  non è pesante per chi vive con purezza.
Cfr. Cicerone, De senectute, 3: "in moribus est culpa, non in aetate", la colpa sta nei costumi, non nell'età. Del resto nella stessa opera, al capitolo 7, troviamo:"Sophocles ad summam senectutem tragoedias fecit".
Cfr. anche Leopardi, Zibaldone (3520-3521):"Quando il genere umano era appresso a poco incorrotto, o certo proclive ed abituato generalmente alla virtù (...) allora i vecchi, come più ricchi d'esperienza e più saggi, erano più venerabili e venerati, più stimabili e stimati, ed anche in molte parti più utili ai loro simili e compagni ed al corpo della società, che non i giovani e quelli dell'altre età".
  
Traduzione dei versi vv.18-21
"E sacerdote io sono di Zeus; quelli poi sono stati scelti
tra i giovani ancora celibi, e il resto del popolo incoronato
sta seduto nelle piazze, davanti ai due templi di Pallade
presso la cenere profetica dell'Ismeno".
 
Commento
18 iJereuv": accolgo la correzione del Bentley che dà maggiore spicco al sacerdote; il Pearson dà iJerh'", nominativo plurale.
C'è un anapesto in prima sede.
18-Zhnov": la forma più comune è Diov". Il nome di Zeus ricorre nei drammi di Sofocle con una frequenza che non ha pari negli altri due tragediografi; è uno dei segni del suo essere" qeofilhv"...wJ" oujk a[llo"",  come lo definisce l'anonimo autore della Vita  che risale al tardo ellenismo e si trova nel Venetus Marcianus  (V) con il titolo Sofoklevou" gevno".
G. Perrotta ne I Tragici greci (p.120) ricorda che "la tradizione lo descrive religiosissimo e tale fu senza dubbio".
20-ajgorai'si: dativo di luogo. Ancora un anapesto in prima sede. Le piazze e i templi sono plurali poiché il potere non deve concentrarsi  in un solo uomo né in un unico dio .
Come la terra è tutta piena di dei, pavnta plhvrh qew'n a detta di Talete, e non c'è un'unica divinità dispotica e staccata dal mondo, così il potere terreno va eletto nelle piazze in seguito a una competizione dialettica, e deve essere distribuito tra vari organi e magistrati che si controllino a vicenda. Né anarchia dunque né dispotismo, come aveva già suggerito Eschilo nelle Eumenidi (v.696), tanto in cielo quanto in terra.-
 
22- jIsmenou': è il fiume di Tebe(cfr. Antigone , 1124) presso il quale sorgeva un tempio di Apollo.
 
22spodw/': la cenere come la polvere è un vaticinio di infecondità e sciagura. Già nell'Antigone  la cenere senza il lampeggiare del fuoco significa che l'offerta sacrificale non è stata accettata dagli dei: [Hfaisto" oujk e[lampen , ajll& epi; spodw/' mudw'sa mhki;" mhrivwn ejthvketo", Efesto non brillava ma il grasso delle cosce si scioglieva trasudando sulla cenere (vv.1OO7-1008).
Nell'Asino d'oro  di Apuleio, dopo che Apollo ha vaticinato nozze mostruose per la povera Psiche, la luce della fiaccola nuziale si estingue in cenere di nera fuliggine ("iam taedae lumen atrae fuliginis cinere marcescit ", IV, 33).


Bologna 14 aprile 2022 ore 10, 51
giovanni ghiselli
 
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