martedì 5 aprile 2022

Edipo re VII parte. Arcaismo di Sofocle.


 

Finestra 1

La persistenza delle concezioni arcaiche di Sofocle nella letteratura legata alla tradizione.

 

Si può inquadrare sotto i vv. 21 e sgg. 

Sofocle è autore arcaicizzante, tradizionalista e religioso. Non lo abbiamo scoperto noi; lo abbiamo verificato nei suoi testi dopo che ce ne hanno informato diversi critici che sottolineano questo aspetto, certo non secondario dell'opera.

 

A. Hauser, nella Storia sociale dell'arte ai più moderni e democratici Euripide ed Eschilo, contrappone Sofocle, facendone un reazionario e sostenendo che "fin dal principio, sacrifica l'idea dello stato popolare democratico agli ideali dell'etica nobiliare; e nella lotta fra il diritto familiare privato e il potere assoluto ed egualitario dello stato, parteggia risolutamente per l'idea tribale" ( p.122).

 

E.R.Dodds nel libro I Greci e l'irrazionale definisce Sofocle"l'ultimo grande rappresentante della concezione arcaica del mondo" (pag.72).

 M. Pohlenz scrive:"Se lo spirito moderno tendeva a fare dell'individuo la misura e il padrone delle cose, la sensibilità religiosa di Sofocle lo spinse nella direzione contraria, e, come Erodoto, lo rese cosciente proprio dell'impotenza dell'uomo a paragone con la divinità" (La tragedia greca, I volume, pag.187).

H. Lloyd Jones nel saggio La tragedia greca:"Le Trachinie"  compreso nel volume I Greci ( p.130) sostiene che"Sofocle accetta l'ordine del mondo arcaico in tutta la sua durezza".

Infine Bernard Knox (L'eroe sofocleo in La tragedia greca, guida storica e critica, a cura di C. R. Beye, pag.85) afferma che il poeta di Colono "dimentica l'adattamento eschileo dello spirito eroico alle condizioni della polis, e fa ritorno ad Achille che, irriconciliabile, siede corrucciato nella sua tenda. Nei suoi eroi che affermano la forza della loro natura individuale contro i loro simili, la loro polis, e perfino i loro dei, egli ricrea (...) la solitudine, il terrore e la bellezza del mondo arcaico".

 

La malattia del capo contagia la sua  terra .

Ora se vogliamo riconoscere questo arcaismo nei primi versi(22 e sgg.) dove si dice che la città di Edipo è malata, dobbiamo inferirne che essa sta male conseguentemente alla malattia del re: infatti sono già stati Omero ed Esiodo a stabilire una correlazione tra la salute del capo e quella della sua terra. Del resto, secondo alcuni  studi di antropologia tra i quali cito solo Il ramo d'oro   di J. G. Frazer, tale credenza risale a miti e a riti  più antichi di Omero, e sono confluiti anche in altre culture, non esclusa quella cristiana. Questo significa pure che tale concezione non termina con Sofocle; anzi, dopo essere sopravvissuta a lui nella letteratura greca, fa capolino altresì in quelle moderne. Facciamo alcuni pochi esempi.

 Restando nel campo della tragedia antica, Euripide nell'Oreste  fa dire al protagonista(v.772):"deino;n oiJ polloi; kakouvrgou" o{tan e[cwsi prostavta", la folla è una cosa tremenda quando ha dei capi cattivi.

La commedia non è priva di questo topos:  Prassagora nelle Ecclesiazuse  attribuisce i guai della città ai cattivi governanti:" a[cqomai de; kai; fevrw-ta; th'" povlew" a{panta barevw" pravgmata.-oJrw' ga;r aujth;n prostavtaisi crwmevnhn-ajei;  ponhroi'""(vv. 174-177), mi tormentano e fanno soffrire tutte le brighe della città. Vedo infatti che si avvale sempre di capi malvagi.    

 Senofonte, nella Ciropedia (VIII,8,5)scrive:"oJpoi'oiv tine" ga;r a[n oiJ prostavtai w\si, toiou'toi kai; oiJ uJp j aujtou;" wJ" ejpi; to; polu; givgnontai", ' quali sono i capi, tali diventano per lo più anche i loro subordinati".

L'ultima opera del medesimo autore, Povroi, (le Entrate finanziarie )  comincia con parole molto simili:"  jEgw; me;n tou'to ajeiv pote nomivzw, oJpoi'oi; tine" aj;n oiJ prostavtai w\si, toiauvta" kai; ta;" politeiva" givgnesqai".

Isocrate nell'Areopagitico (14), sia pure in maniera più generalizzante e sfumata esprime la stessa idea:" e[sti ga;r yuch; povlew" oujde;n e{teron h] politeiva, tosauvthn e[cousa duvnamin oJvshn per ejn swvmati frovnhsi"",[ infatti l'anima della città non è altro che il suo governo ed ha tanto potere quanto appunto ne ha la mente sul corpo".

Poco più avanti i(22) il concetto si precisa e concretizza:"toiouvtou" ga;r h[lpizon e[sesqai kai; tou;" a[llou", oi|oiv per a[n w\sin oiJ tw'n pragmavtwn ejpistatou'nte"", siffatti speravano che sarebbero diventati anche gli altri, come sono i capi dell'amministrazione".

Tale idea del resto non manca nella letteratura italiana là dove si conserva il succo della tradizione classica, anche quando questo sia stato assimilato da un organismo cristiano. Faccio l'esempio di Dante, Purgatorio  XVI, 103-105:"Ben puoi veder che la mala condotta/è la cagion che il mondo ha fatto reo/e non natura che in voi sia corrotta".

Bologna 5 aprile 2022 ore 17, 18

giovanni ghiselli

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