Pasolini nel suo film usa la parola “pelle” invece di “vello” (devra~ in greco, Medea di Euripide, v. 5)
Pelia dice al nipote: “Esiste un segno della perennità del potere e dell’ordine, questo segno è la pelle d’oro di un caprone divino, essa si trova in una terra lontana, oltre il mare, dove nessuno è mai stato. Se tu porterai nella nostra città quella pelle d’oro io te lo restituirò, il tuo regno”[2].
Il potere del resto è malvagio: quando riceve il vello d’oro Pelia dice a Giasone: “penso che oggi dovrai fare un’esperienza inaspettata: comprendere che i re non sempre sono obbligati a mantenere le loro promesse” (scena 59).
“Giasone si spoglia, e nasconde la sua pretesa e la sua incertezza dietro un sorriso di ragazzino, fiero della propria virilità. Medea lo guarda incantata, e perduta in lui. E’ un vero, completo amore ecc. In questo momento a prevalere è la virilità di Giasone. Medea ha perso la propria atonia di bestia disorientata: nell’amore trova, di colpo (umanizzandosi) un sostituto della religiosità perduta; nell’esperienza sessuale ritrova il perduto rapporto sacrale con la realtà”[3].
Nella scena 79 Giasone dice a Medea: “E’ ora che tu ti convinca infine, chiaramente, che io devo soltanto a me stesso la buona riuscita delle mie imprese. Anche se tu non vorrai riconoscere che, se hai fatto qualcosa per me, lo hai fatto solo per amore del mio corpo”[4].
Pasolini mette in grande risalto il corpo e la corporeità di Giasone.
Il regista nel “trattamento” del suo film evidenzia gli sguardi che si scambiano Giasone e Medea senza parlare: “Egli avanza, lento, senza fretta, fin sotto l’albero: e guarda fisso Medea. La sua ironia (carezzevole) sembra volerla spogliare, e non solo materialmente: esprimendo qualcosa che a lei sfugge, e che pure le determina”[5].
Pasolini evidenzia la diversità tra il sapere dei Greci civilizzati e la sapienza di Medea. Un’ancella le dice: “Ma forse, se tu volessi, tu potresti ricordarti del tuo Dio…”
E Medea risponde: “…Forse hai ragione. Sono restata quella che ero. Un vaso pieno di un sapere non mio” [6](scena 62 D).
Più avanti Creonte le dice: “ E’ noto a tutti in questa città che, come barbara venuta da una terra straniera, sei molto esperta nei malefici. Sei diversa da tutti noi: perciò non ti vogliamo tra noi”.
A queste parole Medea replica: “Invece è così povera questa mia sapienza” (scena 66).
Il culto del sole
Il sole è, come sappiamo, anche il nonno di Medea (padre di suo padre Eeta) ed è un personaggio, nemmeno muto, del film di Pasolini. Vediamo come ne interpreta il sorgere e il tramontare l’autore nel “trattamento”: “Il sole, calando, prefigura la discesa nel Regno dei morti, e, risorgendo, prefigura la resurrezione: inoltre esso crea il ritmo temporale, e la sacralizzazione del tempo, su cui è fondato il mondo contadino, ecc. Il sole è insieme il Dio della Fecondazione e della Morte”[7].
Pasolini mostra anche la luna nel film (scena 96): la fa vedere immediatamente di seguito al tramonto del sole “Il sole sta tramontando: il suo disco splende, molle, in fondo al dolce orizzonte lagunare, in fondo a pioppeti e vigneti. E, straordinario, dall’altra parte del cielo, sorge, azzurrino-argentea la falce sottile della luna. Il sole e la luna sono dunque congiunti, come nelle tavolette sacre, nei simboli. E’ per essi che l’uomo ha potuto crearsi il senso del tempo, coi suoi ritorni (il nascere e il tramontare; il calare e il crescere). E’ per essi che l’uomo ha potuto convincersi della resurrezione (perché ogni sole cala nel buio-nel regno dei Morti-rinasce. E così la luna). Tutto ciò costituisce la Scienza di Medea, che rendeva giusta e necessaria la sua presenza nel mondo. Ora essa ha smarrito questa scienza, come una bestia strappata al suo pascolo, che non si orizzonta più. Guarda il Sole, guarda la Luna” (p. 505).
Bologna 19 aprile 2022 ore 17
giovanni ghiselli
p. s.
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[1] P. P. Pasolini, Dialoghi definitivi di “Medea”, scena 7. In op. cit., p. 544 e p. 545.
[2] P. P. Pasolini, Il vangelo secondo Matteo, Edipo re, Medea, Dialoghi definitivi di “Medea”, scena 20., p. 546.
[3] P. P. Pasolini, Il vangelo secondo Matteo, Edipo re, Medea, “visioni della Medea” di P. P. Pasolini (trattamento), p. 507.
[4] Op. cit., p. 557
[5] P. P. Pasolini, Il vangelo secondo Matteo, Edipo re, Medea, “visioni della Medea” di P. P. Pasolini (trattamento), p. 497.
[6] Op. cit., p. 552.
[7] P. P. Pasolini, Il vangelo secondo Matteo, Edipo re, Medea, “visioni della Medea” di P. P. Pasolini (trattamento), p. 483.
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