mercoledì 6 aprile 2022

Edipo re IX parte. La Sfinge e il suo indovinello.


 

Può essere collocata sotto i vv. 36 e sgg.

Apollodoro (Biblioteca, 3,5,7-8) ci informa che l'enigma era:"Che cosa è quella che, senza cambiare nome, può essere di quattro, due e tre piedi?" Chi non azzeccava la risposta veniva abbrancato e divorato dalla Sfinge che stava sul monte Ficio, presso Tebe e proponeva l'indovinello ai miseri abitanti della città.

 

Secondo Esiodo che usa la forma beotica Fivx (Fi'k j(a) in Teogonia 326),costei era un mostro femminile, nata dall’accoppiamento di Orto con la propria madre, la luttuosa Echidna, e costituiva una rovina esiziale per i Cadmei. Essa era dunque sorella del leone nemeo, e sorellastra (oltre che figlia) di Orto, il cane bicefalo di Gerione, quindi sorellastra di Cerbero, il cane di Ades dal ringhio metallico, dell'Idra di Lerna, consapevole solo di atroci azioni, e della Chimera tricipite, spirante indomabile fiamma; nati tutti da Echidna e Tifone. Un bel guazzabuglio di ibridi mostruosi.

“Ma potrà allora essere un caso che nella Theogonia esiodea[1], la Sfinge sia detta figlia di Echidna e del figlio di lei, Orto? Propositrice di enigmi, enigma vivente essa stessa, la Sfinge è anche il risultato di una unione incestuosa. Propositrice di enigmi che si lascia sconfiggere da un futuro incestuoso, la Sfinge è essa stessa-nella sua nascita, nella sua forma, nella sua funzione-un condensato dell'intero mito di Edipo” [2].

La Sfinge aveva volto di donna, petto, zampe e coda di leone, e ali di uccello.

Euripide nel terzo stasimo delle Fenicie (vv.1018 e sgg.) la chiama:"Oh alata, parto della terra e dell'infernale Echidna, rapace dei Cadmei, assassina, causa di molto pianto", e così via, in un crescendo di epiteti volti a definire la natura micidiale dell'orrendo flagello dagli artigli omicidi.

Le Fenicie  di Seneca la definiscono :"saeva Thebarum lues/luctifica coecis verba committens modis "(vv.131-132), l'atroce flagello di Tebe che inanellava parole funeste con tenebrosi enigmi.

Anche in questo la Sfinge è simile a Edipo  

Nell’ Oedipus di Seneca il protagonista viene definito dall'ombra di Laio:" implicitum malum,/magisque monstrum Sphinge perplexum sua" (vv. 638-639) male aggrovigliato e mostro contorto più della Sfinge sua.

La Sfinge è il brutto senza semplicità.

 

 La Sfinge dunque fa parte di quella "mitologia inferiore" popolata da tali creature inquietanti che volteggiavano nel caos primordiale, il vuoto immenso da cui nacquero l'Erebo e la nera notte. Erano siffatti esseri spaventosi a incutere quell'orrore, quel rifiuto della vita che trova poi espressione letteraria nella triste saggezza del Sileno (cfr.Erodoto, I, 31 per esempio:"dievdexev te ejn touvtoisi oJ qeo;" wJ" a[meinon ei[h ajnqrwvpw/ teqnavnai ma'llon hj; zwvein", fece vedere in questi-Cleobi e Bitone- il dio che per l'uomo è meglio essere morto che vivere ).  La sapienza silenica secondo Nietzsche costituisce il tratto più antico della cultura ellenica, cui però seguirono gli dei olimpici voluti da "quell'istinto apollineo della bellezza" che cosmizzò il caos e diede alla vita umana una giustificazione estetica, tanto che Ulisse nell'Odissea  (mh; dhv moi qavnatovn ge parauvda , faivdim  j Odusseu', non rendermi accetta la morte XI, 488) non può consolare Achille della morte, siccome nell'epos omerico questo cupio dissolvi si è rovesciato, e vivere è divenuto il valore supremo.

Compito degli eroi (primi fra tutti Eracle e Teseo il bonificatori dorico e l’ateniese ) è quello di confutare la mostruosità per affermare la civiltà umana; anche Edipo fa un tentativo in questo senso, e, rispondendo"l'uomo", coglie il bersaglio. Il suo temporaneo successo tebano può essere interpretato in vari modi.

E. Fromm (Il mito di Edipo in Il linguaggio dimenticato, pp.188-220) sostiene che il figlio di Laio non ha il merito di avere risolto un enigma difficile, ma quello di avere svelato il senso latente della domanda, ossia l'importanza e la centralità della creatura umana. Eppure la salvezza raggiunta e donata alla città non è sicura; nel corso del prologo apprendiamo che Tebe,dopo essere stata raddrizzata (levgh/ nomivzh/ q j hJmi'n ojrqw'sai bivon, v.39) sta cadendo di nuovo ( stavnte" t j ej" ojrqo;n kai; pesovnte" u{steron, v.50). Edipo insomma non ha conseguito una vittoria definitiva.

 P. P. Pasolini nel suo film Edipo re  fa gridare alla Sfinge:"L'abisso in cui mi spingi è dentro di te". Il vincitore temporaneo si è accoppiato con Giocasta dopo avere ammazzato Laio: non è riuscito a staccarsi dalla madre, trovando una propria identità autonoma da lei, né ad avere un rapporto positivo con il padre. Il caos primordiale, pieno zeppo di animali schifosi e maligni, infatti coincide con la confusione della coscienza dove bisogna mettere ordine e gettare luce per diventare uomini. Il re di Tebe si è fermato a metà. La soluzione positiva si trova nell'ultimo dramma, quando il cieco comprenderà di avere agito senza l'uso supremo della coscienza (cfr. Edipo a Colono, vv.266-267:" ejpei; tav g j  e[rga mou-peponqovt j ejsti; ma'llon  h] dedrakovta", le mie azioni piuttosto che compierle io le soffersi"), e allora gli dei che lo avevano abbattuto, lo rimettono in piedi(v.394).

Il lunatic king Shakespeare dirà parole simili: E il lunatic kung: “I am a man/more sinned against than sinning” (King Lear, III, 2), io sono un uomo contro il quale si è peccato , più che un peccatore   

 

La lotta dei mostri fra loro, e dell'ordine contro di loro, è il tema di tanta parte della cultura greca del quinto secolo. E' rappresentato anche in pietra nel frontone occidentale del tempio di Zeus a Olimpia: Apollo è la figura centrale diritta e serena che sovrasta una barbarica zuffa di Lapiti e Centauri  contorti dall'odio e dal dolore. I maledetti nubigeni acri e bimembri, e i loro avversari, significano l'orrore e il disordine tanto del mondo quanto dell'anima umana; Febo impersona e indica la santa misura dell'uomo civile e colto, pepaideumevno".

Per concludere, la Sfinge dal canto variopinto ( hj poikilw/do;" Sfivgx,  v.130), la cagna cantatrice  (hj rjaywdo;" kuvwn, v.391) rappresenta una divoratrice furente, e, nello stesso tempo, il crogiolo ribollente dell'inconscio, nonché il disordine primordiale.

Ha ragione Calvino quando afferma che è necessaria una grande delicatezza d'animo per essere un vincitore di mostri (Lezioni americane, p. 10).

Vediamo infine come T. Mann dscrive la Sfinge egiziana; “Che cosa diceva quell’enigma? Non diceva assolutamente nulla. Consisteva nel silenzio, nel silenzio imperturbabile ed ebbro con cui quell’essere mostruoso ( …) mirava con sguardo selvaggio e veggente lontano, oltre colui che interrogava e nello stesso tempo veniva interrogato (…) Era una Sfinge, cioè un enigma e un mistero; e precisamente un mistero selvaggio, con branche di leone, cupido di sangue giovane, pericoloso per il figlio di Dio(…) Su quel petto di roccia, tra le branche di quel drago femmina, non si sognavano sogni di promessa, e tutt’al più sogni ben miseri”[3].

Bologna 6 aprile 2022 ore 17, 52

 

giovanni ghiselli

p. s.

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[1] 326 sgg. cfr. anche 309.

[2] M. Bettini, L'arcobaleno, l'incesto e l'enigma a proposito dell'Oedipus di Seneca, "Dioniso", 1983, pp. 152-153.

[3] T. Mann, Giuseppe e i suoi fratelli, vol. III, Giuseppe in Egitto, p. 100.

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