NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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sabato 16 aprile 2022

Sofocle, "Edipo re". 6. Traduzione e commento, vv. 37-45

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Traduzione dei versi 37-39
"e questo, senza sapere da noi nulla di più,
e senza avere ricevuto insegnamenti, ma con l'aiuto di un dio
sei detto e sei ritenuto quello che ci ha raddrizzato la vita-
 
Commento
tau'q  j= tau'ta (e[praxa", hai fatto)
Oujd j ejkdidacqeiv": participio aoristo passivo da ejkdidavskw.
 Edipo non è stato istruito e non sa; questo non è un bene: imparerà con il dolore.
Esiodo (Opere, v.218) sentenzia: "paqw;n de; te nhvpio" e[gnw", con la sofferenza anche l'inesperto arriva ad imparare. Avvicinandosi alla fine di questo dramma (v.1370), Edipo ordina al corifeo: "mhv m j ejkdivdaske", non volermi insegnare. E' u{bri" da parte sua non ammettere apprendimento e non ascoltare.
Nell'Edipo a Colono, pronunciando il discorso conclusivo (vv.1356 sgg.) il cieco, che ha appreso dal dolore, insegna a Teseo (pur già sapiente per averlo provato,v.1539), e a tutti noi, che gli dei vedono tardi, ma bene, quando uno trascura il divino e si volge alla pazzia: "Qeoi; ga;r   eu\   mevn, ojye; d j eijsorw's j, o{tan ta; qei'  j ajfeiv" ti" ej" to; maivnesqai traph'/" (vvvvvvvvvv.1536-1537).
 L'ex re di Tebe nell'ultima tragedia finalmente ha capito che colui il quale si innalza troppo, diventa infimo agli occhi degli dei.
 
levgh/ nomivzh/: siamo nell'ambito della dovxa, della reputazione e dell'opinione, non della verità. Edipo è detto ed è considerato, non "è" quello che ha raddrizzato la città.
 
ojrqw'sai: infinito dell'aoristo di ojrqovw.  Rendo ojrqov",  con  significato anche vitalistico-sessuale: hai restituito vigore e fecondità alla povli".
 
La potenza vitale e sessuale del capo si riverbera sulla città: nell'Antigone leggiamo:
"Creonte infatti era invidiabile, secondo me, una volta,
siccome aveva salvato dai nemici questa terra di Cadmo,
e, avendo preso il potere assoluto sulla regione,
la dirigeva, mentre fioriva per nobile seminagione di figli(hu[qune, qavllwn eujgenei' tevknwn spora'/);
ed ora tutto è buttato via. Infatti quando
l'uomo abbandona la gioia, io non ritengo
che sia vivo costui ma lo considero un cadavere che respira" (1161-1167). E’ il messaggero che parla, all’inizio dell’esodo subito dopo il quinto stasimo che cantava l’illusione di un lieto fine.
 
Questo capovolgimento che inganna le attese ottimistiche è tipica dei drammi di Sofocle: "In quattro tragedie, e cioè Antigone, Aiace, Edipo re, Trachinie, poco prima della catastrofe, il Coro, convinto o illuso che le cose stiano cambiando in meglio, si abbandona a una danza allegra, l'iporchema. Teatralmente è una trovata geniale. Il pubblico che è, per così dire, preveggente in quanto conosce la trama della vicenda, soffre per la cecità del Coro, per la sua incapacità di prepararsi al peggio (…) La tragedia di Sofocle è il resoconto di un assedio a cui il protagonista è sottoposto, per lo più in modo terribile, e che si conclude con l'espugnazione del suo mondo. Si può individuare una linea che ora ascende e ora discende, c'è un momento in cui l'eroe sembra spuntarla sul male e sui nemici. Almeno così ritiene il Coro in quattro tragedie su sette. Il suo comportamento sottolinea l'inadeguatezza della ragione umana nel cogliere i movimenti profondi del divenire"[1].
“Forse è un decreto della provvidenza che ci colga l’euforia quando stiamo davanti all’abisso”[2].
Recentemente ho visto di nuovo, in televisione, Rocco e i suoi fratelli di Visconti. E' un grande film, e a me particolarmente congeniale perché ha il sapore delle tragedie greche. Con "il senno di adesso" ho notato un particolare in più: la catastrofe finale di Nadia e Simone è preceduta dalla festa per il successo pugilistico di Rocco
 
Del resto il raddrizzamento stabile e completo della città è prerogativa degli dei: cfr. ancora Antigone: vv.162-163:"ta; me;n dh; povleo" ajsfalw'" qeoi;- pollw'/ savlw/ seivsante" w[rqwsan pavlin", gli dei hanno raddrizzato stabilmente le sorti della città, dopo averla scossa con grande flutto ; poco più avanti  Creonte aggiunge che Edipo aveva fatto un tentativo di raddrizzare Tebe, ma poi era morto: "Oijdivpou" w[rqou povlin,-kajpei; diwvlet j " (167-168).
 
Traduzione vv. 40-41
"Ma ora, o capo di Edipo assai potente per tutti,
noi tutti qui supplichiamo rivolti a te”
 
Commento
40 kavra: il capo, l'acropoli dell'uomo, serve a designare la persona attraverso la sua parte (sineddoche) più nobile (cfr. il primo verso dell'Antigone " " O koino;n aujtavdelfon jIsmhvnh" kavra", o capo davvero fraterno di Ismene, sangue mio, e  "il sacro capo del tuo Parini" del carme I Sepolcri, di Foscolo, v.71).
41 oi{de: indica i presenti con un gesto della mano.
-provstropoi:significa l'attesa e la tensione indirizzate al nuovo capo, che, presunto molto potente (kravtiston del v. 40), ha sostituito il vecchio re indebolito o morto. Nel v. 41 c'è un anapesto in prima sede.
 
Traduzione dei versi 42-43
“di trovare una difesa per noi, sia dopo avere ascoltato la voce
di uno degli dei, sia che tu sappia qualcosa da un uomo magari-
 
Commento
42 ajlkhvn: il popolo si aspetta una difesa e un aiuto per risollevarsi. Edipo sarà degno di comandare ancora se potrà ascoltare uno degli dei, oppure, in via subordinata, se riuscirà in qualche modo (43 pou) a cogliere il segreto della salvezza da un uomo; ma finché non vorrà ascoltare le persone (Tiresia e Creonte) alle quali il dio Apollo, profeta di Zeus (cfr. Eschilo, Eumenidi,19) ha svelato il suo volere, il re si rivelerà indegno della fiducia popolare e della guida di Tebe.
42 euJrei'n: infinito dell'aoristo di euJrivskw.
V. Di Benedetto (Sofocle pag.91) fa notare con una serie di esempi che questo verbo è un termine chiave per la cultura razionalistica e scientifica greca. Ma nell'Edipo re  subisce un rovesciamento e perde il significato positivo conferitogli, tra gli altri, da Senofane (D.K.21 B 18,  2), dal momento che l'euJrivskein di  Edipo corrisponde alla scoperta della sua empietà e rovina. Del resto, aggiungo, il Prometeo di Eschilo non è euJrethv" solo di beni-
42 tou=tinov"
 
Traduzione dei versi 44-45
poiché per coloro che hanno esperienza, anche le disgrazie
vedo vivere, soprattutto quelle che derivano dai calcoli”.
Commento
Sono versi molto problematici: li ho tradotti secondo il significato complessivo dell’opera di Sofocle. Confesso che non mi sono chiari.
Un’altra traduzione, probabilmente meno arbitraria, può essere “poiché per gli esperti vedo vivere anche gli eventi, soprattutto derivati dalle decisioni”.
 
44 toi'sin empei'roisi: questo dativo e tutto il distico costituiscono una prima confutazione, ancora enigmatica e contorta, dell'idea laica e intellettualistica per cui attraverso i progetti fondati sulla cruda esperienza si arriva al successo. Quello che per la mentalità empirico razionalistica è un processo solo naturale da utilizzare, per l'uomo religioso può essere ierofania da venerare. I calcoli mortificano il sentimento complessivo della vita e, viceversa, fanno vivere le sciagure. L'esperienza umana, se non è integrata con la morale e con la pietà, se viene analizzata quale materia, diventa una disgrazia.
Sulla stessa linea culturale si trova il celebre to; sofo;n d j ouj sofiva ( Euripide, Baccanti, v.395); il sapere non vale nulla, non è sapienza quando non riconosce sopra di sé il sacro e il divino  che inspiegabilmente lega"con amore in un volume ciò che per l'universo si squaderna".

La stessa verità fa dire Platone a Socrate nella Apologia (23a): "to; de; kinduneuvei, w\ a[ndre", tw'/ o[nti oJ qeo;" sofo;" ei\nai, kai; ejn tw'/ crhsmw'/ touvtw/ tou'to levgein, o{ti hJ ajnqrwpivnh sofiva ojlivgou tino;" ajxiva ejsti;n kai; oujdenov"", ma questo è il rischio, o cittadini, che il dio sia davvero sapiente, e che in questo responso voglia dire ciò: che la sapienza umana vale solo un poco, anzi niente.
C. Del Grande in Tragw/diva (pag.95) individua la condanna della " sapienza superba" di Edipo cui "manca quella sapienza più desiderabile che induce l'uomo a restare tra i limiti della sua condizione".
 
44 ta;" sumforavvvvv": si ricordi la sentenza del Solone nelle Storie di Erodoto ( I, 32, 4):"pa'n ejsti a[nqrwpo" sumforhv", l'uomo è cosa tutta in balia dell’evento. Insomma i mortali con i calcoli non possono controllare il destino: siamo noi in balia delle cose.-
45 zwvsa": participio predicativo dell'oggetto da zavw.
 
Bologna 16 aprile 2022 ore 19, 46
giovanni ghiselli
 
p. s.
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[1] U. Albini, Nel nome di Dioniso, p. 51 e p. 251.
[2] C. Wolf, Medea,  p. 181

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