NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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giovedì 14 aprile 2022

Sofocle, "Edipo re". 4. Traduzione e commento, 25-30

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Traduzione dei versi 25-30
"e si consuma nei calici infruttuosi della terra,
si consuma nelle mandrie dei buoi al pascolo, e nei parti
senza figli delle donne; e intanto, il dio portatore di fuoco,
scagliatosi,si avventa sulla città, peste odiosissima,
dalla quale è vuotata la casa di Cadmo,e il nero/
Ades si arricchisce di gemiti e lamenti".
 
Commento
 E' la descrizione del flagello. La sterilità che deriva dai delitti o dagli errori dei capi, non consente alla terra di produrre frutti, né alle femmine di partorire. Anche questo è  un tovpo" diffuso.
 
Faccio un esempio tratto da Erodoto: Cambise, figlio di Ciro il Vecchio, agì più con celerità che con saggezza, per l'errata interpretazione di un sogno, e fece ammazzare il fratello Smerdi. Quindi si ferì, inavvertitamente, a morte con una spada la cui punta uscita dal fodero gli colpì una coscia nello stesso punto in cui egli aveva inflitto un colpo al teriomorfo dio egiziano Api (III, 64)
Infine raccomandò agli Achemenidi di non permettere che il potere passasse di nuovo ai Medi, ma se questi lo avessero conquistato con la forza, i Persiani avrebbero dovuto  recuperarlo con  forza e violenza. Se i Persiani faranno questo, augura il re ammalato:"uJmi'n gh' te karpo;n ejkfevroi kai; gunai'ke;" te kai; poi'mnai tivktoien", la terra vi produca frutti e le donne e le greggi partoriscano;  altrimenti per loro ci sarebbe stata la sterilità e la schiavitù (Storie, III, 65). 
 
Ho citato Erodoto più di una volta: le affinità tra lo storiografo e il drammaturgo sono rilevabili nella impostazione generale, siccome entrambi gli scrittori mirano alla santificazione di Delfi, e anche nei particolari, tanto che è possibile segnalare diversi echeggiamenti sofoclei. Per esempio l'Antigone   ai versi 904 e sgg. ricorda Erodoto , III, 118-119; L'Edipo a Colono  ai vv.337 e sgg. rammenta Erodoto, II, 35.
 
Secondo Perrotta "il poeta (...) prende a prestito da Erodoto il motivo dell'infecondità della terra"; e, più in generale:"l'atteggiamento di Erodoto è quello di Sofocle" (Sofocle, p.207).
 
Il motivo della sterilità è presente, in forma personalizzata, anche nell'Andromaca  di Euripide dove Ermione accusa la vedova di Ettore della propria infecondità foriera di morte (v.158):"nhdu;" d j ajkuvmwn dia; sev moi diovllutai", il grembo sterile per causa tua mi si distrugge.
 
Nel Medio Evo troviamo qualche cosa di simile in alcuni episodi del ciclo del Graal. E. R. Curtius (Letteratura europea e Medio Evo latino p.129) ricorda che Perceval, "il giovane eroe della leggenda arriva in un paese brullo, dove sono inaridite tutte le sorgenti e le vegetazioni, e dove il sovrano, il re pescatore, è ammalato, ferito, mantenuto in vita solo grazie alla coppa miracolosa del Graal. Di quale malattia si tratta? Alcune edizioni ricorrono ad eufemistiche perifrasi, altre dicono chiaramente che è l'impotenza virile-la stessa minorazione, dunque, che è simbolizzata nella mutilazione del frigio Attis e nella ferita mortale di Adone. Se il re guarisse, il paese sarebbe salvo, perché la sua malattia è causa dell’inaridimento".
Nel paese del Re Pescatore ferito dunque c'è la sterilità minacciata dal Cambise ferito di Erodoto e pure presente nell'Edipo re  di Sofocle
T. S Eliot sostiene  che tutta la letteratura europea da Omero in avanti è contemporanea a se stessa.
Sentiamo le sue parole
Il senso storico e quello letterario  impongono una visione d’insieme: "with a feeling that the whole of the literature of Europe from Homer and within it the whole of the literature of is own country has a simultaneous existence and composes a simultaneous order"[1],  con la sensazione che tutta la letteratura europea da Omero, e, all'interno di essa, tutta la letteratura del proprio paese, ha un'esistenza simultanea e compone un ordine simultaneo.
Allora può essere utile un confronte fra la Tebe desolata di Sofcle e  la desolazione del poema The waste land (1922) dove T. S. Eliot descrive la sterilità, la paralisi, l'impotenza provocate dai delitti e dall'empietà. Polvere e mancanza di pioggia, o la presenza di acqua inquinata, sono simboli ricorrenti, "correlativi  oggettivi" dell'aridità spirituale, mentre il canto già sacro dell'usignolo suona come "Jug Jug to dirty ears"(v.103), giag giag a orecchie sporche, e Tiresia l'indovino che ebbe sede presso Tebe, sotto le mura (v.245), assiste alla seduzione di una dattilografa annoiata, da parte di un giovanotto foruncoloso (v.231).
Lo stesso Eliot dedicò il suo poemetto a Ezra Pound, "il miglior fabbro", il quale scrisse:"
 Go, my songs, seek your praise from the young and from the intolerant/
Move among the lovers of perfection alone.
Seek ever to stand in the hard Sophoclean light
And take your wounds from it gladly, andate mie canzoni, cercate la vostra lode dai giovani e gli insofferenti, frequentate solo gli amanti della perfezione, cercate di stare sempre nella dura luce sofoclea e ricavatene la vostre ferite con animo lieto "(Ité da Lustra, 1916  in Opere scelte , p. 99).
 
25 e 26-fqivnousa in anafora. La città si consuma e declina poiché svaniscono gli oracoli (cfr. Edipo re, v.907) e vanno a male gli dei (v.910). La decadenza della vita consegue al tramonto del sacro.
Il dramma di Sofocle tende a risollevare il divino; se i Greci lo comprenderanno, vedranno la città risorgere e raddrizzarsi, altrimenti ci sarà la morte della tragedia, della povli" e della sua cultura permeata di religione: cfr. i vv.897-902 del secondo stasimo:"Non andrò più all'intangibile/ ombelico della terra a pregare,/ né al tempio di Abae,/ né a Olimpia, /se queste parole indicate a dito/ non andranno bene a tutti i mortali".
25.kavluxin ejgkavrpoi": dativo di luogo con l'aggettivo che propriamente significa fruttifero, in quanto riferito alla situazione precedente la peste.
 Al verso 26 c'è un tribraco in seconda sede.
27-ajgovnoi": anapesto in prima sede. Sono i parti senza prole (aj-govno").
Ancora una volta viene in mente un passo di Erodoto :"ou[te gh' karpo;n e[fere ou[te gunai'kev" te kai; poi'mnai oJmoivw" e[tikton kai; pro; tou' (VI,139), né la terra produceva frutti né le donne e le greggi partorivano come prima (ai Pelasgi che avevano ucciso mogli e figli). La vita offesa si vendica.
27- ejn è avverbio=intanto. 
27-oJ purfovro" qeov" : è Ares, il dio delle stragi belliche, quello che Eschilo chiama "il cambiavalute dei corpi"(oJ crusamoibo;" swmavtwn, Agamennone, 437) e Sofocle nella Parodo di questa stessa tragedia il dio disonorato tra gli dèi- to;n ajpovtimon ejn qeoi'" qeovn- (v. 215).
Secondo Sofocle, conflitti e peste sono conseguenza dell'empietà, mentre il razionalista Tucidide, abolita l'intelaiatura teologica, sostiene che fu la guerra a causare la peste, e fu questo morbo a determinare l'incuria del divino (II,52).
28 -skhvya"=participio dell'aoristo di skhvptw=mi scaglio.
28-loimo;" e[cqisto": ha pure un significato morale di perdita o inquinamento dei valori religiosi e dei sentimenti umani; e[cqistoi (superlativo di ejcqrov") nell'Antigone (vvvvvvv.137) sono i venti di guerra spirati dalla furia blasfema di Capaneo nel folle assalto a Tebe.
29-kenou'tai. Lo svuotamento temuto da Sofocle è quello delle vite umane , in termini sia biologici, sia intellettuali e morali.
Se accettiamo la datazione di C. Diano, il 411, e quella di G. Perrotta che annovera la tragedia fra le ultime del poeta, nella descrizione della peste possiamo trovare riferimenti alla seconda fase della guerra del Peloponneso, e, in particolare, alla sciagurata spedizione in Sicilia, voluta da Alcibiade, lo spregiatore degli dei e dell'etica tradizionale, il profanatore dei riti sacri, colui che nell'espandersi del conflitto panellenico cercava occasioni di potenziamento personale (cfr.Tucidide,VI,15,4).
Nell’ ambizione smodata di questo giovane del resto si riconosceva e identificava l'egoismo etnico di molti Ateniesi.-
29- mevla" dj j: l'elisione in fine di verso è caratteristica di Sofocle  e pertanto si definisce sch'ma Sofovkleion.      
Un'altra efficace denuncia delle guerre scatenate dall'avidità di un popolo e dei suoi capi che la mascherano in vari modi, la troviamo nel discorso appassionato di Calgaco, il capo dei Caledoni ribelli , contro i Romani predoni del mondo: "Auferre,trucidare, rapere,falsis nominibus imperium, atque ubi solitudinem faciunt, pacem appellant ".(Tacito, Agricola, 30).
 
30-ploutivzetai. L'arricchimento che proviene dalla guerra è tale solo in termini di morte, dolori e pianti. Forse questo verbo è usato anche per associazione con Plou'ton, un altro modo di chiamare Ades. Aristofane nel Plou'to" confonde i due nomi al v.727 dove usa il dativo tw/' Plouvtwni da Plouvtwn.
Qui il gioco di parole è giustificato dal fatto che durante i conflitti, al dolore di molti uomini corrisponde l'arricchimento di pochi.
Seneca nel De ira   ricorda che i re incrudeliscono e compiono rapine e distruggono città costruite con lunga fatica di secoli per cercare oro e argento dentro le ceneri degli edifici urbani:"reges saeviunt rapiuntque et civitates longo saeculorum labore constructas evertunt ut aurum argentumque in cinere urbium scrutentur " (III, 33, 1)
 

Bologna 14 aprile 2022 ore 16, 50
giovanni ghiselli
 
p. s
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[1] Tradition and the Individual Talent (del 1919)

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