giovedì 7 aprile 2022

Edipo re XII parte I responsi di Febo. Linea delfica (Sofocle, Erodoto) e linea antidelfica (Euripide).


    

Può andare sotto i vv. 907-910

Nell’Edipo re (vv. 853-858) Giocasta suggerisce al figlio di non tenere conto delle profezie dell’oracolo delfico che avevano vaticinato la morte di Laio per mano del figlio

Una razza petulante e minacciosa quella della pretaglia.

 

E' la linea antidelfica, procedendo sulla quale il "sacrilego" Euripide presenta i ministri di Apollo come una masnada di assassini sanguinari. Nell'Andromaca Neottolemo, il ragazzo di Achille, stando sotto gli occhi di tutti, prega il dio, e viene ferito; allora domanda:"tivno" m j e{kati kteivnet j eujsebei'" oJdou;" h{konta; poiva" o[llumai pro;" aijtiva";", perché mi uccidete sulla strada della pietà? Per quale colpa muoio?"(vv.1125-1126), ma nessuno dei molti presenti gli rispose; anzi lo uccisero colpendolo con pietre. Tutto questo è raccontato da un messo che alla fine della rJh'si" (v.1164) accusa Apollo di essere w{sper a[nqrwpo" kakov", come un uomo malvagio, e domanda:"pw'" a]n ou\n ei[h sofov";", come potrebbe essere saggio?.

La Giocasta dell'Edipo re  dunque è sulla linea  del drammaturgo blasfemo,  che uccise il mito, la religione , la tragedia e i suoi eroi, portando lo spettatore sulla scena e aprendo la strada  ai"beffardi Luciani" dell'antichità (cfr. Nietzsche, La nascita della tragedia, cap.11).

 

 Invece Sofocle, poeta religioso, si oppone a questa posizione, e confuta la regina sacrilega mandandola in rovina.

Su questa stessa linea com'è noto, si trova Erodoto. L'intelaiatura teologica delle sue storie contiene prodigi e presagi, suggerimenti e suggestioni provenienti da quel numinoso che non sbaglia un colpo. Gli uomini che  accusano la divinità di ingannarli attraverso risposte o segni fallaci, hanno sempre torto.

Facciamo un esempio molto noto e significativo. Creso, sconfitto e fatto prigioniero da Ciro, gli diede un consiglio del quale il vincitore si compiacque e in cambio offrì al vinto la facoltà di chiedergli un dono. Il detronizzato allora fece la richiesta di mandare alcuni Lidi a Delfi, con i ceppi  che lo avevano incatenato, perché domandassero al dio degli Elleni se fosse sua abitudine ingannare gli uomini  benefattori del santuario:"eij ejxapata'n tou;" eu\ poieu'nta" novmo" ejsti; oiJ"(I,90). Fin qui lo storiografo sembra dare voce a un biasimo duro e meritato da Apollo, sul genere di quelli espressi da alcuni personaggi  dell'ipercritico Euripide; per  fare un altro esempio Eracle dice dice:"dei'tai ga;r oJ qeov", ei[per e[st j ojrqw'" qeov",-oujdenov": ajoidw'n oi{de duvsthnoi lovgoi", dio, se è davvero dio, non ha bisogno di nulla; queste sono povere favole di aedi (Eracle, vv.1345-1346), buttando nella spazzatura tutta la religione olimpico-pagana, come potrebbe fare un padre della chiesa cristiana o Manzoni nelle Osservazioni sulla morale cattolica .

Erodoto però non era fatto di quella pasta.

Il Nestle (Storia della religiosità greca, p.227) nota che lo storiografo"come Sofocle, crede fermamente nella mantica; sebbene conosca un caso di corruzione della Pizia (VI,66), non per questo mette in dubbio l'incondizionata attendibilità dell'oracolo di Delfi".

Infatti la profetessa santa, ai messi di Creso rispose che tanto per cominciare non è possibile neppure a un dio sfuggire al fato:"th;n peprwmevnhn moi'ran ajduvnatav ejsti ajpofugei'n kai; qew'/" (I, 91). Inoltre l'ex re di Lidia aveva espiato il fallo del suo quinto antenato Gige, il quale assecondando una congiura di donna aveva ucciso il suo signore Candaule e aveva preso un potere che non gli spettava. Per giunta Creso era stato poco acuto nell'interpretare l'oracolo del Lossia quando gli prediceva che se avesse fatto una spedizione militare contro i Persiani, avrebbe distrutto un grande impero:"h]n strateuvhtai ejpi; Pevrsa", megavlhn ajrch;n aujto;n kataluvsein"; il re di Lidia avrebbe dovuto chiedere anche di quale impero si trattasse: se di quello di Ciro o del proprio. Infine la Pizia lo aveva messo in guardia da un mulo (I,55) e con quell'animale ibrido intendeva indicare Ciro, nato da padre e madre di stirpi diverse: la madre (Mandane figlia del re dei Medi Astiage) di lignaggio più alto, il padre (il persiano Cambise), di molto inferiore:"h\n ga;r dh; oJ Ku'ro" ou{to" hJmivono": ejk ga;r duw'n oujk oJmoeqnevwn ejgegovnee, mhtro;" ajmeivnono", patro;" de; uJpodeestevrou"(I, 91). In seguito a questa spiegazione Creso giunse alla resipiscenza e si salvò:"oJ de; akouvsa" sunevgnw eJwutou' ei'jnai th;n aJmartavda kai; ouj tou' qeou'", udito questo comprese che suo era l'errore e non del dio(I, 91, 5-6).

Probabilmente ha ragione Santo Mazzarino quando, dopo avere trovato varie analogie fra le tradizioni ellenico-micenee (presenti in diverse tragedie) e quelle persiane, afferma che" Erodoto rinnovava l'incontro, che deve rimontare già a due o tre generazioni prima di lui, fra la cultura dell'aristocrazia greca e le tradizioni dell'aristocrazia "feudale" iranica".(Il pensiero storico classico , I vol. p.172). Ma la fede negli oracoli e nei segni mandati dalla divinità non si ferma al mondo greco; Tacito nelle Historiae (I,18) scrive:"Quae fato manent, quamvis significata non vitantur ", quello che dipende dal fato, sebbene preannunciato, non si può evitare. 

 

Bologna 7 aprile 2022 ore 10, 15

giovanni ghiselli


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