Antifemminismo II parte
Su questa linea calunniosa nei confronti delle donne se vogliamo si trova anche Semonide di Amorgo autore (nei primi anni del VI secolo) di un Giambo sulle donne (fr. 7 D.), una tra le più famose espressioni dell'antifemminismo greco.
Questo poeta fa derivare le femmine umane di vario carattere da altrettante bestie: il primo tipo discende dal porco irsuto: costei sta non lavata in vesti sporche a ingrassare in mezzo al luridume (vv. 5-6).
Il secondo deriva dalla volpe[1] maliziosa, esperta di tutto, non le sfugge niente, sovverte le categorie morali ed è di umore cangiante.
La terza femmina proviene dalla cagna che latra in continuazione e non basta lapidarla per farla tacere.
La quarta, figlia della terra, è pigra e pesante.
La quinta deriva dal mare ed è mutevole e capricciosa poiché tale è il pelago : a volte calmo, quando l'acqua marina, d'estate, è una grande gioia per i marinai, a volte invece si infuria ed è agitato da onde di cupo fragore. Insomma tale donna può diventare una bufera di femmina.
La sesta discende dall'asina, scostumata, sessualmente vorace;
la settima dalla donnola, sciagurata, disgustosa e ladra;
l'ottava proviene dalla cavalla, morbida e adorna di una folta criniera. Non sopporta i lavori domestici e si fa amico l'uomo solo per necessità. Questa è la donna narcisista e parassitaria che passa il tempo a pettinarsi, truccarsi, profumarsi. Una creatura del genere è uno spettacolo bello a vedersi per gli altri, ma per chi se la tiene in casa è un male, a meno che sia un despota o uno scettrato che di tali vezzi si gloria nell'animo.
Tale è perciò la donna adatta ai tiranni che nella cultura greco-latina sono paradigmi negativi. Costoro del resto hanno fama di violentare le donne come si legge[2] nella descrizione che Otane fa del mouvnarco" nel dibattito sulla migliore costituzione raccontato da Erodoto (III, 80).
Quella che discende dalla scimmia è brutta e ripugnante.
Ultimo tipo, e unico raccomandabile, è quello che deriva dall'ape ( "ejk melivssh" ", v. 83). Questa femmina ha tutte le caratteristiche della buona sposa e chi se la prende è fortunato. A lei sola infatti non siede accanto il biasimo (mw'mo"), grazie a lei fiorisce la prosperità, invecchia cara con lo sposo che l'ama[3] dopo aver generato una bella prole, diviene distinta tra tutte le donne, la circonda grazia divina (qeivh...cavri", v. 89) e non si compiace di star seduta tra le donne quando parlano di sesso.
Leopardi traduce questi versi (90-91) così :"né con l'altre è solita/goder di novellari osceni e fetidi".
Del resto a Silvia la natura negò le conversazioni gentili e delicate con altre ragazze :"né teco le compagne ai dì festivi/ragionavan d'amore" (vv. 47-48).
Dunque una possibilità di non essere cattiva per la donna c'è secondo Esiodo e Semonide. Molto più radicale nella negatività e nella certezza di non poter trovare una buona moglie è l'Ippolito di Euripide
Vediamo alcune espressioni della fantasia contraria alla natura di generare senza l'unione tra l'uomo e la donna, creature che secondo natura sono invece quant'altre mai congeniali tra loro.
Prima di Ippolito sentiamo però Giasone nella Medea di Euripide:"Crh'n ga;r a[lloqevn poqen brotou;"-pai'da" teknou'sqai, qh'lu d j oujk ei\nai geno": -cou{tw" a]n oujk h\n oujde;n ajnqrwvpoi" kakovn" (vv. 572-575), bisognerebbe infatti che in altro modo, donde che sia, gli uomini generassero i figli, e che la razza delle donne non esistesse, così non ci sarebbe nessun male per gli uomini.
Insomma il male è la femmina.
Nell'Ippolito il protagonista, sdegnato con la matrigna innamorata di lui, è talmente disgustato e terrorizzato dalle donne, ingannevole male per gli uomini ("kivbdhlon ajnqrwvpoi" kakovn ", v. 616), male grande ("kako;n mevga", v. 627), creatura perniciosa, o, più letteralmente, frutto dell'ate[4] ("ajthrovn[5]...futovn", v. 630) che auspica la loro collocazione presso muti morsi di fiere (vv. 646-647) e la propagazione della razza umana senza la partecipazione delle femmine umane.
Sentiamo alcune parole del "puro" folle che dà in escandescenze:
"O Zeus perché ponesti nella luce del sole le donne, ingannevole male per gli uomini? Se infatti volevi seminare la stirpe umana, non era necessario ottenere questo dalle donne, ma bastava che i mortali mettendo in cambio nei tuoi templi oro e ferro o un peso di bronzo, comprassero discendenza di figli, ciascuno del valore del dono offerto, e vivessero in case libere, senza le femmine. Ora invece quando dapprima stiamo per portare in casa quel malanno, sperperiamo la prosperità della casa" (vv. 616-626).
Si ricordi a questo proposito la nascita di Atena dalla testa di Zeus e di Dioniso dalla coscia del dio che rapì il feto al fuoco dove bruciava la madre Semele e disse:
Vieni, Ditirambo, entra in questo mio maschio ventre (ejma;n a[rsena tavnde ba'qi nhduvn) Baccanti 526-527)
Secondo Eva Cantarella anche Omero fa parte di questa schiera di calunniatori delle donne. Questa opinione controcorrente rispetto a Jaeger e altri, quorum ego, viene supportata da pochi versi della Nevkuia nei quali Agamennone dà a Ulisse il consiglio accorato di fare approdare la nave in un luogo nascosto:"…ejpei; oujkevti pista; gunaixivn", poiché non ci si può più fidare delle donne (Odissea, XI, 456).
Dopo quello che l’Atride aveva passato in vita, si può comprendere.
Spesso sono le donne le più convinte e radicali denigratrici del loro genere, Vediamo l’Andromaca di Euripide.
La vedova di ettore conclude il primo episodio scagliando un anatema contro tutte le donne immorali, o contro tutte le donne esclusa se stessa, se vogliamo dare credito alla nomea di antifemminismo del suo creatore:
"E' terribile che uno degli dèi abbia concesso rimedi
ai mortali anche contro i morsi dei serpenti velenosi,
mentre per ciò che va oltre la vipera e il fuoco,
per la donna, nessuno ha trovato ancora dei rimedi-oujdei;" gunaiko;" favrmak j ejxhurhkev pw-
se è cattiva: così grande male siamo noi per gli uomini" Andromaca, 269-273).
Un antifemminismo ripetuto da Andromaca nel secocando episodio:
"non bisogna preparare grandi mali per piccole cose
né, se noi donne siamo un male pernicioso (ajthro;n kakovn),
gli uomini devono assimilarsi alla nostra natura"(352-354).
Più avanti Ermione, la moglie legittima di Neottolemo diventato amante si Andromaca , parlando con Oreste, deplora la rovina subita dalle visite delle comari maligne:" kakw'n gunaikw'n ei[sodoi m ' ajjpwvlesan" ( v. 930). La sposa che permette a tale genìa di guastare la sua intesa coniugale, viene come trascinata da un vento di demenza. Sentiamo la figlia di Menelao pentita di essersi lasciata montare la testa da queste Sirene maligne che hanno provocato la rovina del suo matrimonio:" Ed io ascoltando queste parole di Sirene[6],/ scaltre, maligne, variopinte, chiacchierone,/ fui trascinata da un vento di follia. Che bisogno c'era infatti che io/controllassi il mio sposo, io che avevo quanto mi occorreva?/grande era la mia prosperità, ero padrona della casa,/e avrei generato figli legittimi,/quella[7] invece dei mezzi schiavi e bastardi[8] servi dei miei./ Mai, mai, infatti non lo dirò una sola volta,/ bisogna che quelli che hanno senno, e hanno una moglie,/ lascino andare e venire dalla moglie che è in casa/ le donne: queste infatti sono maestre di mali (didavskaloi kakw'n):/ una per guadagnare qualcosa contribuisce a corrompere il letto,/ un'altra, siccome ha commesso una colpa vuole che diventi malata come lei,/ molte poi per dissolutezza; quindi sono malate/ le case degli uomini. Considerando questo, custodite bene/ con serrature e sbarre le porte delle case;/ infatti nulla di sano- ujgie;" ga;r oujdevn- producono le visite/ dall'esterno delle donne- aijJ quvraqen ei[sodoi-drwsin- ma molte brutture e anche dei mali (vv. 936-953).
Oltre il non truccarsi pure il non spogliarsi fa parte della virtù della donna, almeno in ambito e ateniese e ionico[9]. In questa stessa tragedia si trova un pesante biasimo delle donne spartane: Peleo, sempre nell'Andromaca , critica tutte le Lacedemoni per i loro costumi dicendo: neppure se lo volesse potrebbe restare onesta ("swvfrwn", v. 596) una delle ragazze di Sparta che insieme ai ragazzi, lasciando le case con le cosce nude ("gumnoi'si mhroi'"", v.598) e i pepli sciolti, e hanno corse e palestre comuni, cose per me non sopportabili.
Bologna 8 aprile 2022 ore 17, 44
giovanni ghiselli
[1]Si ricorderà "son volpi vezzose" de Le nozze di figaro .
[2] Erodoto, III, 80, 5.
[3]G. Leopardi traduce"In carità reciproca...ambo i consorti dolcemente invecchiano".
[4] L'accecamento mentale, una smisurata forza irrazionale.
[5] Ricorda che la protagonista dell'Andromaca fa l'ipotesi:" eij gunai'ke;" ejsmen ajthro;n kakovn "(Andromaca, v. 353), se noi donne siamo un male pernicioso.
[6] Sono mostri che adescano i naviganti con la malìa del loro canto per poi ucciderli. Per attirare Odisseo gli dicono che chi fa sosta da loro riparte pieno di gioia e conoscendo più cose ("kai; pleivona eijdwv"", Odissea, XII, 188). Ma il figlio di Laerte, unico tra gli uomini, riesce a udire il canto delle Sirene senza esserne sedotto. Come nel caso di Circe, come in quello dell'accesso all'Ade, egli sa che cosa deve fare, e di fronte alle Sirene escogita uno stratagemma: tappa gli orecchi dei suoi marinai e si fa legare all'albero della nave.
[7] Andromaca.
[8] Si può pensare all'elogio dei bastardi pronunciato da Edmondo, il figlio illegittimo (di Gloster) che nel Re Lear si presenta come devoto adoratore della dea natura."Thou, Nature, art my goddess". Bastardo dunque, secondo la natura, è un titolo onorifico:" noi nel gagliardo furto di natura prendiamo una tempra più solida maggior fierezza di carattere rispetto ai gonzi generati tra il sonno e la veglia in un letto freddo, frollo e fiacco (I, 2).
[9] Erodoto fa gridare a Gige:" Jvama de; kiqw'ni ejkduomevnw/ sunekduvetai kai; th;n aijdw' gunhv" (I, 8, 3) con il levarsi di dosso la veste, la donna si spoglia anche del pudore".
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