sabato 19 dicembre 2020

Cosa ci resta da fare

Non è più esclusa dal contagio alcuna frequentazione oramai.

Già andare a comprare il cibo è rischioso. In ogni caso, meno si mangia meglio è.

 La mattina, dopo lo studio, resta solo la bicicletta amica da pedalare sui colli brumosi e freddi dove, comunque, data la loro rattezza, spingendo sui pedali, si suda. Quindi si torna a casa, ci si cambia, si mangia il boccone meritato con la pedalata in salita, ci si riposa un po’, e si riprende a studiare e a scrivere. Altro mai non si spera. Intorno alle 20 e 30, quando sulle strada non c’è più anima viva, vado a correre per meritarmi, guadagnare onestamente la cena. Merere cenam. Procedo in fretta per un’ora nel buio pesto “triste perduto come un mendicante”  udendo il “grido delle strigi alterno”, attento a interpretare quei versi sinistramente ominosi per aggirarne o scavalcarne le pene minacciate. Tuttavia una sera sono caduto e stramazzato sull’asfalto, versando sangue dal ginocchio destro duramente percosso. Torno a casa, mi lavo, metto il pigiama sopra l’eventuale cerotto e guardo la televisione cercando di schivare le idiozie e le menzogne. Uno slalom impegnativo. Talora invero trovo qualche scampolo buono e imparo qualche cosa di nuovo. Inoltre mi conforta vedere, ammirare qualche donna bella e fine senza temerne il contagio. Carina, educata come una principessa, o una regina, è Ursula von der Leyen, per esempio.

Questa è la giornata tipica. E meno male: va già bene così.

Se i consumisti, ebbri drogati dalla pubblicità e da decenni di propaganda, di degenerazione consumistica, non smetteranno di affollarsi, questo tipo di vita potrebbe proseguire fino al prossimo inverno e anche oltre. Se pure ci arriveremo

Saluti

gianni

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