venerdì 25 dicembre 2020

6 incontri sulla tragedia greca. Incipit del corso di febbraio

Un primo assaggio sul corso di 6 incontri sulla tragedia greca che terrò dall’inizio di febbraio.

 

Argomenti

La Poetica di Aristotele. Differenza tra storia e poesia.

 

Per un’introduzione al dramma antico partiamo dalla Poetica di Aristotele. E’ un trattato di estetica che nella parte a noi giunta si occupa prevalentemente di poesia tragica. Fu scritta intorno al 335, durante la piena maturità del filosofo[1], e constava di due libri, dei quali ci è arrivato il primo. Il secondo riguardava principalmente la commedia.

Secondo Aristotele l'arte è essenzialmente mimèsi, imitazione della realtà e proprio per questo il teatro ne costituisce la quintessenza.

Il poeta però, diversamente dallo storico che racconta cose avvenute, deve volgersi a quello che potrebbe sempre avvenire secondo verosimiglianza e necessità: “dio; kai; filosofwvteron kai; spoudaiovteron poivhsi~ iJstoriva~ ejstivn” (1451b, 5), e perciò la poesia è più filosofica e più importante della storia. Infatti la poesia racconta piuttosto i fatti dell’universale[2], la storia invece aspetti relativi al particolare “hJ me;n ga;r poivhsi" ma`llon ta; kaqovlou, hj de; iJstoriva ta; kavq j e[kaston levgei” (6 - 7)

 

Anche Polibio[3], ma da storico qual è, distingue la tragedia dalla storia. Questa non deve tragw/dei'n, rappresentare tragedie. Lo scopo della storia e della tragedia non è lo stesso ma è opposto ("to; ga;r tevlo" iJstoriva" kai; tragw/diva" ouj taujtovn, ajlla; toujnantivon", Storie, II, 56, 11) in quanto la tragedia deve impressionare e affascinare momentaneamente gli spettatori attraverso i discorsi più persuasivi ("dei' dia; tw'n piqanwtavtwn lovgwn ejkplh'xai kai; yucagwgh'sai kata; to; paro;n tou;" ajkouvonta"", II, 56, 11), mentre la storia deve istruire e convincere per sempre con atti e discorsi veritieri coloro che vogliono imparare ("dia; tw'n ajlhqinw'n e[rgwn kai; lovgwn eij" to;n pavnta crovnon didavxai kai; pei'sai tou;" filomaqou'nta"" ). Questo poiché nella tragedia prevale ciò che è persuasivo (hJgei'tai to; piqanovn), anche se falso, per creare illusione negli spettatori ("dia; th;n ajpavthn[4] tw'n qewmevnwn"), mentre nella storia ha la precedenza il vero, per l'utilità di quelli che vogliono imparare ("tajlhqe;" dia; th;n wjfevleian tw'n filomaqouvntwn", II, 56, 12). Quest’ultima affermazione è una delle tante leggi tucididee[5] presenti in Polibio.

 

Tucidide, lo storiografo della guerra del Peloponneso infatti aveva scritto: “ la mancanza del favoloso di questi fatti (to; mh; mqw'de~ aujtw'n), verosimilmente, apparirà meno piacevole all'ascolto, ma sarà sufficiente che li giudichino utili (wjfevlima krivnein aujta; ajrkouvntw~ e[xei) quanti vorranno esaminare la chiarezza degli avvenimenti accaduti e di quelli che potranno verificarsi ancora una volta, siffatti o molto simili, secondo la natura umana” ( I, 22, 4).

 

La storia nasce dalla poesia

 La storia è comunque intarsiata di miti, non senza le iridescenti bugie di cui scrive Pindaro[6], tant’è vero che è preceduta e anzi, in un certo senso, “nasce” dalla poesia epica, e i fatti storici, come hanno rilevato studiosi di levatura ed estimazione europea, sono stati cantati, o raccontati, prima dai poeti che dagli storiografi di professione.

 

Giambattista Vico afferma che "la storia romana si cominciò a scrivere da' poeti", e inoltre, utilizzando un passo di Strabone (I, 2, 6) sulla continuità tra l'epica ed Ecateo: "prima d'Erodoto, anzi prima d'Ecateo milesio, tutta la storia de' popoli della Grecia essere stata scritta da' lor poeti"[7]

In effetti le guerre puniche vennero narrate prima da Nevio e da Ennio che da Tito Livio.

 

Un giudizio apprezzato anche da Pavese:"Ciò che si trova di grande in Vico - oltre il noto - è quel carnale senso che la poesia nasce da tutta la vita storica; inseparabile da religione, politica, economia; "popolarescamente" vissuta da tutto un popolo prima di diventare mito stilizzato, forma mentale di tutta una cultura"[8]. Storia e poesia insomma sono intrecciate insieme.

 

 

25 dicembre 2020 ore 17, 10

giovanni ghiselli

 

p. s

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[1] Vissuto tra il 384 e il 322 a. C.

[2] “ Deve necessariamente esservi una differenza tra la vera poesia e la vera parola non poetica: qual è questa differenza? Su questo punto molte cose sono state scritte specialmente dagli ultimi critici tedeschi (…) Essi dicono, per esempio, che il poeta ha in sé una infinitudine, comunica una Unendlichkeit, un certo carattere “d’infinitudine”, a tutto quanto descrive” T. Carlyle, Gli eroi (del 1841), p. 118.

[3] 200ca - 118 ca a. C

[4] Gorgia di Leontini (490 ca - 385ca a. C.) aveva detto che la tragedia crea un inganno nel quale chi inganna è più giusto di chi non inganna, e chi è ingannato è più saggio di chi non è ingannato: “ o{ te ajpathvsa" dikaiovtero" tou' mh; ajpathvsanto" kai; oJ ajpathqei;" sofwvtero" tou' mh; ajpathqevnto"" ( in Plutarco, de glor. Ath. 5 p. 348 C.).

[5] Tucidide legiferò (" oJ d j ou\n Qoukidivdh" (...) ejnomoqevthse") afferma Luciano (Come si deve scrivere la storia, 42). La legge della verità divenne ineludibile per i suoi seguaci. Nell'ultimo capitolo del suo opuscolo Luciano aggiunge che bisogna scrivere la storia con verità ("su;n tw'/ ajlhqei'") e con il pensiero rivolto alla speranza futura piuttosto che con adulazione mirando a compiacere quelli elogiati al momento presente ("pro;" to; hJdu; toi'" nu'n ejpainoumevnoi"", 63).

[6] Olimpica I, 29.

[7]La Scienza Nuova , Pruove filologiche, III e VIII.

[8]Il mestiere di vivere , 30 agosto 1938.

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