Aristotele, Pascal e molti politici di tutti i tempi
Oa vediamo quanto prescrive Aristotele riguardo ai caratteri (peri; de; ta; h[qh, Poetica, 1454a, 16 ).
“Per il filosofo il carattere è la disposizione alla virtù o al vizio quale si rivela nella proairesis, ossia nell’intenzione etica che il soggetto, attraverso l’azione o le parole, consapevolmente esprime quando si trova ad affrontare scelte significative (Poet. 6, 1450 b 8 s.): “carattere è ciò che rivela quale sia il proponimento (perciò non hanno carattere quei discorsi da cui manca ogni riferimento a ciò che il parlante si propone o vuole evitare)”[1].
“ejjstin de; h\qo" me;n to; toiou`ton o} dhloi` th;n proaivresin” (Poetica, 1450 b 8), è il carattere cosa tale che rivela l’intenzione
Non posso non obiettare che talora “l’intenzione etica” o il “proponimento” può celare l’intenzione pratica, quella reale come troviamo nel metodo gesuitico descritto da Pascal. Esso si premura di “dirigere l’intenzione che consiste nel poporsi per fine delle proprie azioni un oggetto permesso”[2].
Sicché i casuisti “permettono di uccidere per difendere l’onore e i beni, ed estendono il permesso anche ai preti e ai religiosi”. Dunque: “Nel sentire questi passi ammirai molto il fatto che mentre la pietà del re usa della sua stessa potenza a proibire e ad abolire il duello nei suoi Stati, la pietà dei Gesuiti usa la loro sottigliezza a permetterlo e ad autorizzarlo nella Chiesa”[3].
Non succede lo stesso nel nostro tempo quando l’intenzione dichiarata è diffondere la democrazia, quella nascosta è impadronirsi delle ricchezze di un paese o eliminare un regime scomodo?
giovanni ghiselli
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