venerdì 4 dicembre 2020

Le profetesse invasate

William Wetmor Story, The Libyan Sibyl (Phemonoe)
La sacerdotessa delfica Femonoe si piegò e Peana la invase: bacchatur demens aliena per antrum colla ferens (Lucano, Pharsalia, V, 169 - 170), delira forsennata portando per l’antro il collo dalla testa non sua. Tu Febo non fai uso della sola frusta e di pungoli - Nec verbere solo - uteris et stimulis - flammasque in viscera mergis e immergi fiamme nelle sue viscere: accipit et frenos, riceve anche dei freni e non può rivelare tutto quello che sa. Venit aetas omnis in unam - congeriem, tutto il passato le arriva addosso in una massa sola, miserumque premunt tot saecula pectus (177 - 178) tante generazioni premono sul misero petto, atque omne futurum - nititur in lucem (179 - 180) e tutto il futuro si sforza di venire alla luce.

 

Come la Sibilla cumana nell’antro euboico:

 Talis in euboico vates Cumana recessu (Pharsalia, V, 183) che estrasse i libri sibillini per i Romani, sic plena laborat - Phemonoe Phoebo (186 - 187) così fatica Femonoe piena di Febo. Deve trovare il destino di Appio inter fata tam magna latentem (189) nascosto fra tanto grandi destini.

 

Spumea tum primum rabies vaesana per ora - effluit et gemitus et anhelo clara meatu - murmura (190 - 191) una rabbia schiumante comincia a uscire colando attraverso la bocca fuori di sé, e gemiti e mormorìi comprensibili dallo sbocco ansimante.

 Quindi la profetessa pronuncia parole che preannunciano al romano quietem, cioè, enigmaticamente, la morte. Cfr. Eracle nelle Trachinie.

 Cetera suppressit, faucesque obstruxit Apollo (197)

Apollo è potens veri Paean, (199) signore della verità, ma non la svela forse perché la Fortuna possa portarla a compimento “ut perăgat Fortuna, taces?” 208, tanti destini vengono trattenuti? tot fata tenentur?

Tu non dici come la Fortuna porti a compimento?

quindi Apollo fa morire la sua profetessa. Cfr. la punizione di Fineo.

 

Mentre la ragazza torna alla luce del sole, mediae venere tenebrae 220 - le tenebre le vennero incontro.

Immisit Stygiam Paean in viscera Lethen (221) quae raperet secreta deum (222), Peana le fece entrare nelle viscere l’acqua stgia del Lete. Allora la verità cadde dal suo petto e il futuro tornò nel tripode di Febo e appena rimessa in sé cadde morta - vixque refecta cadit - 224

 

Vediamo ora la Sibilla cumana nel VI canto dell’Eneide.

“Si era giunti alla soglia, quando la vergine: "è il momento

di interrogare il destino", dice, "il dio, ecco il dio!" E a lei che diceva tali parole/

davanti all’ingresso, all'improvviso, non il volto, non il colore rimase lo stesso/ non voltus non color unus

non composte le chiome: ma il petto è ansimante,

non comptae mansere comae, sed pectus anhelum

e il cuore estasiato è gonfio di sacro delirio; è più grande a vedersi maiorque videri

e non manda suoni mortali, poiché è ispirata dalla potenza

già molto vicina del dio[1] Indugi a promettere, a chiedere

troiano", dice, "Enea, indugi? Infatti non prima si spalancheranno Neque enim ante dehiscent

le grandi bocche della dimora incantata"[2] (vv. 45 - 53) - attonitae magna ora domus

 

Bologna 4 dicembre 2020 ore 19, 56

giovanni ghiselli

 

p. s

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[1] Ecco arrivato il tempus, il kairov", che l'uomo deve afferrare poiché esso non si ripete. Allora un luogo sacro, una persona ispirata possono aiutarci. La Sibilla è rappresentata da un frammento di Eraclito:" La Sibilla che con bocca matta fa risuonare parole non sorridenti, né imbellettate, né profumate, arriva con la voce al di là di mille anni, per il dio che è in lei"(119D.). Cfr. Foscolo (I Sepolcri, 234 - 235):

"e l'armonia/vince di mille secoli il silenzio."

 Le parole della Sibilla sono dure poiché il destino indica dei compiti da effettuare con disciplina severissima, e gli uomini prescelti sono sottoposti a prove fuori dal comune. Un altro frammento di Eraclito(120D.) fa:"Il signore di cui c'è l'oracolo a Delfi, non dice né nasconde ma significa".

Una Sibilla cui dio non dà segni poiché gli uomini non sono religiosi(quia nos religiosi non sumus , 44), è quella del Satyricon (48):"Nam Sibyllam quidem Cumis ego ipse oculis meis vidi in ampulla pendere, et cum illi pueri dicerent: Sivbulla, tiv qevlei"; , respondebat illa: Ajpoqanei'n qevlw.

Un profeta cristiano che si trasfigura è San Pietro di Dante(Paradiso , XXVII, 19 - 27:

"Se io mi trascoloro,

non ti maravigliar; ché, dicend'io,

vedrai trascolorar tutti costoro.

Quelli ch'usurpa in terra il luogo mio,

il luogo mio, il luogo mio, che vaca

nella presenza del Figliuol di Dio,

fatt'ha del cimiterio mio cloaca

del sangue e della puzza; onde 'l perverso

che cadde di qua su, là giù si placa".

[2] Davanti al destino che apre le porte dunque non si deve indugiare. Questo monito si trova anche nel Processo di Kafka: nel penultimo capitolo un sacerdote racconta una storia di esclusione che finisce con queste parole: "Nessun altro poteva entrare qui perché questo ingresso era destinato a te. Ora vado a chiuderlo."(p.221). L'uomo, un uomo di campagna, aveva atteso per tutta la vita il permesso di entrare; aveva anche tentato di corrompere il guardiano, aveva perfino implorato le pulci del bavero del portiere perché lo aiutassero a varcare quella porta che era lì aperta per lui.

Bisogna seguire i segni quando vengono dati:"Vogliamo vedere un segono!" (Gerontion , 17); e in Matteo XII 38:"Generatio mala et adultera signum requìrit et signum non dabitur ei nisi signum Ionae prophetae ".

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