La sacerdotessa delfica Femonoe si
piegò e Peana la invase: bacchatur demens aliena per antrum colla
ferens (Lucano, Pharsalia, V, 169 - 170), delira
forsennata portando per l’antro il collo dalla testa non sua. Tu Febo non fai
uso della sola frusta e di pungoli - Nec verbere solo - uteris et
stimulis - flammasque in viscera mergis e immergi fiamme nelle
sue viscere: accipit et frenos, riceve anche dei freni e non può
rivelare tutto quello che sa. Venit aetas omnis in unam - congeriem, tutto
il passato le arriva addosso in una massa sola, miserumque premunt tot
saecula pectus (177 - 178) tante generazioni premono sul misero
petto, atque omne futurum - nititur in lucem (179 - 180) e
tutto il futuro si sforza di venire alla luce.William Wetmor Story, The Libyan Sibyl (Phemonoe)
Come la Sibilla cumana nell’antro
euboico:
Talis in euboico vates
Cumana recessu (Pharsalia, V, 183) che estrasse i libri
sibillini per i Romani, sic plena laborat - Phemonoe Phoebo (186
- 187) così fatica Femonoe piena di Febo. Deve trovare il destino di
Appio inter fata tam magna latentem (189) nascosto fra tanto
grandi destini.
Spumea tum primum rabies vaesana per
ora - effluit et gemitus et anhelo clara meatu - murmura (190 - 191) una rabbia
schiumante comincia a uscire colando attraverso la bocca fuori di sé, e gemiti
e mormorìi comprensibili dallo sbocco ansimante.
Quindi la profetessa pronuncia
parole che preannunciano al romano quietem, cioè, enigmaticamente,
la morte. Cfr. Eracle nelle Trachinie.
Cetera suppressit, faucesque obstruxit
Apollo (197)
Apollo è potens veri Paean,
(199) signore della verità, ma non la svela forse perché la Fortuna possa
portarla a compimento “ut perăgat Fortuna, taces?” 208, tanti destini
vengono trattenuti? tot fata tenentur?
Tu non dici come la Fortuna porti a
compimento?
quindi Apollo fa morire la sua
profetessa. Cfr. la punizione di Fineo.
Mentre la ragazza torna alla luce
del sole, mediae venere tenebrae 220 - le tenebre le vennero
incontro.
Immisit Stygiam Paean in viscera
Lethen (221) quae
raperet secreta deum (222), Peana le fece entrare nelle viscere
l’acqua stgia del Lete. Allora la verità cadde dal suo petto e il futuro tornò
nel tripode di Febo e appena rimessa in sé cadde morta - vixque refecta
cadit - 224
Vediamo ora la Sibilla cumana nel VI
canto dell’Eneide.
“Si era giunti alla soglia, quando
la vergine: "è il momento
di interrogare il destino",
dice, "il dio, ecco il dio!" E a lei che diceva tali parole/
davanti all’ingresso, all'improvviso,
non il volto, non il colore rimase lo stesso/ non voltus non color unus
non composte le chiome: ma il petto
è ansimante,
non comptae mansere comae, sed
pectus anhelum
e il cuore estasiato è gonfio di
sacro delirio; è più grande a vedersi maiorque videri
e non manda suoni mortali, poiché è
ispirata dalla potenza
già molto vicina del dio[1] Indugi a promettere, a chiedere
troiano", dice, "Enea,
indugi? Infatti non prima si spalancheranno Neque enim ante dehiscent
le grandi bocche della dimora
incantata"[2] (vv. 45 - 53) - attonitae
magna ora domus
Bologna 4 dicembre 2020 ore 19, 56
giovanni ghiselli
p. s
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[1] Ecco arrivato il tempus,
il kairov", che l'uomo
deve afferrare poiché esso non si ripete. Allora un luogo sacro, una persona
ispirata possono aiutarci. La Sibilla è rappresentata da un frammento di
Eraclito:" La Sibilla che con bocca matta fa risuonare parole non
sorridenti, né imbellettate, né profumate, arriva con la voce al di là di mille
anni, per il dio che è in lei"(119D.). Cfr. Foscolo (I Sepolcri, 234
- 235):
"e l'armonia/vince di mille secoli il silenzio."
Le parole della Sibilla sono dure poiché il destino indica dei
compiti da effettuare con disciplina severissima, e gli uomini prescelti sono
sottoposti a prove fuori dal comune. Un altro frammento di Eraclito(120D.)
fa:"Il signore di cui c'è l'oracolo a Delfi, non dice né nasconde ma
significa".
Una Sibilla cui dio non dà segni poiché gli uomini non sono religiosi(quia
nos religiosi non sumus , 44), è quella del Satyricon (48):"Nam
Sibyllam quidem Cumis ego ipse oculis meis vidi in ampulla pendere, et cum illi
pueri dicerent: Sivbulla, tiv qevlei"; , respondebat illa: Ajpoqanei'n qevlw.
Un profeta cristiano che si trasfigura è San Pietro di Dante(Paradiso ,
XXVII, 19 - 27:
"Se io mi trascoloro,
non ti maravigliar; ché, dicend'io,
vedrai trascolorar tutti costoro.
Quelli ch'usurpa in terra il luogo mio,
il luogo mio, il luogo mio, che vaca
nella presenza del Figliuol di Dio,
fatt'ha del cimiterio mio cloaca
del sangue e della puzza; onde 'l perverso
che cadde di qua su, là giù si placa".
[2] Davanti al destino che apre le
porte dunque non si deve indugiare. Questo monito si trova anche nel Processo
di Kafka: nel penultimo capitolo un sacerdote racconta una storia di
esclusione che finisce con queste parole: "Nessun altro poteva entrare qui
perché questo ingresso era destinato a te. Ora vado a chiuderlo."(p.221).
L'uomo, un uomo di campagna, aveva atteso per tutta la vita il permesso di
entrare; aveva anche tentato di corrompere il guardiano, aveva perfino
implorato le pulci del bavero del portiere perché lo aiutassero a varcare
quella porta che era lì aperta per lui.
Bisogna seguire i segni quando
vengono dati:"Vogliamo vedere un segono!" (Gerontion ,
17); e in Matteo XII 38:"Generatio mala et adultera signum requìrit et
signum non dabitur ei nisi signum Ionae prophetae ".
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