Se non andrete in folla a comprare ogni sorta di cibo per il cenone, salverete della vite e se nelle sere di queste feste desolate mangerete frugalmente e berrete sobriamente non credo che vi farete secchi come Erisittone la cui fame rimaneva sempre inattenuata quantunque mangiasse. Costui, mentre divorava di tutto, era a sua volta divorato da una fame terribile e selvaggia, Più mangiava più voleva ingozzare: divorava all’infinito. Svuotò le stalle dei quadrupedi e finiti questi, si mangiò la gatta di casa. I suoi denti prosciugarono tutti i beni di casa. Alla fine andò a chiedere gli avanzi e i rimasugli delle mense (cfr. Callimaco, Inno a Demetra)
Anche Ovidio racconta questa storia di bulimia distruttiva. Erisittone aveva violato un bosco sacro a Cerere a colpi di scure e la dea lo aveva punito infliggendogli tale furore. Ventris erat pro ventre locus (Metamorfosi, VIII, 805), al posto del ventre c’era il luogo del ventre, come in un cadavere già disseccato. Di notte sognava di mangiare: batteva i denti tra loro e invece del cibo ingozzava vanamente dell’aria leggera. Da sveglio mangiava in continuazione “sed inattenuata manebat - tum quoque dira fames” (844-845). Quando ebbe consumato tutti quello che aveva, mandò la figlia a prostituirsi, e alla fine si diede a mangiare se stesso con morsi spietati.
Credo che anche i gozzovigliatori di Natale, Capodanno e di tante altre sere abbiano un vizio del genere e facciano del male a se stessi ingozzando di tutto negli orrendi cenoni
Ma facciano pure. Basta che durante l’acquisizione frenetica e il forsennato consumi dei cibi dannosi non danneggino il prossimo andandogli appunto troppo vicino
giovanni ghiselli
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