Origini del dramma. Significati di questa parola e di questo genere
Di nuovo la Poetica di Aristotele
Tragedia e commedia nacquero da un principio di improvvisazione (ajp j ajrch'~ aujtoscediastikh'~, Poetica, 1449a, 10): la tragedia da coloro che guidavano il ditirambo "ajpo; tw'n ejxarcovntwn to;n diquvrambon”[1] ;mentre la commedia da quelli che dirigevano i canti fallici i quali rimangono ancora oggi in uso in molte città"(Poetica , 1449a, 12).
L'origine del dramma sarebbe dunque da collegarsi al culto dionisiaco e ai connessi riti della fertilità.
Per quanto riguarda la regione di origine del dramma e il popolo che l’ha inventato, Aristotele ci informa che i Dori rivendicano la tragedia e la commedia etimologizzandone i nomi: “poiouvmenoi ta; ojnovmata shmei`on “(1447b), siccome considerano i nomi un segno. I Dori infatti affermano di chiamare i villaggi kwvma~[2], mentre gli Ateniesi li chiamano dhvmou~, e sostengono che i commedianti (kwmw/douv~ ) sono così chiamati oujk ajpo; tou` kwmavzein, non dal fare baldoria ajlla; th`/ kata; kwvma~ plavnh/, ma per il loro vagare per i villaggi, in quanto disdegnati dal centro delle città.
Inoltre affermano che per significare “fare” loro dicono dra`n, mentre gli Ateniesi pravttein.
Bruno Snell suggerisce invece questa distinzione: “pravttein si rivolge indietro all’azione compiuta, dra`n avanti a quella da compiere. Così Efesto al v. 72 del Prometeo dice, prima di inchiodare Prometeo: dra`n tau`t j ajnavgkh, “devo mettermi al lavoro”; ma al v. 75 pevpraktai tourgon, “è fatto”[3]
Secondo Massimo Cacciari dra`n è “il verbo tragico per eccellenza, l’agire che decide, risoluto fino alla fine, compimento felice o naufragio che sia”[4].
Ancora: il “fare” richiede la categoria della politica. Il dramma antico è dramma politico. Di nuovo Cacciari: “La ‘conversazione’ beckettiana, come certi dialoghi dell’Ulysses, non mette in scena una perdita, ma un’inessenzialità radicale: l’uomo non è ‘animale politico’. Allora, certamente, ogni drama diviene impossibile a priori, poiché è possibile fare soltanto per quell’esserci che è nella sua essenza inter-esse”[5].
giovanni ghiselli 26 dicembre 2020
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