mercoledì 16 dicembre 2020

Argomento ecologico

Il disboscamento in Lucano, Seneca e Stazio

 

Denuncia del disboscamento che toglie l’ombra e fa piangere la terra. Lucano, Seneca e Stazio.

 

Le ricchezze di quella gente sono solo le querce di Mauritania - tantum Maurusia genti - robora divitiae (426 - 427) che però non ne conoscevano l’uso ma si accontentavano delle chiome e dell’ombra del cedro sed citri contenta comis vivebat et umbra (428) .

Ma le nostre scuri sono arrivate nel bosco sconosciuto - in nemus ignotum nostrae venere secures (429) extremoque epulas mensasque petimus ab orbe (430) e abbiamo chiesto cibi e mense ai confini del mondo (430)

 

Motivo ecologico presente anche nella Medea di Seneca e nella Tebaide di Stazio dove gli autori deplorano i disboscamenti fatti per costruire navi o pire

Seneca, Medea.

"Quisquis audacis tetigit carinae/nobiles remos, nemorisque sacri/Pelion densa spoliavit umbra; quisquis intravit scopulos vagantes,/et tot emensus pelagi labores,/barbara funem religavit ora,/raptor externi rediturus auri:/exitu diro temerata ponti/iura piavit./Exigit poenas mare provocatum " (vv. 608 - 616), tutti quelli che toccarono i remi famosi della nave audace, e spogliarono il Pelio dell'ombra densa della foresta sacra; chiunque passò tra gli scogli vaganti[1] e, attraversati tanti travagli del mare, gettò l'ancora su una barbara spiaggia, per tornare impossessatosi dell'oro straniero: con morte orribile espiò le violate leggi del mare. Fa pagare il fio il mare provocato.

 

Nella Tebaide di Stazio la terra soffre il disboscamento dovuto alla costruzione di una pira colossale per il piccolo Ofelte: “ dat gemitum tellus”(VI, 107), ne piange la terra. Pale, dea dei campi e Silvano signore dell’ombra della foresta (arbiter umbrae, v. 111) abbandonano piangendo i cari luoghi del loro riposo (linquunt flentes dilecta locorum/otia, vv. 110 - 111), mentre le Ninfe abbracciate ai tronchi degli alberi non vogliono lasciarli: “nec amplexae dimittunt robora Nymphae” (v. 113).

 

Nell’Achilleide Stazio ricorda che la costruzione della flotta necessaria alla guerra contro Troia spogliò delle loro ombre i monti e li rimpicciolì: “Nusquam umbrae veteres: minor Othrys et ardua sidunt/ Taygeta, exuti viderunt aëra montes./Iam natat omne nemus” (I, 426 - 428), in nessun luogo le antiche ombre: è più piccolo l’Otris e si abbassa l’erto Taigeto, e i monti spogliati videro l’aria. Oramai ogni monte galleggia.

 

Bologna 16 dicembre ore 11 e 5

giovanni ghiselli

 

p. s.

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[1] Le Simplegadi

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