martedì 8 dicembre 2020

L’errore più grande del cosiddetto socialismo reale

L’errore più grande del socialismo reale è stato il tentativo di reprimere il sentimento religioso, in particolare quello dei Russi, un popolo che, come disse bene il carissimo, sempre molto compianto amico Fulvio: “Sono pii, sono nostri fratelli”.

 


Partiamo dal secondo re di Roma

Fu il re Numa[1]che decise di  infondere il timore degli dèi (“deorum metum iniciendum ratus est ” (Livio, I, 19, 4), cosa efficacissima per la massa ignorante e rozza di quei tempi.

 A Crizia, sofista e tiranno sanguinario, (460-403 a. C.) viene attribuito  il dramma satiresco Sisifo  che contiene la teoria razionalistica dell'utilità politica della religione la quale è un'invenzione geniale e valida a frenare i male intenzionati con la paura dei castighi poiché le leggi non bastavano a inceppare i malvagi quando agivano di nascosto

Leggiamone alcuni versi: "mi sembra che prima un uomo accorto e saggio di mente, inventò per i mortali il terrore (devo") degli dei, affinché per i malvagi ci fosse uno spauracchio ("ti dei'ma") anche se fanno o parlano o pensano qualche cosa furtivamente ("lavqra/")[2].

  

Nella Tebaide di Stazio (45 ca-96 d. C.) Anfiarao annuncia cattivi presagi e Capaneo replica:"quid inertia pectora terres?/primus in orbe deos fecit timor " (III, 660-661), perché terrorizzi i petti senza energia? per prima la paura impose gli dèi al mondo.

  

Un argomento che viene ripreso da Machiavelli.

L'XI capitolo del I libro dei Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio  (1517) verte sulla religione dei Romani: tra questi il re Numa "trovando un popolo ferocissimo, e volendolo ridurre nelle obedienze civili con le arti della pace, si volse alla religione come cosa del tutto necessaria a volere mantenere una civiltà e la constituì in modo che per più secoli non fu mai tanto timore di Dio quanto in quella republica il che facilitò qualunque impresa che il Senato o quelli grandi uomini romani disegnassero fare... E vedesi, chi considera bene le istorie romane, quanto serviva la religione a comandare gli eserciti, ad animire la Plebe, a mantenere gli uomini buoni a fare vergognare i rei. Talché se si avesse a disputare a quale principe Roma fusse più obligata o a Romolo o a Numa credo più tosto Numa otterrebbe il primo grado: perché dove è religione facilmente si possono introdurre l'armi e dove sono l'armi e non religione con difficultà si può introdurre quella...E veramente mai fu alcuno ordinatore di leggi straordinarie in uno popolo che non ricorresse a Dio, perché altrimenti non sarebbero accettate". Quindi Machiavelli tra i legislatori che "ricorrono a Dio"  nomina  Licurgo e Solone. Infine tira le somme: "Considerato adunque tutto, conchiudo che la religione introdotta da Numa fu intra le prime cagioni della felicità di quella città, perché quella causò buoni ordini, i buoni ordini fanno buona fortuna, e dalla buona fortuna nacquero i felici successi delle imprese. E come la osservanza del culto divino è cagione della grandezza delle repubbliche, così il dispregio di quello è cagione della rovina di esse. Perché dove manca il timore di Dio, conviene o che quel regno rovini o che sia sostenuto dal timore d'uno principe che sopperisca a' defetti della religione".

Voi direte: come fai a raccomandare l’uso di una religio che spaventa, ossia della superstizione? Preferisco tale religio, che può essere una superstizione, al culto del consumo, alla teocrazia del consumismo invalsa oramai dappertutto, o quasi. Questa è più deleteria.

Aggiungo che la religione di autori come Sofocle o Dostoevskij e Tolstoj o di un capo della chiesa come Papa Francesco, non è superstizione

 

Bologna 8 dicembre 2020, ore12, 19 giovanni ghiselli

 

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[1] Numa Pompilio  754 a.C. – 673 a.C.) è stato il secondo re di Roma, il cui regno durò quarantatré anni

 [2] Sono parole di un frammento  (25 D. K.) del dramma satiresco, una quarantina di versi tramandati da Sesto Empirico, filosofo scettico della seconda metà del II secolo d. C.

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