La sera prima di cenare esco per correre.
Dalle 20 e 15 alle 21, 15 oppure 20, 30-21, 30.
Se ne ho voglia prolungo un po’.
Perché così tardi? Perché prima faccio altre cose, soprattutto preparo le mie conferenze. Ma c’è anche un’altra ragione: durante questa ora di corsa evito la tentazione di seguire la trasmissione della Gruber che per certi versi mi attira. Talora infatti intervengono personaggi degni di ascolto, come Massimo Cacciari per fare un solo esempio. Lui e pochi altri.
Preponderano le chiacchiere dei più.
Il più delle volte c’è il vuoto, la recita recitata male, l’ovvietà di quanto viene detto. O la pubblicità fatta ai libri da chi non li ha letti ma consiglia di comprarli dando allo scrittore un attestato di benemerenza. Costui gongola, magari spera che le vendite gli spianino la via alla ricchezza o a qualche premio letterario truccato e “se ne frega della decenza” come la Bianca Maria di Fabrizio De André. Farebbe migliore figura se dicesse: non comprate i miei libri, ve li mando io gratuitamente. Quando lo dico durante le mie conferenze ricevo applausi scroscianti, mentre quei pennivendoli fanno la figura dei postulanti.
Questi difetti ricorrenti mi inducono alla corsa notturna, perfino se piove. Sicché “di correre mi torna la fantasia”.
Allora mi dico: “qui non mi terrà Cristo” e scappo via, come un personaggio di L’asino d’oro di Machiavelli.
11 dicembre. giovanni ghiselli pubblicato solo su facebook
La vita vuota
La vita vuota produce un desiderio di annientamento
Noiosa e vuota è la vita la dell’uomo privo di gioie spirituali: l’amore, l’amicizia, la cultura, la disciplina della mente e del corpo.
Se la vita dell’uomo medio fosse meno soffocata dal tedio nessuno sarebbe disposto alla droga, al crimine e alla guerra. Né a passare tante ore davanti al televisore che vomita pubblicità.
Si va alla guerra per noia della monotonia
Cfr. Fromm: “Al soldato si era tradizionalmente cercato di inculcare il concetto che ubbidire ai suoi capi fosse un obbligo religioso e morale, che egli doveva adempiere a costo della vita (…) Ma vi sono altre motivazioni emozionali, più sottili, che rendono possibile la guerra”[1]. Vediamole in inglese, perché lo studio e la conoscenza delle lingue classiche non deve accompagnarsi all’ignoranza di tutte le moderne: “War is exciting, even if it entails risks for one’s life and much physical sofference. Considering that the life of the average person is boring, routinized, and lacking in adventure, the readiness to go to war must be understood as a desire to put an end to the boring routine of daily life-and to throw oneself into an adventure, the only adventure, in fact, the average person may expect to have in his life ”[2], la guerra è eccitante, perfino se implica rischi per la propria vita e grandi sofferenze fisiche. Considerando che la vita della persona media è noiosa, fatta di routine, e carente di avventure, la disposizione a partire per la guerra deve essere intesa come il desiderio di porre fine alla noiosa monotonia della vita quotidiana e di gettarsi in un’avventura, l’unica avventura, di fatto, che la persona media può aspettarsi nella vita. In tempo di pace l’avventura più a portata di mano della “persona media” è ingozzarsi di cibo fino a diventare obeso.
L’uso plausibile e l’uso pessimo dell’inglese invece dell’italiano
Per quanto riguarda le mie citazioni dei testi inglesi, voglio significare che le lingue non devono mescolarsi in una counfusione babelica. Devono essere impiegate separatamente.
Faccio qualche eccezione per il latino che poi è l’italiano antico e per il greco quando serve a chiarire l’italiano (cfr. parole come problema o metodo o panacea). Comunque traduco ogni parola, non do mai per scontato che la debbano conoscere tutti. Chi invece usa continuamente brutte espressioni inglesi, oscure per molti, al posto delle parole italiane chiare a ciascuno, lo fa per creare confusione, non lasciarsi capire e darsi importanza.
giovanni ghiselli 11 dicembre 2020
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