mercoledì 9 dicembre 2020

Le celebrazioni retoriche dei morti compianti senza lacrime vere

lacrime di coccodrillo

Le lacrime false di Cesare e un segreto del potere (arcanum imperii)

 

Sic fatus opertum - detexit tenuitque caput (Lucano Pharsalia, IX, 1032-1033) detto questo, il satelles egiziano che portava a Cesare la testa di Pompeo staccata dal corpo e velata, tolse il velo e la tenne in mano offrendola a Cesare.

 L’effigies era iam languida morte, rammollita dalla morte (1033).

Cesare guardò il dono per essere sicuro che la testa fosse quella del nemico sconfitto a Farsalo; quando ne fu certo tutumque putavit - iam bonus esse socer, e considerò che fosse ormai cosa sicura essere un suocero buono, lacrimas non sponte cadentis - effudit gemitusque expressit pectore laeto, sparse lacrime che cadevano non spontanee e spremette gemiti dal petto lieto ( 1038-1039).

Non poteva nascondere la gioia se non con le lacrime. Così per giunta annulla il debito verso quel re d’Egitto.

Quindi fece un discorso celebrativo ipocrita.

 

Pensate alle tante manifestazioni pubbliche di falso cordoglio

Dolori tantum des quantum natura poscit, non quantum consuetudo. Plerique enim lacrimas fundunt ut ostendant, et totiens siccos oculos habent quotiens spectator defuit (Seneca, De tranquillitate animi, 15, 6).

 

Cfr. questi due distici di Marziale I, 33: “Amissum non flet cum sola est Gellia patrem/si quis adest iussae prosiliunt lacrimae/Non luget quisquis laudari, Gellia quaerit/ille dolet vere qui sine teste dolet”, non soffre chiunque voglia essere lodato, è davvero addolorato chi lo è senza testimoni.

 

Cesare “… Qui duro membra senatus – calcarat vultu, qui sicco lumine campos - viderat Emathios , uni tibi, Magne, negare - non audet gemitus (1043-1046)

E’ un atto di ipocrisia: Cesare pensa che quelle lacrime giovino alle sue armi presso i popoli che amavano Pompeo - credis apud populos Pompei nomen amantis - hoc castris prodesse tuis - (1050-1051).

 Oppure piangi per il fatto che non lo hai ucciso tu.

 Comunque il pianto “a vera longe pietate recessit” (1056).

Quindi Cesare aggiunge alle lacrime ficcate negli inganni lacrimae confictae dolis,  parole altrettanto false: biasima il delitto e rifiuta il dono che gli ha tolto unica belli - praemia civilis, victis donare salutem (1066-1067)

 Poi però dice parole sentite: “Non tuleram Magnum mecum Romana regentem: - te, Ptolomaee feram?” (1075-1076).

Ho fatto una guerra civile una guerra mondiale insomma, che sarebbe vana se io non restassi quale unico capo del mondo: “ Frustra civilibus armis-miscuimus gentes si qua est hoc orbe potestas - altera quam Caesar, si tellus ulla duorum est” (1076-1078).

 

E’ uno dei segreti del potere (arcana imperii), e del Palazzo, (arcana domus)  svelato da Tacito all'inizio degli Annales, quando Tiberio sta assumendo il potere: "eam condicionem esse imperandi ut non aliter ratio constet quam si uni reddatur " (I, 6), questa è la condizione dell'impero che i conti tornano bene se si rendono a uno solo.

Una regola espressa anche dalla vox populi in seguito all'uccisione di Britannico da parte di Nerone (55 d. C.): "facinus cui plerique etiam hominum ignoscebant, antiquas fratrum discordias et insociabile regnum aestimantes" (Annales, XIII, 17), un delitto per il quale la maggior parte della gente aveva addirittura indulgenza, tenendo conto dei contrasti tra i fratelli e del fatto che il potere non si può dividere.

 

Bologna 9 dicembre 2020, ore 10, 20.

giovanni ghiselli



p. s.

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