mercoledì 9 dicembre 2020

Cleopatra nel poema di Lucano

Claudette Colbert
Cleopatra nel poema di Lucano

La giovane principessa formae confisa suae confidando nella propria bellezza va da Cesare adit tristis sine ullis lacrimis , triste ma senza lacrime, acconciata di un finto dolore simulatum compta dolorem (Pharsalia, X, 83) quā decuit (84 ) fin dove le stava bene veluti laceros dispersa capillos, sparsi i capelli, come strappati.

Nell’Antonio e Cleopatra di Shakespeare, la regina d’Egitto prima dice a Carmiana cut my lace, Charmian, come se stesse male, poi però la ferma (But let it be) dicendo: I am quickly ill and well; So Antony loves ( I, 3)

Torno a Lucano Pharsalia X

Quindi Cleopatra parla: “o maxime Caesar - gli fa, se vale qualche cosa la nobiltà del mio sangue, io discendo da Lago (Tolomeo I Sotér) e sono stata cacciata dal trono, ebbene: “si tua restituit veteri me dextera fato - se la tua destra mi restituisce al mio destino regale, complector regina pedes” (88 - 89) io pur da regina abbraccio i tuoi piedi.

Tutt’altro approccio di Cleopatra a Cesare leggiamo nella commedia di Bernard Shaw Cesare e Cleopatra (del 1901) dove la principessa emerge

da una Sfinge: “Ehi, vecchio signore (…) vecchio signore! Non scappare!”

Cesare: “Non scappare? Vecchio signore? A Giulio Cesare questo?!”

La giovinetta (insistendo) “vecchio signore!” (…)

Cesare: (stupefatto) “Chi sei tu?”

La giovinetta: “Cleopatra, regina d’Egitto!”

Cesare: “Ma che regina d’Egitto!” (Atto pimo. Quadro secondo)

 

La Cleopatra di Lucano tende piuttosto a blandire Cesare.

Sei aequum sidus una stella favorevole gentibus nostris.

Nullo discrimine sexus, qui non c’è distinzione di sesso e una donna può stare al vertice del potere: reginam scit ferre Pharos, Faro sa portare avanti una regina.

Mio padre ha lasciato eredi del regno e del talamo me e mio fratello. Ma Tolomeo “habet sub iure Pothini - affectus enseseque suos” (95 - 96). Chiede quindi a Cesare di eliminare Potino.

Per sé la principessa non vuole nulla: regem iube regnare (99) comanda al re di regnare.

Lo schiavo (famulus) Potino si è montata la testa.

Ha fatto decapitare Magno e ora minaccia te - sed procul hoc avertant fata (101)

Le parole non sarebbero bastate. “vultus adest precibus faciesque incesta perorat” (X, 105) il volto è associato alle preghiere e tutto l’aspetto impuro tiene la perorazione.

Quindi exigit infandam noctem corrupto iudice - 106 - dopo avere corrotto il giudice trascorre con lui la notte nefanda.

Quindi Cesare comprò la pace con grandi doni (Cipro concessa ad Arsinoe sorella di Cleopatra) e seguì un banchetto epulae nella grande confusione (magno tumultu) dove Cleopatra explicuit “nondum translatos Romana in saecula luxus” (110), esibì i grandi lussi non ancora trasferiti ai Romani.

 

Un lusso smodato e pacchiano c’era in quel palazzo, tempio della corruzione. Dappertutto materiali costosissimi: laqueata tecta (112), soffitti a cassettoni, l’oro nascondeva le travi, trabes absconderat aurum (113), pareti di marmo, colonne di agata e di porpora. Si camminava sull’onice, l’ebano rivestiva le porte ed era sostegno, non abbellimento del palazzo - auxilium, non forma domus (119)

Poi ebur atria vestit, l’avorio riveste gli atri, testudinis Indae terga, dorsi di tartarughe dell’India, distinta crebro smaragdo screziati di frequenti smeraldi e dipinti a mano sono inseriti nelle porte foribus sedent.

Fulget gemma toris sui letti brillano gemme, strata micant, lampeggiano i tappeti impregnati di porpora di Tiro, altri brillano per le scaglie d’oro. Tum famulae numerus turbae populusque minister (127), poi il numero della folla dei servi , un popolo intero asservito con pelli e capelli di vario colore - nec non infelix ferro mollita iuventus - atque execta virum 133 - 134 non manca l’infelice gioventù rammollita ed evirata dal ferro.

I due re e, maiorque potestas Caesar, si sono sdraiati discubuere: Cleopatra è immodice formam fucata nocentem (137) imbellettata fuor di misura nella sua bellezza colpevole. Non si accontenta dello scettro, del fratello - marito.

E’ affaticata dagli ornamenti cultu laborat (140).

Candida Sidonio perlucent pectora filo (141) mammelle candide brillano attraverso il filo del velo di Sidione. Hanno posto tavoli tondi tagliati nei boschi di Atlante su zanne d’avorio.

Tutto per il furore cieco e pazzo di voler apparire - Pro caecus et amens - ambitione furor (146 - 147), civilia bella gerenti –divitias aperire suas, mettere in mostra le proprie ricchezze a chi conduce una guerra civile.

 Cfr. il Creso di Erodoto.

Lucano ricorda per contrasto Fabricios Curiosque graves e il sordidus Etruscis abductus consul [1]aratris (153) Cincinnato distolto dagli aratri etruschi (che lavoravsno campi confinanti con l’Etruria)

Fabrizio, console nel 282 a. C., viene elogiato da Dante per la sua scelta della povertà: “Seguentemente intesi: o buon Fabrizio,/con povertà volesti anzi virtute/che gran ricchezza posseder con vizio” Esempio di povertà per avari e prodighi Canto XX del Purgatorio V cornice

Cfr. il Creso di Plutarco nella Vita di Solone


Il legislatore ateniese disse al re di Lidia che gli aveva esibito le proprie ricchezze credendo che lo avrebbe elogiato e si sarebbe congratulato per la sua felivìcità"Ai Greci, o re dei Lidi, il dio ha dato di essere misurati (metrivw" e[cein) in tutto, e, per questa misuratezza (uJpovmetriovthto" ) ci tocca una saggezza non arrogante ma popolare, non regale né splendida "(Plutarco, Vita , 27).

 Lì per lì Creso non comprese, ma poi, una volta sconfitto da Ciro e finito sul rogo, gridò tre volte "O Solone", poiché aveva capito che la sua felicità era stata solo parola e opinione, fama e parvenza.

Innaturalezza e miseria del lusso

Una sentenza di Epicuro tradotta e citata da Seneca (Ep. 27, 8): “divitiae sunt ad legem naturae composita paupertas”, la povertà conforme alla legge di natura è una ricchezza.

Bologna 9 dicembre ore 11, 50 giovanni ghiselli

 

p. s.

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[1] Cincinnato che fu console nel 460 a.C. e due volte dittatore, nel 458 a.C. e nel 439 a.C.

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