Cleopatra nel poema di LucanoClaudette Colbert
La giovane principessa formae confisa suae confidando nella
propria bellezza va da Cesare adit tristis sine ullis lacrimis ,
triste ma senza lacrime, acconciata di un finto dolore simulatum compta
dolorem (Pharsalia, X, 83) quā decuit (84 )
fin dove le stava bene veluti laceros dispersa capillos, sparsi
i capelli, come strappati.
Nell’Antonio e Cleopatra di Shakespeare, la regina d’Egitto
prima dice a Carmiana cut my lace, Charmian, come se stesse male,
poi però la ferma (But let it be) dicendo: I am quickly ill and
well; So Antony loves ( I, 3)
Torno a Lucano Pharsalia X
Quindi Cleopatra parla: “o maxime Caesar - gli fa, se vale qualche
cosa la nobiltà del mio sangue, io discendo da Lago (Tolomeo I Sotér) e sono
stata cacciata dal trono, ebbene: “si tua restituit veteri me dextera fato -
se la tua destra mi restituisce al mio destino regale, complector
regina pedes” (88 - 89) io pur da regina abbraccio i tuoi piedi.
Tutt’altro approccio di Cleopatra a Cesare leggiamo nella commedia di Bernard Shaw Cesare e Cleopatra (del
1901) dove la principessa emerge
da una Sfinge: “Ehi, vecchio signore (…) vecchio signore! Non scappare!”
Cesare: “Non scappare? Vecchio signore? A Giulio Cesare questo?!”
La giovinetta (insistendo) “vecchio signore!” (…)
Cesare: (stupefatto) “Chi sei tu?”
La giovinetta: “Cleopatra, regina d’Egitto!”
Cesare: “Ma che regina d’Egitto!” (Atto pimo. Quadro secondo)
La Cleopatra di Lucano tende piuttosto a blandire Cesare.
Sei aequum sidus una stella favorevole gentibus
nostris.
Nullo discrimine sexus, qui non c’è distinzione di sesso e una donna può
stare al vertice del potere: reginam scit ferre Pharos, Faro sa
portare avanti una regina.
Mio padre ha lasciato eredi del regno e del talamo me e mio fratello. Ma
Tolomeo “habet sub iure Pothini - affectus enseseque suos” (95 - 96).
Chiede quindi a Cesare di eliminare Potino.
Per sé la principessa non vuole nulla: regem iube regnare (99)
comanda al re di regnare.
Lo schiavo (famulus) Potino si è montata la testa.
Ha fatto decapitare Magno e ora minaccia te - sed procul hoc avertant
fata (101)
Le parole non sarebbero bastate. “vultus adest precibus faciesque
incesta perorat” (X, 105) il volto è associato alle preghiere e tutto
l’aspetto impuro tiene la perorazione.
Quindi exigit infandam noctem corrupto iudice - 106 - dopo
avere corrotto il giudice trascorre con lui la notte nefanda.
Quindi Cesare comprò la pace con grandi doni (Cipro concessa ad Arsinoe sorella
di Cleopatra) e seguì un banchetto epulae nella grande
confusione (magno tumultu) dove Cleopatra explicuit “nondum
translatos Romana in saecula luxus” (110), esibì i grandi lussi non ancora
trasferiti ai Romani.
Un lusso smodato e pacchiano c’era in quel palazzo, tempio della
corruzione. Dappertutto materiali costosissimi: laqueata tecta (112),
soffitti a cassettoni, l’oro nascondeva le travi, trabes absconderat
aurum (113), pareti di marmo, colonne di agata e di porpora. Si
camminava sull’onice, l’ebano rivestiva le porte ed era sostegno, non
abbellimento del palazzo - auxilium, non forma domus (119)
Poi ebur atria vestit, l’avorio riveste gli atri, testudinis
Indae terga, dorsi di tartarughe dell’India, distinta crebro
smaragdo screziati di frequenti smeraldi e dipinti a mano sono
inseriti nelle porte foribus sedent.
Fulget gemma toris sui letti brillano gemme, strata micant,
lampeggiano i tappeti impregnati di porpora di Tiro, altri brillano per le
scaglie d’oro. Tum famulae numerus turbae populusque minister (127),
poi il numero della folla dei servi , un popolo intero asservito con pelli e
capelli di vario colore - nec non infelix ferro mollita iuventus - atque
execta virum 133 - 134 non manca l’infelice gioventù rammollita ed
evirata dal ferro.
I due re e, maiorque potestas Caesar, si sono
sdraiati discubuere: Cleopatra è immodice formam fucata
nocentem (137) imbellettata fuor di misura nella sua bellezza
colpevole. Non si accontenta dello scettro, del fratello - marito.
E’ affaticata dagli ornamenti cultu laborat (140).
Candida Sidonio perlucent pectora filo (141) mammelle candide brillano
attraverso il filo del velo di Sidione. Hanno posto tavoli tondi tagliati nei
boschi di Atlante su zanne d’avorio.
Tutto per il furore cieco e pazzo di voler apparire - Pro caecus et
amens - ambitione furor (146 - 147), civilia bella gerenti
–divitias aperire suas, mettere in mostra le proprie ricchezze a chi
conduce una guerra civile.
Cfr. il Creso di Erodoto.
Lucano ricorda per contrasto Fabricios Curiosque graves e il sordidus
Etruscis abductus consul [1]aratris (153) Cincinnato
distolto dagli aratri etruschi (che lavoravsno campi confinanti con l’Etruria)
Fabrizio, console nel 282 a. C., viene elogiato da Dante per la sua scelta
della povertà: “Seguentemente intesi: o buon Fabrizio,/con povertà volesti
anzi virtute/che gran ricchezza posseder con vizio” Esempio di povertà per
avari e prodighi Canto XX del Purgatorio V cornice
Cfr. il Creso di Plutarco nella Vita di Solone
Il legislatore ateniese disse al re di Lidia che gli aveva esibito le
proprie ricchezze credendo che lo avrebbe elogiato e si sarebbe congratulato
per la sua felivìcità"Ai Greci, o re dei Lidi, il dio ha dato di essere
misurati (metrivw" e[cein) in tutto, e, per
questa misuratezza (uJpov…metriovthto" ) ci tocca una saggezza
non arrogante ma popolare, non regale né splendida "(Plutarco, Vita ,
27).
Lì per lì Creso non comprese, ma poi, una volta sconfitto da Ciro e
finito sul rogo, gridò tre volte "O Solone", poiché aveva capito che
la sua felicità era stata solo parola e opinione, fama e parvenza.
Innaturalezza e miseria del lusso
Una sentenza di Epicuro tradotta e citata da Seneca (Ep. 27, 8): “divitiae
sunt ad legem naturae composita paupertas”, la povertà conforme alla legge
di natura è una ricchezza.
Bologna 9 dicembre ore 11, 50 giovanni ghiselli
p. s.
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[1] Cincinnato che fu console nel 460 a.C.
e due volte dittatore, nel 458 a.C. e nel 439 a.C.
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