giovedì 3 dicembre 2020

Propongo una legge suntuaria contro lo spreco e lo sfoggio del’eterno cafone

Lawrence Alma-Tadema, The Frigidarium, particolare
A Roma nel 215, in seguito al disastro di Canne, venne emanata la
lex Oppia  che imponeva un limite al lusso delle matrone[1] le quali nel 195 scesero in piazza proprio per manifestare a favore dell'annullamento di questa legge suntuaria.
Certamente tali leggi contro le spese (sumptus) eccessive devono riguardare tutti, non solo le matrone.
Lo sfoggio del lusso non solo è immorale, particolarmente nei tempi della penuria dei più, ma è comunque volgare, sfacciato, insomma plebeo.
Purtroppo lo sfoggio e la cafonaggine dello spreco si vede anche in certi poveri che lasciano nei piatti la metà o più di quello che hanno ordinato, per farsi credere abbienti.
 
Vesti sfacciatamente lussuose vengono sconsigliate alle donne eleganti dal mulierosus poeta Ovidio: “Quid de veste loquar? Nec nunc segmenta requiro/nec quae de Tyrio murice, lana, rubes./Cum tot prodierint pretio leviore colores,/ quis furor est census corpore ferre suos? " (Ars amatoria, III 169 sgg.), che devo dire della veste? Io non chiedo le frange d'oro, né te, lana, che rosseggi per la porpora di Tiro. Dal momento che sono venuti fuori tanti colori a prezzo più basso, che pazzia è portare sul corpo il proprio patrimonio?
Aggiungo l'esibizione che puzza di soldi è il furor tipico del liberto, l’ex schiavo arricchito scandalosamente, come Trimalchione il quale viene descritto al suo ingresso nella sala del banchetto con indosso un pallio scarlatto e un fazzoletto orlato di rosso, da senatore, intorno al collo con frange pendenti da una parte e dall'altra.
"Habebat etiam in minimo digito sinistrae manus anulum grandem  subauratum" (Satyricon  , 32), inoltre portava al mignolo della mano sinistra un grosso anello indorato, da cavaliere; nell'ultima falange del dito seguente un altro anello tutto d'oro ma cosparso come da stelline di ferro "et ne has ostenderet tantum divitias, dextrum nudavit lacertum armilla aurea cultum et eboreo circulo lamina splendente conexo ", e per non mettere in mostra soltanto queste ricchezze, denudò il braccio destro ornato da un braccialetto d'oro e da un cerchio d'avorio intrecciato con una lamina brillante, "deinde pinna argentea dentes perfōdit " (33), quindi si stuzzicò i denti con una stecca d'argento.
Petronio mette alla berlina la sua figura grottesca di eterno cafone, e pure Ovidio è  lontano dall'approvare l'ostentazione del lusso.
La radice del biasimo dello sfoggio dei metalli preziosi si può trovare nella Repubblica di Platone dove Socrate sostiene che non necessitano di oro e argento  terreno i guardiani custodi della polis, siccome ce li hanno divini nell'anima, e che non è lecito mescolare e contaminare questo con quello: "diovti polla; kai; ajnovsia peri; to; tw'n pollw'n novmisma gevgonen"(417a), poiché molti empi misfatti sono avvenuti per la moneta corrente nel volgo.
Tacito nella Germania manifesta un proprio dubbio: "Argentum et aurum propitiine an irati dii negaverint dubito" (5), l'argento e l'oro non so dire se glieli abbiano negati gli dèi favorevoli oppure ostili.
 
La persona bella e fine non puzza di soldi
Sentiamo Proust che descrive lo stile di un aristocratico il cui gevno" risaliva ai Merovingi.
Saint-Loup  aveva innanzitutto il pregio della naturalezza che si vedeva fino negli abiti "di un'eleganza disinvolta, senza nulla di 'pretenzioso' né di 'compassato', senza rigidità e senza appretto." Quel giovane ricco era apprezzabile" per il modo negligente e libero che aveva di viver nel lusso, senza 'puzzare di soldi', senza darsi arie di importanza"; il fascino della naturalezza si trovava "perfino nell'incapacità che Saint-Loup aveva conservata (...)
d' impedire al proprio viso di riflettere un'emozione"(p. 334). Si vedeva in lui "l'agilità ereditaria dei grandi cacciatori (...) il loro disprezzo per la ricchezza" la quale serviva solo per festeggiare gli amici. Ma, continua l'autore: "Vi sentivo soprattutto la certezza o l'illusione che avevano avuto quei grandi signori di essere  'più degli altri' e grazie alla quale non avevano potuto lasciare in legato a Saint-Loup quel desiderio di mostrare che si vale 'quanto gli altri', quella paura di sembrare troppo premurosi che rende così rigida e goffa la più sincera amabilità plebea" (Proust, All’ombra delle fanciulle in fiore, p.337).

Bologna 3 dicembre 2020 ore 17, 18 
giovanni ghiselli

p. s.
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[1] Vietava tra l'altro di indossare vesti multicolori o di girare per Roma su un cocchio a doppio traino di cavalli.

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