Borges |
Il coro di
donne caritatevoli offre aiuto ai poveri.
Potranno
prendere vestiti e oggetti d’oro e tutto quanto vogliono.
Devono però
avere la vista acuta per vedere quando guardano.
Pobabilmente
allude a tesori dell’anima generosa.
Chi non ha da
mangiare, potrà andare a prendere la farina e una bella forma di pane
Dunque, chi
vuole tra i poveri venga da me con sacco e bisaccia e prenderà del grano
lhvyetai purouv" (1210)
Segue però come
altre volte una contraddizione: avverte di non avvicinarsi troppo e di stare
attenti alla cagna - eujlabei`sqai th;n
kuvna - 1215 . Per me sono parole di colore oscuro.
Forse
significano che molte offerte generose possono essere anche pericolose da
accettare.
Il Pritano
bussa alla porta dell’acropoli che non si apre e minaccia di dare fuoco. Avvicina
la torcia e le donne fuggono. Anche i vecchi vengono allontanati. Un Ateniese
elogia il banchetto preparato
Il Pritano
raccomanda le sbronze che rendono gli uomini meno sospettosi.
Rientrano i due
cori quello di vecchi ateniesi e spartani con un flautista e quello delle donne
guidate da Lisistrata
Il Pritano e il
Lacone chiedono al flautista di suonare per dare inizio alle danze (1242 - 1246).
Ho tirato via
questa parte perché mi pare poco chiara e significativa, o dai significati
reconditi.
Con questa nota
intendo dare un’altra indicazione metodologica: credo che le opere o le pardi
di un’opera che non mi interessano, tanto meno potranno interessare i miei
allievi.
Voglio autorizzare questa mia attitudine con parole di autori vari
Sentiamo J. L.
Borges : "Nel mio testamento, che non ho intenzione di scrivere,
consiglierei di leggere molto, ma senza lasciarsi condizionare dalla
reputazione degli autori. L'unico modo di leggere è inseguendo una felicità
personale. Se un libro vi annoia, fosse pure il Don Chisciotte, accantonatelo:
non è stato scritto per voi (…) Non ho insegnato agli studenti la letteratura
inglese, che ignoro, ma l'amore per certi autori. O meglio per certe pagine. O
meglio, di certe frasi. Ci si innamora di una frase, poi di una pagina, poi di
un autore" .
Un consiglio
del genere dà pure Tolstoj: "Se vuoi insegnare qualcosa allo scolaro, ama
la tua materia e conoscila, e gli scolari ameranno te e la tua materia e tu
potrai educarli; ma se tu sei il primo a non amarla, per quanto li obblighi a
studiare, la scienza non eserciterà nessuna azione educativa". Gli
studenti, aggiunge il maestro russo, sono i migliori giudici dell'educatore,
l'unico test per valutarlo: "E anche qui la salvezza è una sola: la
libertà degli scolari di ascoltare o non ascoltare il maestro, di recepire o
non recepire la sua azione educativa, cioè essi soli possono decidere se il
maestro conosce e ama la sua materia" .
“Non si può
fare leggere dei testi solo per obbedire a una costrizione e cioè perché sono
imposti da un programma o da un canone; l’insegnante deve invece mostrare,
agendo all’interno della comunità ermeneutica della classe, che tali testi sono
letti perché hanno un significato e un valore per noi…Né si può escludere a
priori che un insegnante e la sua classe arrivino a conclusioni opposte
rispetto ai presupposti iniziali, e cioè alla presa d’atto che un determinato
testo o autore non abbia oggi un particolare valore e un significato e che sia
perciò giusto leggere altre opere o altri autori” .
“Una cosa ti
piace? Bene, la condividi. Io direi che esattamente questo è insegnare, niente
di più: il piacere immenso della condivisione” .
Credo pure che
non sia necessario, e nemmeno opportuno, che ciascuno studi tutte le
discipline: ognuno deve dedicarsi presto a quelle per le quali è portato.
Vittorio
Alfieri non era incline alla geometria: “Di quella geometria, di cui io feci il
corso intero, cioè spiegati i primi sei libri di Euclide, io non ho neppur mai
intesa la quarta proposizione; come neppure la intendo adesso; avendo io sempre
avuta la testa assolutamente anti - geometrica” ( Vita, 2, 4).
Note
Dall'articolo di P. Odifreddi Se in cattedra
sale un genio in “ Il Sole - 24 ore” del 13 gennaio 2002, p. 33.
Educazione e formazione culturale (del 1862),
in Quale scuola? , p. 116.
R: Luperini, Insegnare la letteratura oggi, p.
98.
P. Mastrocola, La scuola raccontata al mio cane, p. 50.
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