Comunità Sant’Egidio, mostra sulla pace L’arte di vivere insieme |
Esodo 1247 - 1320. Il lieto fine: tornano la Pace e l'amore tra gli uomini e le donne. Evoè 4 volte.
Lo Spartano ricorda le benemerenze storiche degli Ateniesi e pure quelle degli Spartani nei confronti della Grecia, in particolare la seconda guerra persiana con l’Artemisio, il promontorio nel punto più a Nord (est) dell’Eubea, dove gli Ateniesi simili a verri - sueivkeloi - saltarono sulle navi e vinsero i Medi, mentre Leonida guidava noi Spartani come cinghiali che aguzzano le zanne - a|per tw;" kavprw" savgonta" (1255).
I guerrieri schiumavano e sudavano e i
Persiani non erano meno dei granelli di sabbia oujk
ejlavssw" ta'" yavmma" (1261).
Leggiamo il frammento di Simonide con
l'encomio di Leonida e dei suoi opliti morti per ritardare l'avanzata di Serse
(fr.5 D.):
"dei morti
alle Termopili
gloriosa è la
sorte, bello il destino,
un altare è il
sepolcro (bwmo;~ d j o tavfo~), e
invece dei lamenti c'è il ricordo, e il compianto un encomio (oi\kto~ e[paino~)/
Un sudario del
genere né ruggine
né il tempo che
tutto doma (oJ pandamavtwr crovno~ )
oscurerà.
Questo recinto
sacro di uomini prodi si prese
come custode la
gloria dell'Ellade: lo testimonia anche Leonida/
re di Sparta
che ha lasciato un grande ornamento
di valore, e
fama perenne.
Viene invocata
Artemide, silvestre cacciatrice. E finiamola con le volpi astute!
La falsità
delle consumate volpi del potere.
Forse c’è un
riferimento a quanto disse Lisandro il quale avrebbe concluso la guerra del
Peloponneso sconfiggendo gli Ateniesi: egli se la rideva di quanti stimavano
che i discendenti di Eracle dovessero sdegnare di vincere con il tradimento e
raccomandava sempre:" o{pou ga;r hJ
leonth' mh; ejfiknei'tai prosraptevon ejkei' th;n ajlwpekhvn" dove
di fatto non giunge la pelle del leone, bisogna cucirle sopra quella della
volpe" (Plutarco, Vita di Lisandro, 7, 6).
Cfr. la golpe e
il lione di Machiavelli.
Nel XVIII
capitolo di Il Principe, Machiavelli ricorda "come Achille e molti altri
di quelli principi antichi furono dati a nutrire a Chirone centauro, che sotto
la sua disciplina li costudissi". E ne deduce:"Il che non vuol dire
altro, avere per precettore uno mezzo bestia et uno mezzo uomo, se non che
bisogna a uno principe sapere usare l'una e l'altra natura; e l'una sanza
l'altra non è durabile. Sendo dunque uno principe necessitato sapere usare la
bestia, debbe di quelle pigliare la golpe et il lione; perché il lione non si
difende da' lacci, la golpe non si difende da' lupi. Bisogna adunque essere
golpe a conoscere e' lacci, e lione a sbigottire e' lupi. Coloro che stanno
semplicemente in sul lione, non se ne intendano. Non può, per tanto, uno
signore prudente né debbe osservare la fede, quando tale osservanzia li torni
contro e che sono spente le cagioni che la feciono promettere".
Riccardo III di
Shakespeare è “ il principe che ha letto Il Principe. La politica è per lui
pura pratica, un’arte il cui fine è governare. Un’arte amorale come quella di
costruire i ponti o come una lezione di scherma. Le passioni umane sono
argilla, e anche gli uomini sono un’argilla di cui si può fare quel che si
vuole.” .
Riccardo viene
aizzato dai suoi alleati a vendicarsi dei suoi nemici: “ But then I sigh, and,
with a piece of Scripture, - Tell them that God bids us do good for evil: - And
thus I clothe my naked villainy - With odd old ends stol’n forth of Holy Writ -
And seem a saint, when most I play the devil” (I, 3), ma allora io sospiro, e,
con un brano della Scrittura, dico loro che Dio ci ordina di rendere bene per
male: e così rivesto la mia nuda scelleratezza con occasionali vecchi scampoli
della Sacra Scrittura, e sembro un santo quando più faccio il diavolo.
Il pritano
ateniese dice che tutto è andato bene pepoivhtai
kalw`" (1272), sicché Spartani e Ateniesi possono tornare a casa
con le mogli. Poi si danzerà in onore degli dèi e , suggerisce, nell'avvenire
guardiamoci dallo sbagliare ancora - eujlabwvmeqa
- to; loipovn au\qi" mh; jxamartei`n e[ti - (1277 - 1278).
La resipiscenza
fa cessare il dolore purché non si torni all'errore finalmente compreso. Come
nelle tragedie (cfr. soprattutto Agamennone di Eschilo e Alcesti di Euripide)
Il coro degli
Ateniesi invoca le Cavrita",
Artemide, Apollo il gemello guidatore di danze divdumon
ajgevcoron, benigno guaritore eu[fron j jIhvion , poi Dioniso, il dio di
Nisa, il dio che tra le Menadi negli occhi sfavilla, e Zeus fulgente di fuoco e
la sua veneranda consorte, e Afrodite che ci ha dato questa pace serena. Dunque
ai[resq j a[nw, balzate in alto, wJ" ejpi; nivkh/ come per la
vittoria, eujoi' ripetuto 4 volte.
L'evoè quasi
sempre sancisce e festeggia la gioia, mentre l'amen spesso accetta il dolore
Il pritano
chiede allo Spartano di concludere intonando mou'san
e[ti nevan, un canto ancora nuovo.
La poetica del
canto nuovo
Cfr. quanto
dice Telemaco a Femio nel I canto dell’Odissea: il cantore deve dilettare
("tevrpein", v. 347), e
gli uomini apprezzano maggiormente il canto ajoidhvn
- che suoni più nuovo newtavth a chi ascolta (vv. 351 - 352).
L'epos degli
aedi dunque, come abbiamo visto per la storiografia tucididèa, preferisce
occuparsi di fatti recenti:" Con la loro funzione sacra, i poemi perdono
anche il loro carattere lirico; diventano epici, e in questa forma sono la più
antica poesia profana, sciolta dal culto, di cui si abbia notizia in Europa. In
origine dovettero essere qualcosa come resoconti di guerra, cronache di eventi
bellici; e forse da principio si limitavano alle "ultime notizie"
sulle fortunate imprese militari e sulle spedizioni piratesche sulla stirpe.
"Al canto più nuovo, la lode più alta", dice Omero (Od. I, 351 - 352),
e Demodoco e Femio cantano dei fatti più recenti" .
“Ciò che è
importante per l’aedo è stare al passo con i tempi, il che equivale a conoscere
il canto più recente” .
La poetica del
canto nuovo sarà ripresa da Pindaro che vuole togliere ai canti tradizionali il
biasimo verso gli dèi:" ejpei; to; ge
loidorh'sai qeouv" - ejcqra; sofiva" , poiché diffamare gli
dèi è sapienza che odia, e dunque:"ai[nei
de; palaio;n me;n oi\non, a[nqea d j u{mnwn - newtevrwn" , loda il
vino vecchio, ma fiori di canti nuovi.
Lo Spartano
dunque canta chiudendo la commedia
Invoca la musa
spartana che lasci l’amabile Taigeto e celebri Apollo il dio di Amicle, e Atena
la dea Calkivoiko" dalla dimora
di bronzo, e i Tindaridi che giocano (yiavdonti=yiavzousi)
presso l’Eurota.
Noi celebriamo
Sparta cui sono care le danze kai; podw'n
ktuvpo" e il battere dei piedi, quando, come puledre le fanciulle –a|/te pw'loi tai; kovrai - presso l’Eurota
- pa;r to;n Eujrwvtan (1309) balzano (ajmpadevomti
- ajnaphdavw - ) agitando celeri i piedi e si squassano le chiome tai; de; kovmai seivontai come Baccanti
che folleggiano con il tirso (1313)
Guida le danze
la figlia di Leda santa e bella.
La Parodo delle
Baccanti di Euripide termina con questi versi
Bacco
sollevando
la fiamma
ardente
dalla torcia di
pino
come fumo di
incenso di Siria
si precipita,
con la corsa e
con danze
eccitando le erranti
e con grida
spingendole,
e scagliando
nell’aria la molle chioma.
e insieme con
urla di evoè grida così:
“O andate
Baccanti,
andate
Baccanti,
con lo
splendore dello Tmolo aurifluente,
cantate Dioniso
al suono dei
timpani dal cupo tuono,
celebrando con
urla di evoè il dio dell’evoè
tra clamori e
gridi frigi
quando il sacro
flauto melodioso
freme sacri
ludi, che si accordano
alle erranti al
monte, al monte: felice
allora, come
puledra con la madre
al pascolo,
muove il piede rapido, a balzi, la baccante” (145 - 167)
Lo spartano
invita le donne della sua terra a cingersi le chiome con una benda e a balzare
con i piedi come una cerva - a| ti"
e[lafo" 1319 facendo risuonare la terra in modo che aiuti la danza,
e a celebrare Atena potentissima dea bellicosa (1320)
Atena è pure la
dea poliade di Atene e la sua bellicosità non potrà essere invocata contro la
città che protegge, bensì, casomai, contro i Persiani rcordati pochi versi fa.
Un appello
simile di concordia tra gli Elleni e di guerra santa conto i Persiani troviamo
nell' Ifigenia in Aulide di Eurupide.
Ricorda
l'euripidaristofaneggiare di Cratino.
Fine
Bologna 11
ottobre 2021 ore 17, 38
giovanni
ghiselli
domani anche
noi inizieremo le danze. Siete 12: 8 in presenza e 4 online.
Partiremo dalla
commedia e Aristofane in generale. Poi, via via, Acarnesi, Cavalieri, Nuvole,
Vespe, Lisistrata, Rane.
Lector,
intende; laetaberis.
p.s
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