lunedì 11 ottobre 2021

Aristofane, "Lisistrata". 22. Esodo

 

Comunità Sant’Egidio, mostra sulla pace
L’arte di vivere insieme
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Esodo 1247 - 1320. Il lieto fine: tornano la Pace e l'amore tra gli uomini e le donne. Evoè 4 volte.


Lo Spartano ricorda le benemerenze storiche degli Ateniesi e pure quelle degli Spartani nei confronti della Grecia, in particolare la seconda guerra persiana con l’Artemisio, il promontorio nel punto più a Nord (est) dell’Eubea, dove gli Ateniesi simili a verri - sueivkeloi - saltarono sulle navi e vinsero i Medi, mentre Leonida guidava noi Spartani come cinghiali che aguzzano le zanne - a|per tw;" kavprw" savgonta" (1255).

 I guerrieri schiumavano e sudavano e i Persiani non erano meno dei granelli di sabbia oujk ejlavssw" ta'" yavmma" (1261).

 

 Leggiamo il frammento di Simonide con l'encomio di Leonida e dei suoi opliti morti per ritardare l'avanzata di Serse (fr.5 D.):

"dei morti alle Termopili

gloriosa è la sorte, bello il destino,

un altare è il sepolcro (bwmo;~ d j o tavfo~), e invece dei lamenti c'è il ricordo, e il compianto un encomio (oi\kto~ e[paino~)/

Un sudario del genere né ruggine

né il tempo che tutto doma (oJ pandamavtwr crovno~ ) oscurerà.

Questo recinto sacro di uomini prodi si prese

come custode la gloria dell'Ellade: lo testimonia anche Leonida/

re di Sparta che ha lasciato un grande ornamento

di valore, e fama perenne.

 

Viene invocata Artemide, silvestre cacciatrice. E finiamola con le volpi astute!

 

La falsità delle consumate volpi del potere.

 

Forse c’è un riferimento a quanto disse Lisandro il quale avrebbe concluso la guerra del Peloponneso sconfiggendo gli Ateniesi: egli se la rideva di quanti stimavano che i discendenti di Eracle dovessero sdegnare di vincere con il tradimento e raccomandava sempre:" o{pou ga;r hJ leonth' mh; ejfiknei'tai prosraptevon ejkei' th;n ajlwpekhvn" dove di fatto non giunge la pelle del leone, bisogna cucirle sopra quella della volpe" (Plutarco, Vita di Lisandro, 7, 6).

Cfr. la golpe e il lione di Machiavelli.

Nel XVIII capitolo di Il Principe, Machiavelli ricorda "come Achille e molti altri di quelli principi antichi furono dati a nutrire a Chirone centauro, che sotto la sua disciplina li costudissi". E ne deduce:"Il che non vuol dire altro, avere per precettore uno mezzo bestia et uno mezzo uomo, se non che bisogna a uno principe sapere usare l'una e l'altra natura; e l'una sanza l'altra non è durabile. Sendo dunque uno principe necessitato sapere usare la bestia, debbe di quelle pigliare la golpe et il lione; perché il lione non si difende da' lacci, la golpe non si difende da' lupi. Bisogna adunque essere golpe a conoscere e' lacci, e lione a sbigottire e' lupi. Coloro che stanno semplicemente in sul lione, non se ne intendano. Non può, per tanto, uno signore prudente né debbe osservare la fede, quando tale osservanzia li torni contro e che sono spente le cagioni che la feciono promettere".

 

Riccardo III di Shakespeare è “ il principe che ha letto Il Principe. La politica è per lui pura pratica, un’arte il cui fine è governare. Un’arte amorale come quella di costruire i ponti o come una lezione di scherma. Le passioni umane sono argilla, e anche gli uomini sono un’argilla di cui si può fare quel che si vuole.” .

Riccardo viene aizzato dai suoi alleati a vendicarsi dei suoi nemici: “ But then I sigh, and, with a piece of Scripture, - Tell them that God bids us do good for evil: - And thus I clothe my naked villainy - With odd old ends stol’n forth of Holy Writ - And seem a saint, when most I play the devil” (I, 3), ma allora io sospiro, e, con un brano della Scrittura, dico loro che Dio ci ordina di rendere bene per male: e così rivesto la mia nuda scelleratezza con occasionali vecchi scampoli della Sacra Scrittura, e sembro un santo quando più faccio il diavolo.

 

Il pritano ateniese dice che tutto è andato bene pepoivhtai kalw`" (1272), sicché Spartani e Ateniesi possono tornare a casa con le mogli. Poi si danzerà in onore degli dèi e , suggerisce, nell'avvenire guardiamoci dallo sbagliare ancora - eujlabwvmeqa - to; loipovn au\qi" mh; jxamartei`n e[ti - (1277 - 1278).

La resipiscenza fa cessare il dolore purché non si torni all'errore finalmente compreso. Come nelle tragedie (cfr. soprattutto Agamennone di Eschilo e Alcesti di Euripide)

 

Il coro degli Ateniesi invoca le Cavrita", Artemide, Apollo il gemello guidatore di danze divdumon ajgevcoron, benigno guaritore eu[fron j jIhvion , poi Dioniso, il dio di Nisa, il dio che tra le Menadi negli occhi sfavilla, e Zeus fulgente di fuoco e la sua veneranda consorte, e Afrodite che ci ha dato questa pace serena. Dunque ai[resq j a[nw, balzate in alto, wJ" ejpi; nivkh/ come per la vittoria, eujoi' ripetuto 4 volte.

L'evoè quasi sempre sancisce e festeggia la gioia, mentre l'amen spesso accetta il dolore

 

Il pritano chiede allo Spartano di concludere intonando mou'san e[ti nevan, un canto ancora nuovo.

 

La poetica del canto nuovo

Cfr. quanto dice Telemaco a Femio nel I canto dell’Odissea: il cantore deve dilettare ("tevrpein", v. 347), e gli uomini apprezzano maggiormente il canto ajoidhvn - che suoni più nuovo newtavth a chi ascolta (vv. 351 - 352).

L'epos degli aedi dunque, come abbiamo visto per la storiografia tucididèa, preferisce occuparsi di fatti recenti:" Con la loro funzione sacra, i poemi perdono anche il loro carattere lirico; diventano epici, e in questa forma sono la più antica poesia profana, sciolta dal culto, di cui si abbia notizia in Europa. In origine dovettero essere qualcosa come resoconti di guerra, cronache di eventi bellici; e forse da principio si limitavano alle "ultime notizie" sulle fortunate imprese militari e sulle spedizioni piratesche sulla stirpe. "Al canto più nuovo, la lode più alta", dice Omero (Od. I, 351 - 352), e Demodoco e Femio cantano dei fatti più recenti" .

“Ciò che è importante per l’aedo è stare al passo con i tempi, il che equivale a conoscere il canto più recente” .

 

La poetica del canto nuovo sarà ripresa da Pindaro che vuole togliere ai canti tradizionali il biasimo verso gli dèi:" ejpei; to; ge loidorh'sai qeouv" - ejcqra; sofiva" , poiché diffamare gli dèi è sapienza che odia, e dunque:"ai[nei de; palaio;n me;n oi\non, a[nqea d j u{mnwn - newtevrwn" , loda il vino vecchio, ma fiori di canti nuovi.

 

 

Lo Spartano dunque canta chiudendo la commedia

Invoca la musa spartana che lasci l’amabile Taigeto e celebri Apollo il dio di Amicle, e Atena la dea Calkivoiko" dalla dimora di bronzo, e i Tindaridi che giocano (yiavdonti=yiavzousi) presso l’Eurota.

Noi celebriamo Sparta cui sono care le danze kai; podw'n ktuvpo" e il battere dei piedi, quando, come puledre le fanciulle –a|/te pw'loi tai; kovrai - presso l’Eurota - pa;r to;n Eujrwvtan (1309) balzano (ajmpadevomti - ajnaphdavw - ) agitando celeri i piedi e si squassano le chiome tai; de; kovmai seivontai come Baccanti che folleggiano con il tirso (1313)

Guida le danze la figlia di Leda santa e bella.

 

La Parodo delle Baccanti di Euripide termina con questi versi

Bacco sollevando                                                                                                                          

la fiamma ardente

dalla torcia di pino

come fumo di incenso di Siria

si precipita, con la corsa e

con danze eccitando le erranti

e con grida spingendole,

e scagliando nell’aria la molle chioma.  

e insieme con urla di evoè grida così:

“O andate Baccanti,

andate Baccanti,

con lo splendore dello Tmolo aurifluente,

cantate Dioniso                                                                                                                                             

al suono dei timpani dal cupo tuono,

celebrando con urla di evoè il dio dell’evoè

tra clamori e gridi frigi

quando il sacro flauto melodioso                                                                                                           

freme sacri ludi, che si accordano

alle erranti al monte, al monte: felice                                                                                  

allora, come puledra con la madre

al pascolo, muove il piede rapido, a balzi, la baccante” (145 - 167)

 

Lo spartano invita le donne della sua terra a cingersi le chiome con una benda e a balzare con i piedi come una cerva - a| ti" e[lafo" 1319 facendo risuonare la terra in modo che aiuti la danza, e a celebrare Atena potentissima dea bellicosa (1320)

Atena è pure la dea poliade di Atene e la sua bellicosità non potrà essere invocata contro la città che protegge, bensì, casomai, contro i Persiani rcordati pochi versi fa.

Un appello simile di concordia tra gli Elleni e di guerra santa conto i Persiani troviamo nell' Ifigenia in Aulide di Eurupide.

 

Ricorda l'euripidaristofaneggiare di Cratino.

 

 

Fine

 

Bologna 11 ottobre 2021 ore 17, 38

giovanni ghiselli

domani anche noi inizieremo le danze. Siete 12: 8 in presenza e 4 online.

Partiremo dalla commedia e Aristofane in generale. Poi, via via, Acarnesi, Cavalieri, Nuvole, Vespe, Lisistrata, Rane.

Lector, intende; laetaberis.

 

p.s

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