domenica 24 ottobre 2021

Il falso sciocco. Demo di Aristofane, Bruto e Amleto: gli ossimori viventi.


 

I cavalieri  coreuti dicono a Demo-Popolo eujparavgwgo" ei\ (Cavalieri, 115), sei uno facile da abbindolare. Ti piace essere adulato e ingannato qwpeuvomenov" te caivrei" kajxapatwvmeno", e stai sempre a bocca aperta a sentire chi parla-pro;" tovn te legovnt j ajei; kevchna" , e la tua mente, pur essendoci, va lontano oJ nou`" dev sou-parw;n ajpodhmei`-.

 

Ma Demo ribatte ai cavalieri che sotto le chiome non hanno nou'" se credono che lui non capisca: ejgw; d j eJkw;n tau't j hjliqiavzw (1123), a bella posta io faccio lo scemo.

 

Bruto, per salvarsi, aveva stabilito di non lasciare al re Tarquinio il Superbo nulla da temere dall'animo suo, nulla da desiderare nella sua fortuna, e di trovare sicurezza nell'essere disprezzato:"Ergo ex industria factus ad imitationem stultitiae, cum se suaque praedae esse regi sineret, Bruti quoque haud abnuit cognomen " (Livio, I, 56, 8) pertanto fingendosi stolto apposta, lasciando se stesso e i suoi beni al re, non rifiutò neppure il soprannome di Bruto. “Perché non vi è nulla di più pericoloso di un uomo che rifiuta di sottomettersi alla tirannia”[1].

Ma quella che sembrava pazzia agli stupidi era invece genio. Quando l'oracolo delfico infatti preconizzò che avrebbe avuto il sommo potere a Roma quello che per primo avesse baciato la madre, Bruto, avendo capito, "velut si prolapsus cecidisset, terram osculo contigit, scilicet  quod ea communis mater omnium mortalium esset " I, 56, 12, come se fosse caduto per una scivolata, diede un bacio alla terra, evidentemente poiché quella era la madre comune di tutti i mortali.

Livio racconta pure che Bruto aveva portato in dono ad Apollo una verga d'oro inclusa in un bastone di corniolo con un incavo fatto a questo scopo, recando immagine enigmatica del suo carattere:"aureum baculum inclusum cornĕo cavato ad id baculo tulisse donum Apollini dicitur, per ambagem effigiem ingenii sui"[2].

L'oggetto è ossimorico proprio come ossimorico è il falso sciocco, con la sua sapiens insipientia. Diciamo meglio. Il falso sciocco è l'ossimoro per eccellenza, visto che il significato proprio di questa espressione greca, ojxuvmwron, è proprio quella di "sciocco acuto"…Forse non avevamo pensato che Bruto, come Amelethus, e tutti gli altri falsi sciocchi, erano in realtà delle figure retoriche, degli ossimori: anche in senso assolutamente letterale"[3] .

 

Amelethus è prefigura l’Amleto di Shakespeare nei Gesta Danorum di Saxo Grammaticus (1140 ca-1210 ca).

Vediamo un aspetto della sua pazzia con altre considerazioni di Bettini:"L'eroe ha appena fatto all'amore con la futura Ofelia shakespeariana, e gli viene chiesto: su quale cuscino? E lui:" Su uno zoccolo di giumenta, una cresta di gallo e le travi del tetto"[4]. Ma il falso stolto deve anche farne, di sciocchezze, oltre che dirne.

 

Odisseo a Itaca, davanti a Menelao e Agamennone, aggioga all'aratro un bue e un cavallo e se ne va in giro con in capo il berretto (pileus) dello stolto[5]. Peccato che non possiamo più vedere un celebre dipinto di Eufranore che stava a Efeso, forse nel santuario di Artemide. Plinio lo descriveva così:"Ulisse, fintosi pazzo, aggioga un bue insieme con un cavallo: vi sono anche uomini pensosi vestiti col pallio, e un comandante che rinfodera la spada"[6].

Ecco che le plateali insensatezze del (falso) sciocco suscitano il dubbio e lo sconcerto dei cogitantes, i personaggi "pensosi" che lo osservano.

Solone, per parte sua, se ne uscì invece in pubblico "deformis habitu more vecordium" (tutto malvestito alla maniera dei pazzi), ovvero con in testa il famoso berretto[7].

David, alla corte di Achis, contraffaceva il volto, si lasciava cadere, inciampava nei battenti della porta, e la saliva gli correva lungo la barba[8].

Ancora Amelethus, alla corte di Fengo, giace per terra sporco di cenere, intento a indurire nel fuoco dei bastoncini ricurvi[9]; poi lo vediamo salire su un cavallo a rovescio, reggendo naturalmente la coda al posto delle redini"[10].         

giovanni ghiselli

 

 

 



[1] S. Màrai, La recita di Bolzano, p. 20.

[2] Livio, I, 56.

[3] M. Bettini, Le orecchie di Hermes, Einaudi, Torino, 2000, p. 86.

[4] Saxo, 3, 6, 11.

[5] Igino, Fabulae, 95.

[6] Plinio, Naturalis historia, 35, 129.

[7] Giustino, 2, 7; Plutarco, Vita di Solone, 8, 1, sg.

[8] Il libro dei Re, 21, 11 (=Il libro di Samuele, 21, 11-13).

[9] Saxo, 3, 6, 6.

[10] M. Bettini, op. cit., p. 59.

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