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" Com’è bruciato dal sole! E' un contadino?" (ejpikevkautai mevn. gewrgov" ejsti; 754).
Sostrato dunque si è trasformato in un colono adusto dal sole
Mi viene in mente il Cristo di Piero della Francesca della Resurrezione del Borgo come viene commentato da Roberto Longhi: “sorse il Cristo orrendamente silvano e quasi bovino (…) vedesi essere involontariamente assorto a simbolo di salvazione questo accigliato colono imbalsamato dal sole” (Roberto Longhi, Da Cimabue a Morandi, p. 426)
Gorgia asseconda il desiderio del patrigno:
"Certo, padre.
Non è uno da lussi né un tipo da andare a spasso senza fare niente tutto il giorno"(755).
Insomma un altro aujtourgov"
A questo punto Cnemone lascia i pieni poteri al figliastro, il quale dice a Sostrato che è necessario anche il consenso del padre suo. Il giovane ricco assicura:
"mio padre non avrà nulla in contrario"(762).
Allora Gorgia dà il suo benestare: il carattere di Sostrato è approvato poiché la ricchezza non gli ha fatto perdere il senso della misura e dei limiti umani:
"pur essendo abituato al lusso, hai preso la zappa, hai scavato, ha voluto faticare"(766-767). Sostrato dunque non ha avuto bisogno di un rovescio di fortuna, come Creso, per mettersi nei panni di un povero e prepararsi ad affrontare eventuali cadute.
Quindi entra Callippide, il padre di Sostrato, noto a Gorgia come:
"un uomo ricco e giusto; un coltivatore impareggiabile"( gewrgo;" a[maco" 775).
Il Quinto atto (vv.783-969 comincia con un agone tra il figlio e il padre: Sostrato si lamenta del fatto che Callippide gli consente sì di sposare la ragazza povera, ma non concede a Gorgia la mano della figlia. Callippide ribatte così:
"non voglio prendere insieme una nuora e un genero
Pezzenti- ptwcou;" labei'n-: per noi è sufficiente uno dei due"(795-796). Questa cruda battuta dà luogo ad una risposta di Sostrato, che si fa portavoce dell’autore, sulla labilità delle ricchezze e dei possessi umani:
"Tu parli dei beni materiali, cosa malsicura- ajbebaivou pavgmato" 797.
Se infatti sai che queste ti rimarranno
per tutto il tempo, guardati dal darne parte
ad alcuno; ma se di esse tu non sei
il padrone, e le possiedi non grazie a te stesso bensì alla fortuna th" tuvch" de; pavnt j e[cei" ,
non devi esserne geloso nei confronti di uno di questi.
La sorte infatti dopo avere tolto tutto a te
potrebbe arricchire un altro a caso, magari indegno.
Perciò dico che tu devi, finché possiedi dei mezzi,
usarli con nobiltà( crh'sqaiv se gennaivw"), padre, aiutare tutti (ejpikourei'n pa'sin), fare del bene
a quante più persone puoi. Questo infatti è un capitale
che non muore, e se tu ti trovi nella perdita,
di lì ti verrà un contraccambio.
Vale molto più un amico palese (ejmfanh;" fivlo")
che una ricchezza latente (plou'to" ajfanhv") che tu hai sotterrato"(797-812).
In questo discorso di Gorgia troviamo la stessa idea, di origine delfica, manifestata da Solone a Creso nelle Storie di Erodoto (I, 29- 32). Il pacchiano re barbaro, considerato l'uomo più ricco del mondo, aveva domandato al saggio legislatore ateniese "se avesse già visto l'uomo più felice i tutti, sperando di essere il più felice degli uomini". Invece Solone rispose:"O Creso, io so che il divino è tutto invidioso e turbolento, e tu mi interroghi sulle vicende umane... A 70 anni io pongo il limite della vita per l'uomo... Di tutti questi giorni compresi in 70 anni che sono 26250 non ce n'è uno che porti un fatto del tutto simile a un altro. Così dunque, Creso, l'uomo è una cosa completamente in balìa degli eventi. A me sembra che tu sia davvero ricco e re di molti uomini; ma la risposta a quello che mi domandavi non te la posso dare prima di avere saputo che hai finito bene la vita". Questa interpretazione poi è divenuta topos ideologico presente in diversi autori, da Euripide a Seneca per nominarne solo alcuni. Restringendo l'ottica al dramma di Menandro e al matrimonio tra un povero e una ricca vediamo che tali nozze costituiscono un correttivo non rivoluzionario alle sperequazioni economiche e sociali.
Callippide dunque accetta il suggerimento del figlio:
"dai, distribuisci (divdou, metadivdou): io mi sono completamente lasciato persuadere da te"(818). Poi aggiunge anche "volentieri (eJkwvn)"(819) poiché una persuasione estorta non avrebbe valore. A questo punto è Gorgia che oppone resistenza al proprio matrimonio con un'ereditiera:
"mi considero degno di lei,
ma non mi sembra giusto prendere molto dal momento che ho poco"(833-834). Tuttavia bastano un paio di battute (del resto arrivate mutile) di Callippide a convincerlo:
"con questo mi hai convinto: due volte
povero e stupido.."(838-839). Ma il passo è disastrato. Comunque le doppie nozze verranno celebrate.
Sostrato esprime la sua soddisfazione con un ottimistico elogio della ragione e della volontà che risente delle due principali filosofie ellenistiche: l'epicureismo e lo stoicismo:
"Chi è davvero intelligente (to;n eu\ fronou'nq j)
non deve mai rinunciare a nessuna impresa.
Tutto diventa espugnabile con l'attenzione e la fatica- aJlwta; givnet j ejpimeleiva/ kai; povnw/- a[pant j .
Io ora porto un esempio di questo:
in un solo giorno ho fatto un matrimonio
cui nessuno avrebbe creduto del tutto "(860-865).
Questo elogio dell'intelligenza ha dei precedenti nell'Agamennone di Eschilo:"to; mh; kakw'" fronei'n-qeou' mevgiston dw'ron", il non capire male è il dono più grande di dio (vv.927-928), e nell' Antigone di Sofocle:"pollw'/ to; fronei'n eujdaimoniva"-prw'ton uJpavrcei"( 1347-1348), il primo punto della felicità di gran lunga è il capire.
Intanto sta cominciando la festa nuziale e Cnemone non si vede; anzi ha pregato Gorgia di portare via la vecchia serva Simiche in modo da restare completamente solo(868).
"Che carattere irriducibile!"- w] trovpou ajmavcou (869) commenta Sostrato.
Dalla casa del solitario esce Simiche imprecando contro di lui:
"Sì me ne vado anch'io per Artemide. Tu
rimarrai steso là dentro da solo. Disgraziato te per il tuo carattere! (tavla" su; tou' trovpou.)"
Questi ti volevano portare dal dio
e tu hai detto di no! Ti capiterà un grande male di nuovo
per gli dèi, e ancora peggiore! (874-878).
Poi la vecchia esce per andare ad assistere la vergine nubenda e sulla scena rimane il servo Geta cui si aggiunge il cuoco Sicone: insieme concertano uno scherzo a Cnemone: il momento è propizio, infatti mentre gli altri fanno baldoria
"il vecchio misantropo dorme ed è solo (oJ duvskolo" gevrwn kaqeuvdei movno")"(892). Decidono di sollevarlo di peso e portarlo fuori. Il vecchio se ne lamenta con un'esclamazione da tragedia:
"ohimé, sono perduto!"(911) , ma Sicone per burla gli chiede in prestito"lebèti e tazze"(914). Cnemone è come stordito e grida:
"o povero me! In che modo sono stato portato qui?
chi mi ha depositato davanti alla porta? Vattene!"(918-919). La burla continua con altre richieste di Geta e di Sicone che poi vanno avanti descrivendo il banchetto, quindi lo invitano a prendervi parte. Il vecchio prova a resistere con il solito stile:
"Che cosa volete ancora, maledetti?"
ma Geta non si lascia intimorire:
" piuttosto tu vieni con noi! Sei un villano!"(955).
Il misantropo tenta un ultima resistenza:
"no per gli dèi!"
senza però scoraggiare Geta:
"Allora ti portiamo con noi?"(957), la cui insistenza fa dubitare Cnemone:
"Che cosa devo fare?". L'esitazione dà spazio a un invito più risibile:
("balla anche tu"covreue dhv suv) che spinge il vecchio a scegliere il male minore:
"Portatemi. Probabilmente è meglio
sopportare le seccature di là"(957).
Le ultime parole sono di Geta che ordina a Sicone e a un altro di sollevare Cnemone e portarlo dentro. Quindi si rivolge al vecchio consigliandolo di non brontolare più se vuole evitare guai e, insieme con il poeta, prende congedo dagli spettatori:
"Bene. Voi, dopo avere goduto con noi del trionfo
su quel difficile vecchio, applauditeci (ejpikrothvsate)
con simpatia ragazzi, fanciulli e uomini.
E la vergine Vittoria , dal nobile padre
amante del riso filovgelwv" te parqevno" - Nivkh - ci segua e ci sia sempre propizia"(965-969).
Fine del Dyskolos
Bologna 9 gennaio 2022 ore 18, 42
giovanni ghiselli
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Sono contento che il Napoli abbia vinto la partita
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