Heautontimorumenos Milano, Biblioteca Ambrosiana inv H 75 inf, sheet 53 verso |
Notizie sulla vita si ricavano dalla biografia di Elio Donato, grammatico del IV d. C.
Egli l'ha ricavata dal De poetis, sezione a noi non pervenuta del De viris illustribus di Svetonio.
Terenzio dunque nacque a Cartagine e giunse a Roma come schiavo di Terenzio Lucano che lo affrancò ob ingenium ac formam. Fu accolto nel circolo filellenico degli Scipioni, e divenne amico in particolare di Ennio.
Nel 166 fece rappresentare l'Andria, la sua prima commedia, dopo essere stato incoraggiato dal vecchio drammaturgo Cecilio Stazio. Terenzio Morì durante un viaggio in Grecia.
Gli Adelphoe vennero rappresentati nel 160, durante le celebrazioni funebri in onore di Emilio Paolo (vincitore del re Pèrseo di Macedonia a Pidna nel 168)
Il modello sono gli jAdelfoiv di Menandro, contaminata con i (Commorientes) di Difilo. Sono comoediae statariae, in quanto rappresentano azioni poco movimentate e intricate. Comoediae motoriae sono invece quelle dall'intreccio più ricco di azione e di movimento.
I prologhi hanno la funzione di chiarire la posizione dell'autore e polemizzare con gli avversari, un poco come le paràbasi di Aristofane.
Nel prologo dell’Heautontimorumenos il capocomico Ambivio Turione chiede l’attenzione del pubblico e la possibilità di rappresentare una commedia poco movimentata senza interruzioni causate dal baccano Adeste aequo animo: date potestatem mihi- statariam agere per silentium in maniera che il vecchio attore non debba portare sempre portare il servus currens, l’iratus senex, l’edax parasitus, l’impudens sycophanta, l’avarus leno, gridando a perdifiato e stremato dalla fatica clamore summo, cum labore maxumo (35-40)
Sono menzionati gli ingredienti caratteristici della commedia motoria.
Forse non ho ancora detto che il Totò Merùmeni di Gozzano (1911) prende il suo titolo dall’Heautontimorumenos.
Anche nei Fleurs du mal di Baudleaire (1857) c’è una poesia intitolata Heautontimorumenos. In entrambi questi compomimenti c’ è un’edace ironia (la vorace Ironie) che ha corroso e raggelato il punitore di se stesso
Nel prologo dell'Andria Ambivio Turione quale portavoce di Terenzio si difende dall'accusa di adoperare la contaminatio della quale si sono già serviti Plauto e Cecilio. " Nam in prologis scribundis operam abutitur,/non qui argumentum narret, sed qui malivoli/ veteris poetae maledictis respondeat", nello scrivere i prologhi l’autore non perde tempo a spiegare la trama, ma a controbattere le calunnie di un malevolo, vecchio poeta (Luscio Lanuvino), vv.5-7.
Menandro scrisse un'Andria e una Perinzia; ebbene Terenzio"quae convenēre in Andriam ex Perinthia/fatetur transtulisse atque usum pro suis", le parti della Perintia che furono adatte all'Andria , ammette di averle trasferite e utilizzate come sue(13-14). Dunque quelli che accusano Terenzio, sostengono la tesi"contaminari non decere fabulas" che non è lecito fare la contaminatio, ma con Terenzio accusano Nevio, Plauto ed Ennio "quos hic noster, auctores habet", che il nostro considera quali maestri.
Terenzio dunque si difende dall'accusa di contaminatio menzionando i suoi maestri Nevio, Plauto, Ennio:" quorum aemulari exoptat neclegentiam/potius quam istorum obscuram diligentiam" (vv. 20-21), dei quali preferisce cercare di eguagliare la negligenza piuttosto che la buia diligenza di costoro, ossia del malevolo vecchio poeta (vv. 6-7) Luscio Lanuvino e degli altri detrattori.
Sulla “negligenza” dei sommi scrittori, da Omero in avanti, anche Leopardi dà un giudizio positivo: “ Così i poeti antichi non solamente non pensavano al pericolo in cui erano di errare, ma (specialmente Omero) appena sapevano che ci fosse, e però franchissimamente si diportavano con quella bellissima negligenza che accusa l’opera della natura e non della fatica. Ma noi timidissimi, non solamente sapendo che si può errare, ma avendo sempre avanti agli occhi l’esempio di chi ha errato e di chi erra, e però pensando sempre al pericolo… non ci arrischiamo di scostarci non dirò dall’esempio degli antichi e dei Classici… ma da quelle regole (ottime e Classiche ma sempre regole) che ci siamo formate in mente, e diamo in voli bassi né mai osiamo alzarci con quella negligente e sicura e non curante e dirò pure ignorante franchezza, che è necessaria nelle somme opere dell’arte, onde pel timore di non fare cose pessime, non ci attentiamo di farne delle ottime, e ne facciamo delle mediocri…insomma non c’è più Omero Dante l’Ariosto, insomma il Parini e il Monti sono bellissimi, ma non hanno nessun difetto” (Zibaldone, 9-10).
Agli spettatori sono pregati di rimanere silenziosi e di assistere alla commedia senza pregiudizi: "Favete, adeste aequo animo"(Andria, 24).
Bologna 12 gennaio 2022 ore 18, 39
giovanni ghiselli
p. s.
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