giovedì 20 gennaio 2022

Terenzio, Heautontimorumenos. 14

Napoli – Museo Archeologico Nazionale
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 IV atto scena 3 (vv. 679-722)
 
Clinia, Siro
 
Clinia è felicissimo di sapere che Antifila è stata riconosciuta come figlia di Cremete: è  una ragazza “di buona famiglia”, e potrà sposarla.
 
E’ una regola che rimarrà nella cultura occidentale delle classi alte: nel romanzo di T. Mann, La montagna incantata, il protagonista Hans Castorp è  innamoratissimo di Claudia Chauchat una fascinosa avventuriera dalla situazione ambigua che sarebbe inconcepibile sposare.
 
Clinia dunque pieno di tanta laetitia promette a se stesso di essere più disciplinato con il padre suo
Siro gli dice che se ne rallegra laetor (682)
Il ragazzo innamorato prossimo a sposarsi seguita a manifestare la propria gioia incomparabile per se stesso e per la ragazza che  è del tutto digna (687) di qualunque riguardo.
Siro però gli dice che bisogna pensare anche a Clitifone e aiutarlo:  il vecchio non deve sapere che Bacchide è l’amante del figlio.
Clinia non se ne cura troppo: dice quello che conta per sé: “Antiphila mea mihi nubet” (691), la mia Antifila sposerà me.
 
Sancta simplicitas! L’ingenuo ragazzo non immagina quanti accidenti si trovano sulla strada di un matrimonio.
 
Lo sa Euripide: l'Alcesti  (del 438 a. C.) drammatizza il mito di un'ottima sposa, anzi il corifèo la definisce "gunhv t j ajrivsth tw'n ujf j hJlivw/ makrw'/ " (v. 151),  di gran lunga la più nobile tra le donne che vivono sotto il sole; eppure lo stesso Coro di vecchi di Fere nel primo Stasimo canta:"  :"ou[pote fhvsw gavmon eujfraivnein-plevon hj; lupei'n, toi'" te pavroiqen-tevkmairovmeno" kai; tavsde tuvca"-leuvsswn basilevw", oJvsti" ajrivsth"-ajplakw;n ajlovcou th'sd j, ajbivwton - to;n e[peita crovnon bioteuvsei", (vv. 238-242), non dirò mai che le nozze portino gioia più che dolore, argomentandolo dai fatti passati e vedendo questa sorte del re, il quale, persa l'ottima sposa, vivrà in futuro una vita non vita.
Admeto non trae conforto nemmeno dalla presenza dei figli:
" Dei mortali invidio quelli senza nozze né figli: zhlw` d j ajgavmou~ ajtevknou~ te brotw`n
infatti hanno una sola vita, e soffrire per questa
è un peso moderato.
Ma vedere le malattie dei figli
e il letto nuziale reso vedovo dai colpi della morte
 non è sopportabile quando è possibile vivere
sempre senza moglie e senza figli"(882-888).
Le nozze in effetti sono un mevga~ ajgwvn (Antifonte sofista)
 
 Ma Clinia non lo sa ed è immerso in una luce di felicità che lo acceca.
Siro insiste perché si pensi anche all’amico . “videndum, inquam,- amici quoque res” (694-695). E’ una carità pelosa questa del servo perché vuole sottrarre dei soldi ai vecchi.
Suggerisce dunque  a Clinia di portare via con sé anche Bacchide perché Cremete non sappia che è l’amante di Clitifone.
Clinia teme che suo padre si risenta vedendolo arrivare con la cattiva signorina e Siro gli suggerisce di non mentire al padre ma dirgli come stanno le cose: “nolo mentiare:aperte ita ut res sese habet narrato” 702
Anche Cremete potrà sapere da Menedemo la verità sul proprio figlio Clitifone.
 
Clinia teme un disastro in seguito alla contezza di Cremete ma Siro lo rassicura. Il servo ha una fede incrollabile nei propri mezzi: “qui vim tantam in me et potestatem habeam tantae astutiae,-vera dicendo ut eos ambos fallam: ut, quom narret senex-voster nostro esse istam amica gnati , non credat tamen” 710-713 io che ho in me tanta potenza di un’astuzia tanto grande che dicendo la verità arrivo a ingannarli entrambi: tanto che quando il vecchio vostro (Menedemo) andrà a raccontare al nostro vecchio Cremete che questa (Bacchide) è l’amante del figlio, non gli crederà.
Crederà ancora che l’etera sia amante di Clinia.
Clinia però teme  che Cremete pensando ancora che Bacchide, la cattiva signorina, sia l’amante di Clinia non gli affiderà sua figlia la ragazza perbene Antifila - non committet filiam - 714
Siro quindi gli chiarisce che questa finzione deve durare poco: “unus est dies, dum argentum eripio: pax: nihil amplius” (717)
Clinia non è ancora rassicurato: sarebbe un guaio se suo padre sapesse dall’altro vecchio quello che Siro gli ha fatto credere: “quid tum, quaeso, si hoc pater resciverit?’”
Il servo ridicolizza tale  domanda assimilandola a quella di chi chiede: “quid si nunc caelum ruat?” (719) che succede se precipita il cielo?
Clinia ribadisce di avere paura ma Siro gli ricorda che ha sempre la possibilità di rivelare tutto
Il ragazzo accondiscende a portare Bacchide a casa sua.
Intanto l’etera esce di casa ed entra in scena : “optume ipsa exit foras” (722) quale lupa in fabula.
 
La mente del servo è contorta, una specie di labirinto fatto di corridoi ingannevoli. La verità è non latenza, è  diritta, la bellezza è semplice. Questi contorcimenti sono disgustosi e il più delle volte non colgono l’obiettivo che richiede una mira diretta al bersaglio e diritta
 

Bologna 20 gennaio 2021 ore11, 49
 giovanni ghiselli
 
p. s.
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