domenica 9 gennaio 2022

Menandro, "Dyskolos". 9

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Quindi Cnemone stesso dichiara che cosa ha imparato dalla disgrazia (713-735):
"In una cosa probabilmente ho sbagliato, io che credevo
di essere un autosufficiente (aujtavrkh") e di non avere bisogno di nessuno.
Ma ora che ho visto la fine della vita, rapida,
imprevedibile, ho scoperto che non capivo bene allora.
Infatti deve  sempre esserci, ed essere vicino uno che ti possa aiutare - dei' ga;r ei\nai - kai; parei'nai - to;n ejpikourhvsont j ajei v
Ma per Efesto sono stato così guastato io
vedendo il modo di vivere di ciascuno e i loro calcoli (tou;" logismouv")
e l'attenzione che hanno per il trarre profitto (pro;" to; kerdaivnein). Non avrei pensato
che ci fosse tra tutti uno che fosse benevolo a un altro. Questo mi inceppava il cammino- tou'to dh; ejmpodw;n h\n moi. 722
 
Nell’Edipo re c’è la Sfinge, la Sfinge dal canto variopinto(v.130), la cagna cantatrice(v.391) che ha impedito per anni la ricerca dell’assassino di Laio. Sarà Edipo a sconfiggerla di nuovo e a trovare il regicida e parricida  in se stesso divenendo farmakov", medicina umana di Tebe con l’allontanarsi dalla città

Ma torniamo al Dyskolos
Il solo Gorgia con fatica 723
mi ha dato una prova compiendo un'azione da uomo nobilissimo: infatti ha salvato me che non lo lasciavo
nemmeno avvicinare alla porta, nè lo aiutavo mai in alcun modo,
né gli rivolgevo la parola, né rispondevo con gentilezza.
Un altro avrebbe detto: "non mi lasci avvicinare?
io non ci vengo; tu non mi hai mai fatto un piacere?
neanche io a te". Che c'è ragazzo? Se io
muoio ora-e lo credo tanto sto male-
e pure se sopravvivo, ti adotto come figlio, e quello che ho,
consideralo tutto tuo. Questa ragazza la affido a te:
procurale un marito. Io, anche se fossi del tutto sano,
non potrei trovarglielo: infatti nessuno mi piacerebbe mai ouj ga;r ajrevsei moiv pote- oujde; ei|"
Quanto a me, se vivo, lasciate che viva come voglio (zh'n eja'q j wJ" bouvlomai)". 735
 
“La debolezza umana deve ricorrere al soccorso: questo aveva detto Teseo a Eracle, in Euripide (nell’Eracle ndr). Ma il dyskolos non capisce ancora che occorre essere legati agli altri uomini. Non si parla dell’amicizia, come faceva Teseo. In parte rimedia la fine del quinto atto: con scherzi pesanti il cuoco e lo schiavo lo inducono a partecipare alle nozze del figliastro e alla festa campestre nel santuario di Pan”[1]. 
 
Il vecchio dunque ha compreso e concede e chiede quella tolleranza che negava quando era nell'errore: un percorso paradigmatico invero che, come quelli della tragedia, poteva costituire un esempio per gli spettatori affinché si liberassero da tale aJmartiva, e può insegnare ancora qualcosa a tutti noi.
 
Le ultime parole di Cnemone indicano l'esemplarità anche del suo tenore di vita modesto:
"se tutti fossero tali, non ci sarebbero tribunali
né la gente si trascinerebbe nelle prigioni,
né ci sarebbe la guerra, e ciascuno si accontenterebbe pur avendo poco.
Ma se vi piace più questo modo di vivere, fate così.
Il vecchio duro, intrattabile (duvskolo") se ne starà fuori dai piedi (ejkpodw;n uJmi'n oJ calepo;" duvskolov" t j e[stai gevrwn)"(vv.743-747).
 
Ecco dunque il significato del Misantropo : un messaggio contro il rifiuto dell'umanità altrui, un invito alla riflessione e alla comprensione nei confronti del prossimo. Non ha torto Carlo Del Grande- era il preside della facoltà di Lettere antiche nel tempo del mio scolorato a Bologna e lo ricordo con simpatia- quando afferma (nel suo Tragw/diva ) che i poeti della Commedia nuova accolgono la linea euripidea non solo nell'attenuare la tradizione eroica, sostituendo o trasformando i grandi personaggi del mito in piccole persone qualsiasi, ma anche nel mantenere la sostanza esemplare del dramma. Infatti la commedia di Menandro continua ad essere, usando la definizione che dà Aristotele della tragedia (Poetica , 1449b):"mivmhsi" pravxew" spoudaiva"", imitazione di un'azione seria. Il poeta insomma, messi da parte gli eroi del mito, ne crea altri più umani in aderenza a ideali di umanità e giustizia concordemente affermati da cinici, stoici ed epicurei. L'arte allora, oltre essere imitazione della vita, ne è anche modello. Nel Duvskolo" dunque torna la vecchia traccia esiodea ripresa da Solone, dai tragici e da tutta la letteratura non soggetta a influenze sofistiche:"soffrendo anche lo stolto impara"(Esiodo, Opere , 218).
Leggiamo le parole di Carlo Del Grande
“Il fatto è che in Menandro il comico resta marginale; non più di quanto se ne può trovare anche in qualche tragedia (…) Non più gli eroi del mito, che qui non ci sono; compaiono gli umili. Dopo i primi sondaggi di Euripide, entrano in folla i cittadini del mondo già ritenuto minore. Si rivelano maggiori, in rapporto diretto con la loro umiltà. Chi è più umile, spesso è sentito migliore, più capace di sacrificio disinteressato (…) La comicità fu perseguita, se mai, da altri poeti della neva, non dal nostro. Trionfò in Roma con Plauto, vero creatore, come è stato sostenuto, dell’opera buffa.
Menandro, per suo conto, conserva tutti gli elementi essenziali della tragw/diva, anche se perfusi  dal balsamo della soavità”. Tragw/diva, la commedia “tragica” di Menandro, p. 208.
Ricordo questo maestro con simpatia perché era uno dei pochissimi che presentava delle idèe oltre  i tecnicismi. Idèe che possono anche essere non condivisibili però inducono a pensare.
Ci vogliono anche i tecnicismi, per carità, ma non ci si deve fermare a questi: costituiscono solo il primo gradino dell’angelica scala del sapere- to; sofovn  che deve procedere fino alla sapienza - hJ  sofiva

Bologna 9 gennaio 2022 ore 17, 36
giovanni ghiselli

p. s
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[1] B. Snell, Poesia e società, p. 153.

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