NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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lunedì 10 gennaio 2022

La letteratura drammatica latina. 3

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Il comico e l’umorismo

Pirandello

E' ridicolo il vecchio che pretende di fare il giovane. “Il comico è appunto un avvertimento del contrario”.
La riflessione analizza e scompone il primo avvertimento. Da questa scomposizione nasce il sentimento del contrario. “Perché appunto la riflessione, lavorando in me, mi ha fatto andar oltre a quel primo avvertimento, o piuttosto più addentro: da quel primo avvertimento del contrario mi ha fatto passare a questo sentimento del contrario
"Vedo una vecchia signora coi capelli ritinti, tutti unti non si sa di quale orribile manteca, e poi tutta goffamente imbellettata e parata d'abiti giovanili. Mi metto a ridere. Avverto che quella vecchia signora è il contrario di ciò che una vecchia rispettabile signora dovrebbe essere.

Ma poi interviene la riflessione che suscita il sentimento del contrario ossia l'umorismo: "Ma se ora interviene in me la riflessione, e mi suggerisce che quella vecchia signora non prova forse nessun piacere a pararsi così come un pappagallo, ma che forse ne soffre e lo fa soltanto perché pietosamente s’ inganna che, parata così, nascondendo così le rughe e la canizie, riesca a trattenere a sé l'amore del marito molto più giovane di lei, ecco che io non posso più riderne come prima, perché appunto la riflessione, lavorando in me, mi ha fatto andar oltre a quel primo avvertimento, o piuttosto più addentro: da quel primo avvertimento del contrario, mi ha fatto passare a questo sentimento del contrario. Ed è tutta qui la differenza tra il comico e l'umoristico" (Dal saggio L’umorismo (1908) di Pirandello).
 
Ebbene questa riflessione, questo sentimento del contrario, insomma l'umorismo che, senza arrivare a Pirandello, è già presente in Menandro e in Terenzio, in Plauto non c'è.
 
 Il comico di Plauto, secondo Francesco Della Corte nasce dalla superiorità in cui viene a trovarsi il pubblico rispetto all'attore, un poco come nel meccanismo dell'ironia tragica di Sofocle aggiungiamo noi; dunque dalla differenza di significato che le parole hanno nella bocca e nelle intenzione di chi le pronuncia rispetto all'intendimento di chi le ascolta, più avanzato, siccome a maggiore conoscenza dei fatti. Il comico è la gioia della superiorità sentita dallo spettatore.
Lo spettatore ride poiché non partecipa alle sofferenze che colpiscono il personaggio.
 
Hegel nella sua Estetica (1826)  sostiene che "sono propri del comico l'infinito buon umore in genere e la sconfinata certezza di essere ben al di sopra della propria contraddizione ossia la beatitudine e l'essere a proprio agio della soggettività che, certa di se stessa, può sopportare la dissoluzione dei suoi fini e delle sue realizzazioni"(p.1591).  Il comico è il soggettivo che non soffre delle sue contraddizioni. Può essere uno scopo meschino perseguito con serietà e non raggiunto senza sofferenza. Oppure individui frivoli che si pavoneggiano mentre tendono a fini seri, come le Ecclesiazuse.
Nel crollo di tutti i valori politici rimane quello della soggettività (cfr. nel tragico Seneca: Medea superest[1]).
  
Personaggio centrale  nella commedia è lo schiavo, il servus callidus , creatore e risolutore delle situazioni più bizzarre. In bocca sua si trovano le battute più frizzanti, i neologismi più audaci, le imprecazioni più incredibili e oscene. Questo è il ridicolo che nasce dalle parole: geloi'on ajpo; th'" levxew". Per esempio quando Palinurus servus nel Curculio  di Plauto definisce una ragazza Planesia,"ebriŏla persolla ", marionetta un poco brilla (v.192).
 
 
Bologna 10 dicembre 2022  ore 19, 29
 
giovanni ghiselli
 
 


[1] Quando la nutrice le fa notare: "Abiere Colchi, coniugis nulla est fides;/nihlque superest opibus e tantis tibi"  (vv. 164-165), quelli della Colchide sono lontani, la lealtà del marito non esiste, di tanta potenza non ti rimane niente,  la donna abbandonata ribatte:"Medea superest; hic mare et terras vides,/ferrumque et ignes et deos et fulmina " (Medea, vv. 166-167), Medea rimane: qui vedi il mare e le terre, e il ferro e i fuochi e gli Dei e i fulmini.

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