lunedì 10 gennaio 2022

La letteratura drammatica latina. 2

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La contaminatio è l'inserimento di una o più scene di un secondo modello nella trama del primo.
 
Per Friedrich Leo 1851-1914  studioso commentatore di Plauto e di Seneca, il costume dei rapporti tra i giovani benestanti e le etere viene dai Greci, una modo di vivere che secondo Polibio si diffuse a Roma nel della guerra con Perseo che fu sconfitto a Pidna  da Emilio Paolo nel 168. (XXXII, 11, 4).
 
Lo storiografo racconta di se stesso che entrato nell’ambiente più significativo della Roma degli anni successivi a Pidna, divenne educatore e amico di Scipione Emiliano più giovane di lui di una ventina di anni.
Ebbene Polibio (nato nel 206) racconta che questo ragazzo (nato nel 185) superava per moderazione e continenza tutti i giovani della sua età. Non gli fu difficile, dato il dilagare della corruzione a Roma tra i ragazzi.
Molti si davano alla pederastia, altri frequentavano prostitute e passavano il tempo nei banchetti, siccome  si erano appropriati rapidamente della facilità dei costumi, per questo aspetto tipica dei Greci,  durante la guerra contro Perseo - tacevw" hjrpakovte" ejn tw'/ Persikw'/ polevmw/ th;n tw'n JEllhvnwn eij" tou'to to; mevro" eujcevreian (XXXI, 24, 5).
Queste notizie sono riscontrabili nelle commedie di Terenzio e pure in quanto scrive allustio sul metus hostilis
 
Il concetto della paura del nemico opportuna all'ordine si trova nel Bellum Iugurthinum[1] di Sallustio:" Nam ante Carthaginem deletam...metus hostilis in bonis artibus civitatem retinebat. Sed ubi illa formido mentibus decessit, scilicet ea quae res secundae amant, lascivia atque superbia, incessere" (41), infatti prima della distruzione di Cartagine…il timore dei nemici conservava la cittadinanza nel buon governo. Ma quando quella paura tramontò dagli animi, naturalmente quei vizi che la prosperità ama, la dissolutezza e la superbia, si fecero avanti.
Giovenale riprende questo tema nella sesta satira, quella contro le donne: una delle ragioni della castità delle Romane antiche era “proximus urbi/Hannibal” (vv. 290-291), Annibale alle porte dell’urbe. E, continua: “Nunc patimur longae pacis mala; saevior armis/luxuria incubuit victumque ulciscitur orbem./Nullum crimen abest facinusque libidinis, ex quo/paupertas Romana perit” (vv. 292-295), ora soffriamo i mali di una lunga pace; più feroce delle armi, il lusso ci è piombato addosso e vendica il mondo conquistato. Nessun delitto manca né misfatto della libidine da quando è morta la povertà di Roma. 
 
Analogie e differenze tra la commedia greca nuova e le imitazioni latine.
 
 Alcuni hanno trovato che mentre la neva è specchio della vita, Plauto fa trionfare la fantasia, crea le vivide scene del riso, del lazzo, della beffa.
Ricordo di nuovo che il filologo Aristofane di Bisanzio, prefetto della grande biblioteca di Alessandria vissuto tra il III e il II secolo (257-180)  ebbe a domandare: " w\  Mevnandre kai; bive povtero" a[r uJmw'n povteron ajpemimhvsato;", o Menandro, o vita, chi di voi due ha imitato l'altro?  
 
Nelle commedie di Plauto le parti cantate oscillano dalla metà ai due terzi dell'intero dramma e la ricca polimetria concorre a creare un'atmosfera di fantasie melodiche, come nella nostra operetta. 
La farsa grossolana del fescennino, il gusto per il paradossale, la musica da opera buffa  distingue la commedia di Plauto dalla neva che ha tinte piuttosto sentimentali e malinconiche,  e un tono lievemente scettico e smorzato.
 
Plauto nella Cistellaria  la commedia della cestella (204 a. C.)  accenna al Tusco modo  delle ragazze povere di procurarsi la dote con il meretricio (vv. 562-563).
C'è chi ha trovato analogie tra la commedia di Plauto e i Dialoghi delle cortigiane  di Luciano.
Al posto del fine gioco etico della neva, Plauto mette le grossolane buffonerie italiche.
I costumi greci evidentemente erano arrivati tra gli Etruschi prima che a Roma.
 
 Nella Cistellaria troviamo lo schema più frequente nella neva che, movendo da un amore contrastato, attraverso varie peripezie e dopo un ajnagnwrismov" si conclude con un matrimonio.
Lo stesso si trova nell’Hecyra di Terenzio da confrontare con gli Epitrepontes di Menando.

Il giovane innamorato è la figura più comune della neva:"Fabula iucundi nulla est sine amore Menandri " scrive Ovidio (Tristia II, 369).   
 
Nella struttura pur greca delle commedie latine entra  l' italum acetum (Orazio, Satire, I, 7, 32), lo spirito mordace italico giunto dagli spettacoli che precedono il primo dramma, rappresentato da Livio Andronico nel 240 a. C.
Tale acetum è quasi sempre carente di carità.
Possiamo ritrovarlo in alcuni film di Alberto Sordi, sia in quelli comici sia nel tagico Un borghese piccolo piccolo.
La bontà: ecco quello che manca totalmente in Sordi… Alla comicità di Alberto Sordi ridiamo solo noi: perché solo noi conosciamo il nostro pollo. Ridiamo, e usciamo dal cinema vergognandoci di aver riso, perché abbiamo riso sulla nostra viltà, sul nostro qualunquismo, sul nostro infantilismo. Sappiamo che Sordi è in realtà un prodotto non del popolo (come la vera Magnani) ma della piccola borghesia, o di quegli strati popolari non operai, come se ne trovano specialmente nelle aree depresse, che sono sotto l’influenza ideologica della piccola borghesia”[2].
 
Vediamo alcuni antecedenti della commedia plautina 
 I Fescennini erano "versibus alternis opprobria rustica ", insulti rustici in versi alterni, come li definisce Orazio (Epistole II, 1,145 sgg.). Inizialmente erano scherzi innocui, scambiati tra i contadini, "agricolae prisci, fortes parvoque beati "(v.139), i contadini antichi, forti e lieti del poco, che, dopo il raccolto quando scannavano un maiale, per rendersi propizia la terra, libavano il latte per Silvano e offrivano vino con fiori al Genio che ci ricorda la brevità della vita.
 
In seguito però questo gioco si cambiò in aperta rabbia "apertam in rabiem coepit verti iocus", così venne approvata una legge punitiva  per impedire che da versi infami alcuno fosse oltraggiato.
 
Dopo la conquista della Grecia la rusticità italica viene raffinata dalla cultura ellenica: "Graecia capta ferum victorem cepit et artes/intulit agresti Latio. Sic horridus ille/defluxit numerus Saturnius, et grave virus/munditiae pepulere; sed in longum tamen aevum/manserunt hodieque manent vestigia ruris. (Epistole , II, 1,  vv.156-159).
  La Grecia conquistata conquistò il fiero vincitore e portò le arti nel rustico Lazio. Sparve quell'orrendo metro Saturnio e l'eleganza espulse il grave lezzo; ma per lungo tempo rimasero e ancor oggi rimangono le tracce rusticane
Orazio aggiunge che solo dopo le guerre puniche il vincitore cominciò a cercare"quid Sophocles et Thespis et Aeschilus utile ferrent " (163) che cosa di utile apportassero i tragici greci , e tentò anche l’impresa se potesse tradurli degnamente:"temptavit quoque rem , si digne vertere posset."(164).
Però il latino non si cura abbastanza  della lima (la rifinitura formale).

I fescennini di oggi
Le risse televisive  discendono dagli opprobria rustica dei fescennini e incontrano il gusto della parte più rozza del pubblico.
  Perciò tali cagnare vengono programmate e incoraggiate o quanto meno non impedite dai conduttori.
 Il pubblico che ama il gridare becero di molti personaggi spesso invitati nelle televisionoi è assimilabile a certi  spettatori della commedia romana i quali"media inter carmina poscunt -aut ursum aut pugiles; his nam plebecula gaudet " (Orazio, Epistole  II, 1,  vv.185-186), nel mezzo del dramma chiedono l'orso o i pugili; di queste cose infatti gode la plebaglia.

Terenzio era troppo raffinato per buona parte del pubblico
Nel prologo dell’ Hecyra, la Suocera del 165 a. C.,  l’autore  ricorda che gli spettatori abbandonarono il teatro due volte quando in precedenza era stata rappresentata questa commedia:  la prima volta il  popolo fra tumulti e schiamazzi volò a vedere pugili e funamboli .
La seconda volta, appena giunge la voce –rumor venit- che   stavano per dare uno spettacolo di gladiatori-datum iri gladiatores- il pubblico vola via- populus convolat (39-40).
  Terenzio dunque la terza volta prega gli spettatori "nolite sinere per vos artem musicam/recidere ad paucos "(46-47), non lasciate che per colpa vostra l'arte drammatica divenga il privilegio di pochi.
Il poeta ha sempre considerato guadagno massimo"quam maxume servire vestris commodis ", soddisfare quanto più possibile i vostri desideri.
Dunque date silentium 55.
 
C'è il problema dei gusti di un pubblico rozzo, e la volontà di raffinarlo, in Terenzio. Non nei nostri programmatori e conduttori delle discussioni politiche.
La gente non deve cambiare canale e non deve capire quello che davvero succede.
 
Le Atellane sono un altro genere di dramma primitivo italico. Prendono il nome dalla città campana di Atella. E' un'anticipazione della commedia dell'arte italiana: il canovaccio  era prestabilito.
Su questo, gli attori improvvisavano dialoghi.
 Le maschere fisse erano quattro: Maccus, lo sciocco, Bucco, il mangione, Pappus, il vecchio scimunito, Dossenus  il gobbo astuto.
Pulcinella, la maschera più nota della commedia dell'arte è originaria della Campania.
 
La nascita del teatro a Roma nel racconto di Tito Livio
 
Tito Livio racconta che negli anni 364 e 363 pestilentia fuit.
Durò meno di questa peste che dopo due anni imperversa ancora.
Allora si celebrò un lectisternium per implorare la pace con gli dei- pacis deum exposcendae. Ma la violenza del male –vis morbi- non diminuiva, sicché caduti gli animi in preda alla superstizione , tra gli altri mezzi per placare l’ira degli dèi si istituirono ludi quoque scenici.
 Fu una novità per quel popolo bellicoso che sino ad allora aveva avuto solo gli spettacoli del circo.
"Sine carmine ullo, sine imitandorum carminum actu, ludiones ex Etruria accīti, ad tibicĭnis modos saltantes , haud idecōros motus, more Tusco, dabant senza canto alcuno, senza gesti  mimetici del canto, dei ballerini fatti venire dall’Etruria danzando ai ritmi del flauto, eseguivano movimenti non volgari alla moda etrusca.
Poi i giovani cominciarono a imitarli scambiandosi motteggi in rozzi versi, e i movimenti erano accordati con la voce :" Imitari deinde eos iuventus simul inconditis inter se iocularia fundentes versibus compere; nec absoni a voce motus erant " (VII, 2, 1-6) .
Histriones  vennero chiamati gli artisti quia ister Tusco verbo , ludio vocabatur, poiché con parola etrusca il ballerino era chiamato ister. Questo spettacolo in seguito si accrebbe e perfezionò nelle saturae ricche di melodie e con un canto regolato sul suono del flauto e movimenti armonizzati. Gli attori allora non si scambiavano più battute rozzamente improvvisate e grossolane come nei Fescennini.
Alquanti anni dopo (nel 240)  Livio Andronico osò elaborare un dramma, e prese le mosse dalle sature. Il grammatico Diomede (IV d. C.) dice che "Satura " deriva da "satura lanx ", piatto colmo di primizie offerte agli dei. L'etimo spiega il carattere composito di questa rappresentazione costituita da dialogo, canto, danza e accompagnamento musicale.
Tito Livio menziona anche le Atellane, un genere di rappresentazione venuta dagli Osci, che la gioventù custodì gelosamente senza lasciarlo profanare dagli istrioni:"quod genus ludorum ab Oscis acceptum tenuit iuventus nec ab histrionibus pollui passa est " VII, 2, 12) ; perciò  gli attori delle Atellane compiono il servizio militare come se fossero estranei all'arte drammatica. Tito Livio conclude dicendo di essere risalito all’origine delle rappresentazioni teatrali perché si vedesse  da quanto sano sobrio inizio si è giunti ad eccessi, una insania,  appena ammissibili in fastosi regni, ut appareret quam ab sano initio res in hanc vix opulentis regnis tolerabilem insaniam venerit  (VII, 2, 13)
 
La commedia latina secondo alcuni  è più viva della tragedia, poiché esprime uno spirito comico indigeno. In Plauto poi ci sarebbe un estro che non si trova nella Commedia nuova di Filemone, Difilo e Menandro. Egli adopera la "contaminatio ", ossia usa diversi modelli per una sola commedia.
Questa è la testimonianza del suo impegno letterario, del resto non avvertibile dall'ignoranza del pubblico. Plauto riprende alcuni contrasti , situazioni e  personaggi stereotipi della commedia greca o della tradizione comica italica: il figlio scapestrato e il padre avaro, il parassita imbroglione, l'avida meretrice, il vecchio che rivaleggia in amore con il giovane, il riconoscimento che consente alla fabula di correre verso il lieto fine.
 Alla fine l'adulescens  prevale sul vecchio genitore e sul lenone improbo. Le situazioni si ripetono, con il furbo, spesso lo schiavo, che prevale sull'allocco, l'avaro o il presuntuoso.
Ma non mi piace parlare dei testi in maniera troppo generica: entreremo in medias res analizzando i versi di  alcune commedie.

Bologna 10 gennaio 2022- ore 18, 10
giovanni ghiselli

p. s.
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[1] Del 40 ca.
[2] Pasolini, I film degli altri, p. 29

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